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Il Messaggero Veneto 02-04-2002

Il presidente della Spav prefabbricati: i benefici debbono ricadere (così come le perdite) su tutti gli attori che hanno concorso a determinarli

«Legare il salario ai risultati dell'azienda»

Roberto Turello: mi attendo dalla Regione investimenti capaci di stimolare la domanda pubblica

UDINE - Il futuro dell'industria della prefabbricazione, al cospetto di una competitività che si farà spietata, non potrà fondarsi che sulle aggregazioni da cui emergeranno gli operatori più solidi. Per sopperire alla cronica mancanza di manodopera locale, la soluzione migliore per evitare tensioni sociali e favorire l'integrazione tra etnie diverse deve tendere a privilegiare, in un contesto di norme ben definite, il movimento migratorio transfrontaliero con i Paesi della ex Jugoslavia. Per dare uno sbocco alla vertenza in corso sul delicato tema del rapporto di lavoro, andrebbe valutata, tra le ipotesi in discussione, l'opportunità di introdurre la retribuzione variabile, correlata agli obiettivi aziendali. Queste sono alcune tra le più interessanti proposte, riguardo alle tematiche di maggior rilievo attualmente sul tappeto, emerse nel corso del colloquio con l'imprenditore Roberto Turello, presidente della Spav Prefabbricati nonché capogruppo del settore materiali da costruzione presso l'Assindustria friulana. La Spav, nata nel 1960, dà lavoro a 150/160 persone, ha un giro d'affari annuo di oltre 20 milioni di euro derivanti dalla produzione di circa 46 mila metri cubi di manufatti, destinati quasi interamente a committenti del Nord Italia. Ha sede a Martignacco ed è dislocata su un'area di 160 mila metri quadrati, di cui 35 mila coperti. La Spav, che costruisce strutture in calcestruzzo, fa parte di un gruppo che comprende la EuroHolz (strutture in legno lamellare) e la Ageura (strutture di tipo metallico) e che pertanto è in grado di coprire l'intero arco della domanda di manufatti edilizi di tipo strutturale.

In un mercato sempre più ampio e concorrenziale il problema del dimensionamento aziendale e, di conseguenza, delle acquisizioni è sempre più attuale. Il discorso vale anche per l'edilizia e, nella fattispecie, per la prefabbricazione?

Certamente. È un problema reale che, come esponente di categoria, ho sollevato da tempo all'interno dei prefabbricatori. Oggi il mercato è particolarmente euforico e, apparentemente, nessuno ravvisa tale necessità. Ma tra qualche anno, quando inevitabilmente, per effetto dell'andamento sinusoidale dei cicli economici, ci sarà un calo della domanda e, strettamente connesso, un abbassamento dei prezzi dovuto alla concorrenza tra molteplici produttori, si assisterà a un'inevitabile selezione, in cui alcune imprese moriranno e altre cercheranno di sopravvivere. Per prevenire tale falcidie la via più logica è quella delle aggregazioni (con acquisizioni, fusioni ecc.), allo scopo di rafforzare la presenza sul mercato, come del resto è avvenuto nel settore dei laterizi. Il migliorato assetto dimensionale consentirà di razionalizzare le produzioni (rendendo più funzionali i vari stabilimenti posti sotto un'unica compagine sociale), di elevare il livello delle tecnologie operative (estendendo le migliori alle aziende deficitarie), di accentrare gli uffici di progettazione tecnica e i centri d'acquisto (ottenendo economie di scala), di razionalizzare i sistemi di trasporto e di montaggio. Questa, a mio avviso, è la strada che dovremo percorrere.

In edilizia si registra da anni la cronica mancanza di muratori, carpentieri e manovali, soprattutto giovani (oggi l'età media degli occupati è di 50 anni). Fino a che punto vi può sopperire la tecnologia? I vuoti lasciati dalle braccia friulane (una famiglia, un muratore) saranno adeguatamente coperti dagli immigrati?

La carenza di manodopera è ormai un dato accertato, diffuso e cronico. Anche se nella prefabbricazione viene utilizzato personale meno specializzato rispetto all'edilizia tradizionale, il problema si pone negli stessi termini. La verità è che il lavoro manuale è rifiutato quasi totalmente dai giovani friulani. Ciò crea grosse difficoltà soprattutto nei settori, come il nostro, dove la manualità risulta preponderante e la tecnologia può supplire solo in minima parte (ad esempio con i mezzi di sollevamento) al lavoro umano. Da qui la necessità di ricorrere alle braccia degli immigrati. In Spav essi costituiscono ormai un terzo dell'intero organico e provengono sia dall'area balcanica sia da quella mediterranea. Gli uffici regionali dell'Agenzia dell'impiego offrono la massima collaborazione per il loro inserimento lavorativo, tuttavia sarebbe auspicabile la creazione di una corsia preferenziale per gli operai provenienti dai vicini Paesi della ex Jugoslavia (parecchi dei quali transfrontalieri), più affini alla nostra cultura e maggiormente predisposti alle nostre lavorazioni, grazie a specifiche professionalità, rispetto a quelli provenienti dall'area africana.

Si constata, paradossalmente, che mentre l'edilizia vive una fase favorevole, i comparti dell'indotto che solitamente le vanno al traino mostrano invece segni di rallentamento. Come spiega la contraddizione?

Non c'è contraddizione se teniamo presente che vi sono due tipologie di edilizia: quella industriale e quella residenziale. La prima vive da tre anni un boom mai vissuto nei precedenti 35: sull'onda del calo dei tassi e dei benefici fiscali la prefabbricazione industriale (capannoni, stabilimenti) e quella commerciale (centri commerciali, magazzini di stoccaggio, supermercati) stanno attraversando un momento magico. (Detto per inciso, i detentori di risparmi che investono i loro denari in capannoni possono ottenere rendimenti tra il 6 e il 12%, ben più elevati di quelli in abitazioni). La positiva congiuntura ha un indubbio effetto-traino sull'indotto, cioè nelle costruzione di impianti e di macchine tecnologiche, o nell'introduzione di processi innovativi, che trascinano con sé nuova domanda di formazione e di riqualificazione del personale.

Perché non sfonda la prefabbricazione residenziale?

La prefabbricazione residenziale ha la caratteristica di avere tempi di consegna predeterminati e costi certi, che però diventano concorrenziali solo nel caso di costruzioni in serie. Ma i friulani hanno la mania della casa personalizzata e differenziata: ecco la ragione del rifiuto della prefabbricazione, salvo rare eccezioni (case vacanza o eventi eccezionali che determinano stati di necessità e urgenza).

Una buona fetta delle commesse in edilizia arriva dalle opere pubbliche, che spesso suppliscono alle flessioni della domanda privata. Qual è la situazione in Friuli Venezia Giulia? Quale ruolo gioca la Regione?

Nella prefabbricazione edilizia le commesse più rilevanti provengono quasi totalmente dalla domanda privata. Opere pubbliche di rilievo (scuole, ospedali) non si vedono all'orizzonte. Speriamo che nei prossimi anni la Regione, promuovendo appalti e investimenti, stimoli la domanda pubblica, supplendo in senso keynesiano al prevedibile calo del mercato privato.

Nei Balcani è partita la ricostruzione post bellica. Nei Paesi dell'Est è in atto la liberalizzazione dei mercati. Quale spazio operativo vi potranno trovare le imprese della nostra regione?

Fino ad oggi non riscontriamo alcun tipo di contatti collaborativi, nonostante ripetuti incontri avviati tempo addietro. Con la Slovenia siamo addirittura penalizzati, dal momento che, mentre le imprese di quel Paese possono invadere liberamente il mercato italiano, le nostre sono sottoposte a restrizioni e vincoli di chiara natura protezionistica, ingiustificabili da parte di chi aspira a entrare nell'Unione europea. Sarebbe interessante creare delle joint venture ma fino ad oggi, ripeto, non si è presentata alcuna opportunità.

È tuttora tempo di Pasqua, festa di pace e di conciliazione. Se potesse inviare un messaggio al Governo e ai sindacati, di che tenore sarebbe?

L'eccessiva tensione rende difficile il dialogo e si riverbera anche negli ambienti di lavoro delle singole aziende, dove sta venendo meno la consueta serenità. Spero che il buon senso prevalga e si riaprano le trattative. Da piccolo imprenditore di periferia faccio una constatazione: da mia moglie mi posso separare, da un dipendente no. Non mi sembra giusto. Quanto ai contenuti della vertenza aperta, credo che, tra le casistiche da affrontare, non dovrebbe essere scartata la possibilità di introdurre la retribuzione variabile, vale a dire che una parte della busta paga dovrebbe essere mobile, correlata all'andamento del conto economico: se la gestione aziendale produce utili, i benefici debbono ricadere su tutti gli attori che hanno concorso a determinarli; nel caso di perdite, deve essere parimenti accettato un ritocco al ribasso della parte variabile del compenso. È l'unico modo per coinvolgere il personale nella vita dell'azienda, alla cui sorte il destino dell'imprenditore non è disgiunto da quello del lavoratore.

Abbondio Bevilacqua