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Il Messaggero Veneto 09-06-2002

In un sistema economico globalizzato le aziende friulane devono orientarsi su ambiti non occupati da multinazionali

Guerra: si vince con le nicchie di mercato

Il presidente dell'Asem di Buia: l'imprenditoria locale deve puntare sul binomio selezione e qualità

UDINE - In un sistema economico globalizzato le imprese del Friuli Venezia Giulia, in larghissima parte di piccole e medie dimensioni, devono darsi un assetto che vada oltre l'angusto ambito familiare, allargare la base societaria qualora ci sia bisogno di un'adeguata capitalizzazione e sfruttare le opportunità di crescita puntando, più che su grossi volumi di fatturato (dove la sfida con i "giganti" è impari), su nicchie di mercato ad elevato contenuto tecnologico, con strutture flessibili capaci di soddisfare bisogni personalizzati, laddove le multinazionali non possono entrare in competizione. Nel mercato informatico in particolare, i cui listini tendono costantemente al ribasso, il rischio di emarginazione può essere scongiurato solo operando una continua revisione della catena aziendale, comprimendo i costi fissi e "terziarizzando" le lavorazioni non strategiche.

I giovani friulani che, animati da spirito d'intrapresa, aspirano ad avviare un'attività autonoma, devono innanzitutto superare l'atavica paura del nuovo, quindi accettare il rischio, sapersi mettere alla prova con umiltà, credere fermamente nelle proprie idee, mostrare chiarezza nel tradurle in progetti concreti, affrontare le difficoltà passo dopo passo tenendo presente che nelle aziende, in linea di principio, nessun problema è irresolubile. Questo "vademecum" ad uso di chi opera nel mondo informatico o aspira a entrarvi sintetizza il pensiero di Renzo Guerra, fondatore, presidente e amministratore delegato dell'Asem, l'azienda di Buia che progetta e produce sistemi hardware basati su architettura PC e che oggi è leader italiano nei personal computer industriali applicati all'automazione.

Nata nel 1979 (con le prime prove nell'immancabile scantinato di casa) come fabbrica di computer su vasta scala, ebbe uno sviluppo esponenziale fino a metà anni Novanta quando, a seguito del crollo dei prezzi, visse una crisi di crescita che la costrinse a ricorrere ad un partner finanziario ed a riposizionarsi, cambiando strategia e puntando (con successo) sul mercato dei pc industriali. Oggi la società, il cui capitale è tornato nel totale controllo della famiglia Guerra, dà lavoro a 90 dipendenti e consegue un fatturato annuo di 23 milioni di euro. Nei prossimi mesi avverrà il trasferimento dell'intero corpo aziendale nella nuova sede di Artegna, su un'area di 30 mila metri quadrati, di cui 5 mila coperti, che ha richiesto investimenti per 5 milioni di euro.

Può fornirci qualche dato sulla consistenza, sull'articolazione e sulle prospettive del settore elettronico in Friuli Venezia Giulia?

Il settore elettronico e dell'informatica, nato e sviluppatosi sostanzialmente negli ultimi vent'anni (tre nel caso della new economy), è articolato in numerosi segmenti operativi: ci sono aziende che si occupano di progettazione hardware, altre di sviluppo software, società di produzione, di assemblaggio e imprese che producono per conto terzi. Pochissime sono dotate di strutture tali da garantire loro una significativa presenza a livello nazionale o internazionale, e parte di esse operano per lo più in sub fornitura. Esistono invece diverse realtà che acquistano il prodotto base, cioè l'hardware e l'ambiente operativo, e sviluppano il software applicativo per soddisfare le necessità della piccola-media impresa o degli utenti finali. L'Asem, orientata prevalentemente al settore informatico, è una delle aziende che (pur "terziarizzando" alcune attività non strategiche) ha tutte le competenze per gestire l'intero processo, dalla progettazione alla produzione, all'assemblaggio, al testing e alla commercializzazione. In regione gli addetti sono alcune migliaia. Le prospettive sono favorevoli, a condizione che ogni operatore sappia individuare il settore di mercato in cui posizionarsi.

Il processo di crescita delle aziende potrà subire rallentamenti connessi a problemi di dimensione o di insufficiente capitalizzazione?

Esiste un problema dimensionale soprattutto per le imprese elettroniche a indirizzo informatico. La loro natura medio-piccola è chiaramente inconciliabile con i livelli competitivi richiesti da un mercato globalizzato. Per esse l'àncora di salvezza sta nella ricerca di mercati di nicchia ad elevati contenuti tecnologici. Lo dico a ragion veduta: negli anni Ottanta, quando l'Asem produceva computer per il mercato di massa, non riuscendo a fare grandi numeri entrò in crisi e fu costretta a riconvertirsi, puntando ai pc industriali. Le aziende di piccole dimensioni devono sfuggire le sirene dei mercati di massa e orientarsi verso prodotti con contenuti e soluzioni flessibili, mostrando capacità di "personalizzare" i rapporti tecnici con le strutture e con i clienti, atteggiamento difficilmente proponibile dalle multinazionali. La scarsa capitalizzazione è figlia dell'assetto familiare di molte imprese, della limitata propensione all'allargamento della base societaria, della mancanza di "cultura" innovativa. E' un freno alla crescita e alla ricerca di opportunità, una rinuncia alle sfide in campo aperto.

Pare che Buia sia una fucina di talenti con spiccata vocazione imprenditoriale, dai regi medaglisti fino ai protagonisti delle recenti cronache finanziarie. Perché i migliori cervelli friulani, esclusi i presenti, sono costretti a cercar gloria fuori dalla loro terra? Che rapporti ci sono tra imprese e Università?

Il substrato economico friulano non consente di maturare esperienze professionali di alto profilo. Ci sono pochi spazi di crescita per i manager, e senza manager le aziende non decollano. Ecco perché molti cervelli emigrano verso lidi migliori. Però c'è anche chi pensa ci si possa affermare in Friuli. Asem ne è la riprova. Forse Buia non è il posto migliore per un'azienda di pc industriali. La sfida è consistita anche nella scelta del Friuli, dopo aver messo in conto handicap (lontananza dai centri nevralgici, marginalizzazione geografica, incidenza spese di trasporto ecc.) e vantaggi (qualità della vita, ritmi meno snervanti, ambiente accogliente, buone relazioni sociali). Il rapporto tra imprese e università presenta luci e ombre: il vero problema sta nella difficoltà di contemperare le caratteristiche delle prime (stress competitivo, rapidità decisionali, finalizzazione degli investimenti, traduzione delle idee in fatturato) con la mentalità dell'accademico e del ricercatore, non sempre in sintonia con le esigenze aziendali. Combinare i due atteggiamenti è la vera scommessa.

La Regione sta legiferando in materia di ricerca e innovazione. Ritiene possano derivare vantaggi al settore elettronico-informatico?

Fino a qualche anno fa il Friuli Venezia Giulia poteva contare sulla sua specialità in campo legislativo. Con l'ingresso in Europa tale peculiarità è quasi del tutto scomparsa. Dirò di più: esistono leggi nazionali e comunitarie che prevedono incentivi alla ricerca e allo sviluppo e non vengono neppure utilizzate. La verità è che l'Italia e l'Europa non sono più protagoniste nella ricerca orientata al settore informatico e rappresentano ormai solo un'importante opportunità di mercato per le multinazionali. Il processo di ristrutturazione realizzato dall'Asem, in pochi anni risorta come l'araba fenice, è portatore di contenuti innovativi estensibili all'intero comparto? Oggi comanda il mercato, con le sue dinamiche velocissime, e l'azienda deve adeguarvisi. Il processo di ristrutturazione (da noi effettuato in un determinato contesto storico) dev'essere una costante per le aziende del settore. Ciò significa: essere veloci, flessibili e snelli. Il calo incessante dei prezzi e dei margini, la maturazione rapida dei mercati, impongono interventi costanti su tutte le componenti del conto economico.

La collocazione geopolitica del Friuli costituisce un fattore di indebolimento e di emarginazione o un trampolino di lancio per la sua economia?

Per il settore informatico il Friuli rappresenta un'area di debolezza. Non ci sono aziende così ben strutturate da poter destinare parte delle loro risorse alla formazione del personale, la preparazione scolastica è buona ma senza contenuti di esperienza pratica, le aziende che vogliono crescere debbono istituire percorsi formativi interni della durata di qualche anno, i cui risultati sono spesso tardivi rispetto alle esigenze dei mercati. Per contro lo scarso turn over, dovuto alle modeste opportunità offerte dal Friuli nei più qualificati ruoli professionali, e i conseguenti minori rischi di "furti" o di fughe di tecnici specializzati, costituiscono l'altra faccia della medaglia e tramutano gli investimenti in patrimonio. Se poi valutiamo la nostra posizione geografica rispetto ai mercati esteri, dobbiamo dire che dall'Est non giungono segnali interessanti per le nostre tecnologie: la domanda è statica, l'industria arretrata. Preferiamo puntare su Paesi industrialmente più avanzati come quelli dell'Europa centrale, che hanno strutture evolute in grado di recepire le novità tecnologiche.

Quali suggerimenti darebbe a un giovane che pensa di avviare un'attività imprenditoriale?

Vent'anni fa, quando è nata Asem, il mercato dell'elettronica e dell'informatica (agli albori), lasciava ampi margini d'intrapresa. Oggi l'affermazione è più difficile, anche se, rispetto al passato, si sono sviluppati validi strumenti di supporto finanziario come venture capital e merchant banking che finanziano idee valide e progetti aziendali con buone prospettive. Ai giovani dico: date sfogo alla vostra creatività, traducetela in piani di lavoro concreti, comunicatela in modo chiaro e preciso, siate determinati, non abbattetevi alle prime difficoltà ricordando che per ogni problema esiste la soluzione. E poi (o prima) spogliatevi dell'atavica prudenza friulana, siate ottimisti e armatevi di un pizzico di ragionevole incoscienza.

Abbondio Bevilacqua