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Il Messaggero Veneto 02-11-2001

Bilancio, 343 miliardi da tagliare

Nel mirino dell’assessore Arduini tutti i dicasteri regionali a eccezione di enti locali e sanità

TRIESTE – Nelle dichiarazioni generali, la giunta è pronta ai tagli. Tutti consapevoli della gravità del momento, del fatto che il piatto regionale piange, che il rigore e i sacrifici sono ineludibili. Ma poi, all'atto pratico, riserve e distinguo si sprecano. Scattano le sindromi da primogenitura verso gli "assessorati protetti", le diffidenze verso quelli che vorrebbero fare i furbi. E pressoché ogni area, ogni voce di spesa, è proclamata strategica, fosse pure quella per le ronde, per le farfalle, per i “cjavedal” e le insegne autoctone.

Le dichiarazioni off-record assicurano che c'è chi chiede troppo. Sergio Dressi, a esempio, cui si imputa uno sforamento del budget di un'ottantina di miliardi. Lui replica che è titolare di tre direzioni pesanti, tutte legate allo sviluppo e si dichiara pronto allo sconto, purché l'esecutivo assuma una responsabilità comune e motivata di fronte agli imprenditori. Nel mirino sembra essere anche Alessandra Guerra, titolare di quella Cultura che non si pesa e non si mangia, e quindi verrebbe considerata come effimero. La vicepresidente, rimasta nelle sue richieste entro il dato per il 2001, trova un difensore d'ufficio nel suo predecessore Franco Franzutti, ora titolare di Trasporti e Viabilità.

«Vogliono sacrificare le iniziative dirette varate lo scorso anno, gospel e altri concerti, per intenderci, o almeno tagliare tre miliardi su cinque. Sarebbe un grosso errore, perché i risultati erano stati ottimi. E poi togliere tre miliardi a qualche direzione strategica è come tagliarle un pezzo di falangetta. Levandoli alla Cultura, le si mozza una gamba, non cammina più», dice l'avvocato triestino. In quanto al suo settore, si dice invece piuttosto tranquillo.

«Io ho spese anelastiche: o tutto, o niente - sottolinea Franco Franzutti -. Mi spiego: se si intende investire un miliardo per fare pubblicità al Friuli-Venezia Giulia, si può decidere di spendere solo 700 milioni. Se si vogliono dare contributi per dieci miliardi, si possono ridurre a otto. Ma non si può tagliare allo stesso modo un pezzo di strada, magari sei chilometri invece di sei. Certo, la si può sopprimere completamente: ad esempio, facendo la scelta politica di rinunciare alla Pedemontana, o di uscire dal passante di Mestre, ne risparmieremmo, di soldi», continua Franzutti. «Paradossi a parte, ricordo che le infrastrutture sono più strategiche di tante altre cose, Industria inclusa. Senza vie di comunicazione l'imprenditoria muore. Noi non chiediamo agli industriali di fare le strade, ma sarebbe assurdo che loro pretendessero di sacrificarle per avere maggiori contributi».

«Ho presentato un budget di circa 1800 miliardi, lo stesso dello scorso anno. Secondo la ragioneria ci sarebbero tre miliardi in più. In realtà di questa cifra, irrisoria rispetto al totale, e anche alle necessità di risparmio del Bilancio, è quasi tutta legata a soldi tolti lo scorso anno», conclude l'assessore. «Si sa che sanità ed enti locali sono stati messi sotto una campana di vetro, però forse bisognerebbe avere il coraggio di andarli a toccare. O almeno di ragionare da un lato sui trasferimenti pretesi, dall'altro sull'efficienza della spesa, con la cancellazione dell'agenzia e il rientro nel fondo nazionale, per quanto difficile possa apparire».

«Sulla base della lettera dell'assessore Arduini, che aveva spiegato l'impossibilità di dare una lira in più rispetto allo scorso anno, le mie direzioni hanno già provveduto a tagliare un buon 5% delle richieste», dice dal canto suo Danilo Narduzzi. «Quindi io sono nel budget. E ci resterò, sinché non ci sarà nessuno che vuol essere più furbo degli altri. Per dirla in altre parole, se qualcuno riceve cento lire in più, devono darle anche a me».

«Ho sentito girare strani discorsi, sulla possibile vendita delle aziende agricole dell'Ersa per recuperare risorse. Dev'essere chiaro a tutti che, se lo si fa, quei soldi non vanno nel calderone, ma spettano all'Agricoltura, un settore strategico che ha sempre finanziato gli altri, e che poi, quando ha bisogno di fondi, deve girare con il cappello in mano», dice ancora l'assessore. «Non possiamo toccare i cento miliardi della misura G del piano di sviluppo rurale, mirato all'ammodernamento, né altre voci incomprimibili. Poi se si renderanno necessari ulteriori tagli, dovranno essere per tutti; e su questo dev'esserci l'impegno personale del presidente».

Paolo Ciani, responsabile di Protezione civile e ambiente, ammette di aver avanzato richieste superiori di circa venti miliardi a quelle dello scorso anno. «Ma non è né per capriccio, né per calcoli levantini. Ci è appena stata trasferita la competenza sul demanio idrico, settore di cui è inutile sottolineare l'importanza ai fini della sicurezza del territorio. E' vero che in futuro potremo riscuote i canoni dello sghiaiamento, ma ora, per partire, degli investimenti ci vogliono», spiega. E conclude: «Io ho rappresentato il fabbisogno a mio avviso inderogabile. Se emergerà l'impossibilità di provvedere, se le priorità scelte collegialmente saranno altre, mi adeguerò. Come tutti, spero: in questo momento va bandita la logica dell'orticello privato. Anche perché, come si è visto, gli orticelli ruotano: uno va a seminare girasoli, e magari poi si ritrova con un carico di rape».

Luciano Santin