Il Messaggero Veneto 27-10-2001
I dati al 30 settembre segnalano una nuova frenata nei consumi. Salvi dai 15 ai 20 miliardi
UDINE In Friuli Venezia Giulia si registra un'inversione o quanto meno un rallentamento del tasso di crescita della spesa farmaceutica. Tale tendenza trova conferma dall'analisi comparata dei dati aggiornati al 30 settembre 2001 e dalla proiezione al 31 dicembre degli indici tendenziali dei consumi. Nei primi nove mesi dell'anno l'ammontare delle prescrizioni è stato di poco superiore a 316 miliardi, con un aumento compreso tra il 36,3 e il 36,8 rispetto ai 232 miliardi del corrispondente periodo del Duemila (quando c'era il ticket): percentuale sensibilmente inferiore a quella del 31 luglio (+ 39,1%) che, se si consoliderà da qui a Natale, consentirà di mantenere l'onere annuo entro il limite di 400 miliardi (con una crescita di 100 rispetto ai 300 del Duemila), senza "sforare" la soglia del 13% della spesa sanitaria globale e con un risparmio di 15-20 miliardi sul budget programmato a inizio d'anno.
Essendo venuta meno dal primo gennaio di quest'anno (come a tutti noto) l'applicazione dei ticket sulle ricette (che apportava un beneficio finanziario quantificabile intorno al 10%), l'analisi corretta deve essere spostata dalla spesa netta a quella lorda: a fine settembre quest'ultima è stata di 316 miliardi, superiore del 23,7% in confronto allo stesso periodo dell'anno precedente ma tuttavia più contenuta rispetto al + 24,9 del giugno 2001, con la contrazione di oltre un punto percentuale. Il numero delle ricette, arrivate a superare i 5 milioni e mezzo, mantiene un trend di crescita pressoché costante, intorno al 16,5%, ma già il fatto che la curva tendenziale non continui a salire è un elemento confortante.
Un ulteriore segnale positivo, che rafforza la tesi iniziale, si rileva dall'importo medio della ricetta che, pur crescendo, evidenzia un rallentamento di oltre un punto percentuale: dal 18,4 del 30 giugno al 17,3 di fine settembre. Dall'osservazione di tali dati si ha motivo di ritenere che i cittadini siano orientati verso un minor ricorso alle prescrizioni di farmaci, ovvero che i medici tendano a ridurre il numero delle ricette. La contrazione finora riscontrata è di lieve entità (da 6,4 a 6,2 a testa), ma se viene correlata all'entità della spesa pro capite che, proiettata su base annua, cala da 362 a 356 mila lire (1,5 punti in meno), e quindi combinata con gli altri indicatori, fa supporre che ci siano buone ragioni per ipotizzare che, dopo l'esplosione coincisa con la scomparsa della compartecipazione dell'utenza, si stia andando verso una stabilizzazione e, in prospettiva, verso ulteriori economie per la sanità pubblica.
A cosa si debbono tali risultati? A una serie di fattori tra loro sinergici. Innanzitutto la ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), con l'individuazione dei farmaci che possono essere esclusi dalla rimborsabilità. In secondo luogo l'introduzione, sempre più diffusa, dei farmaci generici, che comporta il riconoscimento al farmacista (nel caso di medicinale non coperto da brevetto) del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel ciclo distributivo. In questo contesto è stata avviata una vasta campagna di "sensibilizzazione sanitaria" che ha coinvolto le farmacie, i medici di famiglia e i loro assistiti, con l'intento di far comprendere a questi ultimi che non sempre il medicinale più costoso è anche il più efficace, e che sussiste una vasta gamma di prodotti con costi minori ma con eguali benefici. Un'altra importante innovazione riguarda la continuità terapeutica ospedaliera o specialistica: si tratta, in poche parole, della possibilità che, all'atto delle dimissioni dal nosocomio o dopo la visita dello specialista, la prescrizione della cura e la somministrazione dei farmaci avvengano attraverso il canale ospedaliero, in grado di rifornirsi dei prodotti con uno sconto del 50% rispetto al prezzo praticato dalla farmacia.
Questa serie di misure, che non pregiudicano i livelli di assistenza da garantire ai malati acuti, cronici o terminali, sono contenute nel decreto legge 347 approvato il 14 settembre 2001 dal Consiglio dei Ministri ed ora all'esame delle commissioni parlamentari prima di accedere all'approvazione del Parlamento. Ma, dalle prime notizie diffuse dalla stampa, pare vengano frapposte difficoltà a chi intende difendere l'integrità del suo testo e che ci sia il serio rischio che alcuni capisaldi, sotto la carica di numerosi emendamenti (e l'immaginabile pressione di ben individuate lobby), vengano stravolti o ridimensionati. Tra le proposte di modifica vi è quella deleteria di abolire il tetto del 13% della spesa farmaceutica. Anche la sperimentazione del "reference price" per categorie omogenee (farmaco uguale, prezzo uguale), che consentirebbe notevoli risparmi, potrebbe venire spazzata via in sede legislativa. Se così fosse, l'onere per i medicinali riprenderebbe la sua corsa, ed anche la nostra regione sarebbe costretta ad apportare tagli che potrebbero incidere sul livello di salute cui ogni cittadino ha diritto.
Abbondio Bevilacqua