Il Piccolo 08-04-2002
In Friuli Venezia Giulia la linea dura del leader nazionale D'Amato fa storcere il naso a parecchi imprenditori. Poche parole, molti sintomi
Il pordenonese Della Valentina: «Giusta la battaglia sull'art. 18, ma ora si può fare un passo indietro»
PORDENONE - Vale la pena imboccare la strada dello scontro sociale per sancire la tangibilità di un principio, quello sancito dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori? È la domanda, a volte espressa e a volte taciuta, ma comunque presente, che diversi imprenditori, anche in Friuli Venezia Giulia, stanno ponendo. Più o meno apertamente, più o meno da una posizione di contrapposizione alla linea dura di Antonio D'Amato, apparentemente condivisa anche dal presidente regionaledegli industriali Andrea Pittini. Una «fronda», comunque, esiste. La sua consistenza sarà misurata a Pavia, tra qualche giorno, all'assemblea generale di Confindustria.
E la conferma della sua presenza era già evidente durante l'incontro dell'Assindustria friulana con il vice di D'Amato, Nicola Tognana, leggibile nelle dichiarazioni concernenti la necessità di una ripresa del dialogo con i sindacati dello stesso Tognana. Ancora più esplicita nel corso del recente faccia-a-faccia tra il leader di Confindustria e gli industriali del Veneto, con Luigi Rossi Luciani dichiaratamente contrario al muro-contro-muro. Del fatto che il fronte imprenditoriale non è monolitico se ne sono accorti in Friuli Venezia Giulia anche i maggiori esponenti della controparte, il sindacato: basta ricordare le parole, pubblicate l'altro giorno su queste pagine, di Sante Marzotto della Cisl («Forse tra gli industriali si è compreso che la strada della sfida non conduce a risultati positivi. Non mi stupirebbe l'esistenza di fronde interne a Confindustria») e di Paolo Pupulin della Cgil («Ho registrato aperture da parte di industriali locali: in sedi riservate molti imprenditori ammettono che quella dell'apertura di un conflitto sui diritti dei lavoratori è stata una scelta sbagliata»).
In effetti, se parliamo di mondo industriale, a chi interessa l'articolo 18? Solo a coloro che stanno sulla soglia dei 15 dipendenti. E quanti sono? Oggettivamente pochi. E allora perché questa battaglia di principio, ideologica, e tale per tutti i contendenti? «Perché è una battaglia giusta», spiega Piero Della Valentina, presidente dell'Unione degli industriali della provincia di Pordenone. Non entra nel merito del malessere in seno a Confindustria, Della Valentina, sostenitore della teoria che «i problemi si risolvono in casa propria e non sui giornali», e che, quindi, se un confronto sulle posizioni deve avvenire, esiste una sede ed esistono modalità nei quali ciò si deve e si può fare. Ma, in tutti i casi, quella battaglia di principio andava fatta «Confindustria - dichiara - deve avere il coraggio anche di combattere battaglie che sa di non poter vincere, se servono per modernizzare il Paese».
E a chi rileva come, in Europa, il terreno del confronto anche per la competitività e per le regole, ci sono Paesi in cui il mercato del lavoro espone rigidità maggiori rispetto alle nostre, replica che «la maggioranza dei Paesi europei le rigidità sono anche minori». Forse, tentare di incidere su quelle sacche residue di un mercato del lavoro ingessato e inadeguato all'evoluzione dell'economia, è qualcosa che deve essere fatto. Detto questo, ribaditi i convincimenti che quella sull'articolo 18 è anche il tentativo di andare a definire regole nuove per tutti, e quindi un mercato del lavoro più equo, si può anche valutare l'opportunità di «entrare in stand by, compiere un passo indietro». Un'opportunità che andrà analizzata in nome non tanto di una riconquistata pace sociale, ma in nome di un confronto che riparta dalla consapevolezza che una necessità esiste: è quella delle riforme. Indica, Della Valentina, i temi dai quali si potrà, dopo il 16 aprile, segnare un nuovo inizio. Si chiamano «flessibilità del mercato del lavoro e per un marcato del lavoro più giusto dove le protezioni di chi ha già un lavoro non diventino di fatto barriere per chi non ha un'occupazione».
Ovviamente il dialogo dovrà trovare binari nuovi sui quali scivolare, che non potranno essere quelli della mera contrapposizione e che pongono i soggetti nella certezza che chi perde, perde tutto e chi vince, vince tutto. L'equilibrio, evidentemente smarrito in questi ultimi mesi, dovrà essere conquistato. Se l'obiettivo è quello di procedere, di andare avanti, e non di trincerarsi dietro inutili barricate.
Elena Del Giudice