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Il Messaggero Veneto 12-12-2001

L'indagine del Centro studi di Unioncamere: dietro la nostra regione solo il Molise e la Basilicata

Friuli, rallenta il tasso di crescita

Nel 2003 il Pil regionale si attesterà attorno al 2,2% contro il 2,6 nazionale

TRIESTE - I diretti protagonisti dell'economia del Friuli-Venezia Giulia hanno lanciato il messaggio già da tempo: il mondo produttivo regionale è in fase di stasi. Una prima conferma era arrivata la settimana scorsa dagli esperti dell'istituto Tagliacarne, intervenuti a un convegno organizzato dalla Camera di commercio di Udine e dal Cref. Ma ora a ribadire il concetto, con toni ancora più gravi, è l'Unioncamere: «la crescita prossima ventura è tutta a Nordest, ma non riguarda il Friuli-Venezia Giulia, che, anzi è tra le regioni in cui la crescita del Pil è prevista tra le più basse in Italia».

Il Centro studi Unioncamere che, elaborando lo scenario fino al 2003, indica nel Friuli-Venezia Giulia una delle regioni meno virtuose: a fronte di una crescita media del Pil per il 2002 dell'1,5%, per il Friuli-Venezia Giulia è prevista nell'ordine dell'1,2% e nel 2003 la situazione non dovrebbe migliorare di molto: contro una media nazionale del 2,6%, il Friuli-Venezia Giulia risponderebbe con il 2,2%, dato migliore solo rispetto a quelli del Molise (1,6%) e della Basilicata (2,1%). Migliore è, invece, la situazione per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, che resta tra i più bassi in Italia (2,8% nel 2001, 2,0% nel 2002 e 2,2% nel 2003, a fronte di una media nazionale rispettivamente del 9,5%, dell' 8,8% e dell' 8,6%) La Valle d'Aosta viene indicata da Unioncamere come la Regione più produttiva (+4,6% il pil di quest'anno, +3,5% quello del 2002, +4,4% nel 2003), ma lo studio consacra ancora una volta il Nord-est come l'area di maggiore espansione, e superiore a quella nazionale per tutto il triennio (+2,2% quest'anno, +1,8% nel 2002, +2,7% nel 2003).

«Gli effetti degli attentati negli Usa dell'11 settembre scorso - sottolinea Unioncamere - sono destinati a propagarsi per tutto il 2002», ma non è crisi. Le imprese, infatti, spiega ancora Unioncamere «segnalano più un rallentamento della loro attività che una drastica riduzione dei livelli produttivi, e mantengono programmi di investimento e di assunzioni che, per quanto ridotti in funzione del momento meno favorevole, sono significativi». I risultati degli scenari - avverte lo studio - possono ovviamente subire modifiche, in funzione di mutamenti del comportamento degli agenti economici (ad esempio un rapido superamento dell'attuale situazione di incertezza), di avvenimenti imprevisti (come un possibile aumento dei prezzi del petrolio) o di provvedimenti di politica economica (è il caso di una eventuale accelerazione della riduzione della pressione fiscale).

Per intanto, però, a bocce ferme l'unico vero boom - in una crescita tutto sommato asfittica e inferiore al 2% almeno quest'anno e il prossimo (+1,9% e +1,5%, rispettivamente secondo Unioncamere) - è ad alta quota, tra i monti della Val d'Aosta, mentre Piemonte e Lombardia si segnalano in affanno anche rispetto alla media nazionale. Superata invece, nel Mezzogiorno, da Abruzzo e Campania. Lo stesso scenario sembra riproporsi per l'occupazione, dove a un tasso di disoccupazione previsto in calo costante (dal 9,5% di quest'anno, all'8,8% del 2002, fino all'8,6% del 2003) la dinamica del decremento è maggiore nel Mezzogiorno, seguita dal Nord-Est. Ma la base di partenza è talmente diversa che, nonostante la diminuzione dei senza lavoro, nel 2003 essi saranno al Sud ancora un'enormità: il 18,3%, contro un Nord-est di piena occupazione (2,3% il tasso dei disoccupati).

R.E.