Il Messaggero Veneto 02-10-2001
Menia: la legge elettorale deve rispettare la proporzione di un eletto ogni 20 mila abitanti
TRIESTE Seggio garantito alla minoranza slovena e indicazione del presidente: sono ancora questi i punti critici della maggioranza nel confronto sulla legge elettorale. Ieri mattina i vertici politici del centro destra si sono ritrovati in consiglio regionale a Trieste, per cercare di sbloccare la riforma elettorali. La riunione (presenti i deputati Ferruccio Saro e Ettore Romoli, accanto a Bruno Marini per Forza Italia - ccd, Roberto Menia e l'assessore Sergio Dressi per An, e Beppino Zoppolato per la Lega Nord) ha sostanzialmente riproposto le posizioni in campo, con Alleanza nazionale più orientata verso il presidenzialismo, se pur con un opportuno temperamento per evitare uno strapotere da parte del governatore, e gli alleati maggiormente favorevoli a un sistema proporzionale, con un vincolo più sfumato fra presidente della giunta ed elettori.
I negoziatori della maggioranza dovranno inoltre lavorare anche sul tema del seggio garantito alla comunità slovena, un punto su cui An sembra voler fungere da ago della bilancia: «La nostra posizione è molto chiara - dice Roberto Menia -. In consiglio ci sono sessanta seggi, uno ogni ventimila elettori del Friuli-Venezia Giulia, un milione e duecentomila in totale. Quando ci sono ventimila elettori si ha diritto a un seggio: se gli sloveni accettano un censimento, si fanno contare, e si accerta che sono ventimila, allora hanno diritto a un seggio».
«Se invece non si vuole il censimento - continua il deputato di An -, l'unica strada è dare la possibilità di votare o per le liste regionali, o per le liste della minoranza slovena: chiaramente chi vota per una lista non può votare per l'altra. Anche in questo caso però bisogna vedere i numeri, mi sembra chiaro che se per il seggio sloveno votano solo duecento persone, non si riserva proprio nulla: se un sessantesimo dell'elettorato vota per il candidato sloveno, la comunità avrà il suo seggio, altrimenti no. Si tratta di un principio di eguaglianza, costituzionalmente garantito». Menia lascia intravedere maggiori spiragli sul presidenzialismo: «Tutti ci siamo trovati d'accordo sul fatto che un'intesa va trovata.
La via è quella dell'indicazione del presidente, chiamiamolo semi presidenzialismo, con una soglia di sbarramento, che potrebbe essere al cinque per cento, e un premio di maggioranza dal cinquantacinque al sessanta per cento». Ritornando alla questione del seggio garantito, c'è da dire che il problema raggiungerà anche Roma: il vertice di ieri mattina infatti ha deciso d'investire del problema la commissione elettorale presso il ministero degli interni, per verificare che non vi siano incompatibilità con la Costituzione. La stessa questione sarà esaminata anche da alcuni esperti per conto di Forza Italia: «riguardo al seggio garantito, c'è anche il problema di raggiungere un certo numero di partecipanti al voto - dice il capogruppo di Forza Italia Aldo Ariis -. Prima di decidere però vogliamo fare una verifica di costituzionalità anche al nostro interno, così come sull'indicazione del presidente: vogliamo valutare se, con l'indicazione sulla scheda, si possa evitare un voto diretto del presidente».
Riguardo la situazione generale, e la possibilità di un accordo, Ariis non si sbilancia: «come al solito c'è chi guarda il bicchiere mezzo vuoto, e chi quello mezzo pieno», commenta. Tra coloro che vedono il bicchiere mezzo pieno c'è Ferruccio Saro, che ha abbandonato per una giornata gli impegni romani per cercare di dirimere la difficile matassa elettorale: «abbiamo fatto una ricognizione generale, e non ci sono né pregiudiziali né pregiudizi da parte di nessuno - assicura -. Ci sono ancora dei nodi da sciogliere, e li scioglieremo. Il problema è trovare un sistema per garantire stabilità e governabilità, accanto alla valorizzazione delle articolazioni politiche di questa regione, e arrivare così a un sistema equilibrato fra i poteri. Sono sicuro che questa legislatura riuscirà a fare la legge elettorale».
Un po' più pessimista invece Bruno Marini: «C'è stata una fumata nera, si continua a parlare ma non sembra si riesca a uscire dalle discussioni generali. Può anche darsi che la legge elettorale si debba fare non con vertici o riunioni di maggioranza, ma direttamente in aula».
Alessandro Martegani