| Home | Documenti | Foto | Risultati elettorali | Forum FVG | Posta | Link |



Il Piccolo 11-01-2002

A Trieste come negli altri 25 distretti sedi di Corte d'appello l'anno giudiziario domani si aprirà con i magistrati schierati a difesa della loro indipendenza

Cinquanta toghe in nero sfileranno per protesta

La denuncia del procuratore generale Brignoli: «Pochi mezzi, codici confusi e organici carenti»

Cinquanta toghe nere entreranno sabato all'unisono nell'aula della Corte d'assise di Trieste. Commineranno silenziose per il corridoio aperto tra le sedie degli invitati. Percorreranno quello spazio un attimo prima che il procuratore generale Giorgio Brignoli inizi a leggere la relazione sull'andamento della Giustizia nel Friuli-Venezia Giulia. Le cinquanta toghe nere saranno indossate da altrettanti magistrati che con questa inedita forma di protesta, intendono attirare l'attenzione dei cittadini sulla deriva che da qualche mese ha investito i tribunali italiani, mettendo spesso con le spalle al muro singoli magistrati, interi collegi, procure e Gip.

In pratica - lamentano - una parte del potere politico sta erodendo lo Stato di diritto delineato dalla Costituzione repubblicana. E i giudici non ci stanno, ritengono che l'eguaglianza tra i cittadini davanti alle legge, vada preservata al di là del censo, delle opinioni politiche, della religione, dell'origine etnica e del ruolo ricoperto. C'è chi addirittura ricorre a una similitudine storica e ravvisa il rischio che vengano liquidate le antiche conquiste della rivoluzione francese, in primo luogo l'eguaglianza. Fino al 1789 infatti i potenti venivano processati separatamente. Sangue blu ed ecclesiastici da una parte, popolo, borghesia compresa, dall'altra. Da qui la protesta civile e le toghe nere che entreranno nelle aule di tutti i 26 distretti del nostro Paese nel corso delle inaugurazioni dell'anno giudiziario. Toghe nere, magistrati silenziosi, il corteo tra gli invitati. Quasi una processione, o meglio un corteo funebre.

La manifestazione dei magistrati comunque non finirà qui. Al termine della relazione del procuratore generale, il segretario distrettuale del Friuli-Venezia Giulia dell'Associazione nazionale magistrati, Gioacchino Termini, leggerà un documento direttamente collegato alla «delicatezza del momento e alle forti tensioni che lo caratterizzano». «Questa situazione impone una adeguata risposta della magistratura, forte e sentita».

Nell'aula della Corte d'assise, come ogni anno, sono state invitate autorità politiche, amministratori, deputati, senatori, consiglieri regionali, sindaci, esponenti delle istituzioni. Se aderiranno all'invito di presenziare all'inaugurazione dovranno ascoltare dalla viva voce dei giudici il loro profondo stato di disagio. Nei 50 e più anni di vita della Repubblica non era mai accaduto che questo disagio emergesse in forme così esplicite e collettive. Ieri della crisi della Giustizia ha parlato il procuratore generale Giorgio Brignoli. da pochi mesi a Trieste. Lo ha fatto illustrando brevemente la sua relazione in una conferenza svoltasi al primo piano del tribunale. Nel volume zeppo di note statistiche e analisi sul funzionamento dalla Giustizia in regione, alcuni passi sono dedicati alla crisi che ha investito da qualche anno aule, cancellerie assieme agli studi degli avvocati.

«La crisi è riconducibile al susseguirsi incessante, specie in materia penale, di modifiche legislative senza criteri organici, con disposizioni mal coordinate o non chiaramente formulate, così da ingenerare seri dubbi interpretativi». Ma non basta. L'alto magistrato ritiene che l'insufficienza di mezzi e di uomini sia la principale causa dell'insoddisfacente funzionamento della Giustizia nel nostro Paese. Magistrati sotto organico, uffici amministrativi con grandi vuoti, irrazionale distribuzione delle risorse.

Assolutamente insufficienti sono ad esempio gli organici del Tribunale e della Procura per i minorenni e i riflessi sulla società di queste carenze, si sono fatti immediatamente sentire. E' aumentato infatti tra l'agosto del 2000 e il luglio del 2001 il numero di procedimenti che vedono indagati minori di 18 anni. Più furti, più rapine, più estorsioni. Inoltre nella nostra regione mancano per i minori gli istituti di custodia cautelare e sono praticamente inesistenti le strutture rieducative.

Claudio Ernè