Il Piccolo 14-02-2002
Il 14 febbraio 2001 il Parlamento italiano approvava in via definitiva la legge 38, il cui testo è però finora rimasto quasi del tutto lettera morta
I ritardi nella nomina del Comitato paritetico bloccano l'applicazione. Via libera solo all'istituto bilingue di San Pietro
TRIESTE - Palazzo Madama, ore 10.15 di un anno fa: con voto palese per alzata di mano il Senato approvava in la legge di tutela per gli sloveni del Friuli Venezia Giulia, entrata poi in vigore il 23 marzo. Una legge agognata dalla minoranza per oltre trent'anni. Aveva votato a favore tutta l'allora maggioranza di Centrosinistra, contrario il Centrodestra, astenuti la Lega e pochi altri. Approvata la legge sono fioriti gli auspici, qui e oltreconfine. A detta di una buona fetta del mondo politico, una stagione nuova si apriva. Nell'interesse della minoranza, certo, ma anche del Friuli Venezia Giulia che dal dopoguerra in poi si era ritrovato «ostaggio» di contrapposizioni etniche e rovinose logiche di blocco, grave ostacolo nei rapporti di vicinato con la Slovenia, ormai sulla soglia dell'Ue. La norma, però, a distanza di un anno esatto da quel «sì» definitivo, non è ancora decollata: ventotto articoli sui ventinove complessivi sono oggi lettera morta.
La chiave di volta. I preliminari si sono arenati su un punto capitale: quello dell'istituzione del comitato paritetico, chiave di volta della legge che rimanda a decisioni locali l'effettiva applicazione. Il ritardo di 5 mesi rispetto al temine previsto sarebbe imputabile in primo luogo alla giunta regionale, che non ha provveduto alla nomina dei membri di competenza. Ma proprio oggi una prima schiarita potrebbe arrivare da Roma.
Il presidente della giunta, Renzo Tondo, è a Palazzo Chigi dove in Consiglio dei ministri si parlerà anche della legge 23 marzo 2001, n. 38, quella, appunto, che reca le «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena del Friuli Venezia Giulia» (ne riferiamo più ampiamente in cronaca). Il comitato paritetico. L'articolo 3 della legge istituisce il Comitato per i problemi della minoranza slovena. Prevede che sia composto da 20 membri, di cui 10 cittadini italiani di lingua slovena; 4 nomine (di cui uno di lingua slovena) spettano al governo, 6 (di cui 4 di lingua slovena designati dalle associazioni della minoranza) alla giunta regionale, 3 all'assemblea dei consiglieri comunali e provinciali di lingua slovena eletti nei Comuni della fascia confinaria e nelle amministrazioni provinciali di Trieste, Gorizia e Udine, e 7 (di cui 2 appartenenti alla minoranza) al Consiglio regionale.
A oggi, l'assemblea degli eletti di lingua slovena ha nominato Davide Clodig (provincia di Udine), Mario Laurencic (Gorizia) e Andrej Berdon (Trieste). Il consiglio regionale ha incaricato Adriano Ritossa (An), Milan Koglot (De), Ferrucio Clavora, Renzo de' Vidovich, Stojan Spetic (Pdci), Stefano Pizzin (Ds), Livio Furlan (Ppi). Non si è, invece, pronunciata la giunta che ai 4 designati dalle organizzazioni slovene (Jole Namor e Rudi Pavsic per la Skgz, Ivo Jevnikar e Damijan Paulin per la Sso), dovrà affiancare due membri di propria nomina. I 4 componenti indicati dal governo andranno a completare questo organismo deputato all'attuazione della quasi totalità degli articoli previsti dalla tutela, primo tra tutti quello che fissa l'ambito territoriale.
Termine superato. La legge prescrive la scadenza del 23 settembre 2001 per l 'insediamento del Comitato. Si sono verificati impedimenti tecnici o politici? Anche se la maggioranza glissa, esponenti di opposizione e minoranza non hanno dubbi: a bloccare la nomina di pertinenza giuntale sarebbe il tentativo di orientare politicamente la costituzione del Comitato e di gratificare quelle formazioni politiche slovene «allacciate» al Centrodestra, ma sconfessate dall'assetto tradizionale della minoranza. Le inadempienze. L'art. 6 prevedeva per il governo la delega a emanare, entro il 23 luglio 2001, sentito il Comitato paritetico, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni di legge vigenti che riguardano la minoranza slovena, riunendole e coordinandole fra loro e con le norme della presente legge. L'art. 8 riconosce il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie e con i concessionari di servizi di pubblico interesse (escluse, in alcuni casi, Forze armate e Forze di polizia). A tal fine le amministrazioni interessate devono adeguare i propri uffici, l'organico del personale e l'organizzazione interna.
Nelle zone centrali di Trieste, Gorizia e Cividale è prevista l'istituzione di un ufficio per i cittadini che intendono rivolgersi alle amministrazioni locali in sloveno. Inoltre, si impegna il Ministero del tesoro a emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, sentito il Comitato, un decreto con il quale vengono determinati termini e modalità per la ripartizione delle risorse destinate all'uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione.
L'art. 15 prevedeva che entro il 23 giugno 2001, con decreto del Ministero dell'Università e della ricerca scientifica, di concerto con il ministro del Tesoro, venisse istituita la sezione autonoma con lingua di insegnamento slovena del Conservatorio di musica «Tartini» di Trieste. Inoltre, l'art. 21 stabiliscva che nei territori in cui viene applicata la legge, l'assetto amministrativo, l'uso deI territorio, i piani di programmazione economica, sociale e urbanistica devono tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali. Per interventi in Canal del Ferro Val Canale, Valli del Torre e Valli del Natisone, lo Stato assegna alla Regione a partire dal 2001 un contributo annuo di un miliardo. Ma nulla di tutto questo è ancora stato attuato.
L'istituto bilingue. L'unico provvedimento finora adottato interessa l' articolo 12 che si riferisce unicamente alla provincia di Udine e all'ordinamento scolastico. Come previsto dalla legge, nello scorso autunno la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano di San Pietro al Natisone si sono viste riconoscere come scuole statali, istituendo una direzione didattica propria. Una questione difficilmente rinviabile anche in virtù del fatto che la scuola ospita oltre un terzo dei bambini delle Valli del Natisone e coinvolge un centinaio di famiglie.