Il Piccolo 12-12-2001
L'ex sindaco «fotografa» la situazione dopo i primi mesi di governo del Centrodestra e apre una pesante polemica sullo sviluppo demografico e sull'immigrazione
«Sanno che se c'è sviluppo arriva gente da fuori e non vota più per loro». Menia: «Parole deliranti»
Un attacco durissimo, quello sferrato ieri da Riccardo Illy verso gli attuali amministratori comunali della Casa delle Libertà ma anche verso i loro «colleghi» regionali e nazionali. Un attacco condotto su più versanti, fino a quello - delicatissimo - dell'immigrazione connessa al futuro della città e, in un certo modo, alla sua stessa futura identità. Un attacco al quale Menia risponde con altrettanta determinazione.
Ad aprire la querelle, ieri mattina, Illy, che durante una conferenza stampa è stato richiesto di «fotografare» la situazione di Trieste dopo i primi mesi di governo del Centrodestra. Ecco le sue parole: «Abbiamo assistito a un cambiamento a 180 gradi. Fino alla scorsa primavera i governi della città e del Paese credevano nella possibilità di rilanciare demograficamente, economicamente e socialmente il ruolo della città grazie anche all'allargamento a Est dell'Unione europea, un mercato da cento milioni di abitanti». Oggi invece secondo Illy «non c'è più un programma di sviluppo della città, ma un cinico disegno di tipo politico-elettorale fondato su questo ragionamento: se Trieste si sviluppa cresce e attira immigrati. Per ogni anziano che se ne va, e che votava per una parte, arriva un immigrato che magari dà la propria preferenza all'altra. Meglio dunque avere meno abitanti, che votano tutti però da quella stessa parte».
Lo stesso «disinteresse» nei confronti della città e della regione si registrerebbe - sempre secondo Illy - anche a livello nazionale («con delle eccezioni, naturalmente»): «Da parte di alcuni ministri l'allargamento a Est della Ue non è affatto ritenuto un affare». Immigrati e voti: «Una tesi folle, una dichiarazione pesante ma anche di una pochezza politica, culturale e intellettuale che spaventa. Parole deliranti», è il fendente di Menia. «I vecchi votano a destra? E Illy come ha fatto a farsi eleggere sindaco per due volte? Il tessuto sociale di una città mica cambia in pochi anni... Quanto agli immigrati, gli extracomunitari non hanno diritto di voto: lo ha appunto richiesto la sinistra, per quella nuova fascia di sottoproletariato. È di questi immigrati che parla Illy, o di quelli che arrivano, che so, da Varese per fare gli imprenditori? Ma neanche in questo caso le cose cambiano: gran parte dell'imprenditoria oggi vota per il Polo...».
E anche sulle fortune di una Trieste che pure nel passato è cresciuta proprio grazie agli stranieri, Menia è chiaro: «Certo è necessario che arrivi altra gente, siano italiani e non. Io non sono affatto per la chiusura dei confini: ma tutto va indirizzato, pianificato. Nel corso del tempo tutti gli apporti si sono cementati in un'unica identità italiana. Perché attenzione: la solidarietà non va confusa con il diritto all'invasione». Quanto all'attenzione del governo per l'allargamento dell'Europa, dice Menia, «tutti i provvedimenti della Finanziaria sono improntati alla massima apertura in termini liberistici non solo verso l'Est europeo, ma a 360 gradi».
Il dibattito comunque sembra aperto. Tanto che ieri un commentatore locale prendeva spunto dal calo demografico di Trieste correlandolo al possibile arrivo di nuovi immigrati: un arrivo che, scriveva, potrebbe diventare «invasione, anche non pacifica». E aggiungeva: «Trieste in questo senso è un campione rappresentativo dell'universo statistico: la popolazione locale cala incessantemente e nuovo sangue, esterno, scorre sempre più nelle sue vene. Potrebbe anche non essere un male, finché le dosi della trasfusione non divengano eccessive e sempre che non arrivino troppe tossine. Ma purtroppo non abbiamo molte armi per difenderci». Altro tema - non nuovo - di scontro tra i deputati, quello sulle presenze e sull'attività condotta dai due alla Camera.
Se Menia nei giorni scorsi aveva definito Illy un «fantasma» («di lui alla Camera non si accorge nessuno»), ieri l'ex sindaco ha restituito l'affondo: «Se fantasma sono, come tale riesco comunque a votare e anche a parlare», ha detto offrendo il resoconto di un intervento pronunciato il 28 novembre scorso: «Menia invece riesce soltanto a votare. Perché quel 28 novembre lui, pur avendo votato, non c'era...» L'ennesimo accenno ai voti dei «pianisti» manda su tutte le furie Menia: «Dice così? Lo querelo. Certo che c'ero. Anzi, me ne ricordo bene perché in quei giorni compivo 40 anni e avevo una bella offerta per andare a Parigi: ma avrei dovuto partire il 28. Bene, non ci sono andato per gli impegni alla Camera. E il 29 ero a lavorare qui in Comune. In Francia ci sono andato il 30...»
p.b.