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Il Piccolo 05-05-2002

Il Capo dello Stato definisce «incomprensibili» le polemiche a Trieste sulle celebrazioni per il 25 aprile che resta comunque la festa della Resistenza

«Non confondere la Risiera con le Foibe»

«Due episodi orribili che devono trovare giusta collocazione storica». Martino: «Ricordare con lo stesso rispetto»

TRIESTE - Un sassolino nella scarpa. Piccolo forse, ma terribilmente fastidioso. Quel 25 aprile triestino celebrato da separati in casa da Centrodestra e Centrosinistra al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi proprio non andava giù. Risiera di San Sabba da una parte e Foibe dall'altra, confusione, lo spettro revisionista della destra dietro l'angolo. Una situazione che il Presidente non esita definire «incomprensibile». Ciampi sente ed evidenzia la necessità di fare chiarezza. E sceglie di farlo nella sede de «Il Piccolo», che da oltre 120 anni dà voce alla città di Trieste. Non servono grossi giri di parole o arzigogolati ragionamenti storico-politici: il 25 aprile è la giornata della Liberazione dal nazismo e dal fascismo, il 25 aprile si festeggia la Resistenza. Per ricordare il dramma delle Foibe, come è doveroso fare, ci sono altri 364 giorni.

Tutto risolto? Tutto chiarito? Non proprio. Passa un'ora dalle dichiarazioni rese dal Capo dello Stato e a esternare sullo stesso tema stavolta è il ministro della Difesa, Antonio Martino. Il quale se proprio non smentisce direttamente Ciampi certo dimostra come la lunghezza d'onda del governo sullo scottante tema non sia proprio in sintonia con quella espressa dal Quirinale. Pur considerando «ingiustificate» le polemiche sui festeggiamenti del 25 aprile, Martino ritiene che «gli episodi drammatici di quell'epoca vadano ricordati comunque, indipendentemente dai sentimenti. Non si vede perché - precisa subito dopo il ministro - non si debbano ricordare episodi di uno o dell'altro segno con lo stesso rispetto».

Pari dignità e uguale rispetto sono parole che anche Ciampi pronuncia per cercare di riportare la «querelle» triestina entro i binari di un'etica politica degna di una democrazia europea. «Quando venni a Trieste nel Duemila - spiega il Presidente - fu per me naturale recarmi a rendere omaggio alla Foiba di Basovizza e alla Risiera di San Sabba, due luoghi che ricordano altrettante orribili manifestazioni di violenza, entrambe da esecrare, entrambe da ricordare, ma ciascuna nella sua precisa collocazione storica». Così facendo appare inequivocabile come «il 25 aprile sia la data della Liberazione ed è - precisa Ciampi - legata alla Risiera di San Sabba». Le Foibe invece furono «uno stermino etnico», furono «il terribile tentativo di ridurre l'italianità di queste zone».

Ma il tutto, come ripete con insistenza il Presidente, deve trovare la sua precisa collocazione storica ed è in questa prospettiva che va visto, rispettato e ricordato. Se è vero che è «una pietà comune» quella che si deve provare per entrambi questi avvenimenti, «due orribili manifestazioni di violenza, entrambe da esecrare e da non dimenticare, è altresì indispensabile che ciascuna trovi collocazione - e lo puntualizza ancora Ciampi - nel suo contesto storico». Un contesto storico «diverso», se è vero che il 25 aprile segna «il successo della Resistenza e della lotta al nazifascismo», mentre la Foiba di Basovizza è il terribile monumento della «lotta scatenata per cercare di deitalianizzare Trieste». Insomma Risiera e Foibe «sono due cose storicamente distinte - insiste il Capo dello Stato ripetendo il concetto perché non vuole in alcun modo correre il rischio di essere frainteso - esecrande entrambe, ma distinte». Il 25 aprile con la sconfitta del nazifascismo segnava «l'inizio della vita democratica - aggiunge il Presidente - l'inizo della nuova Italia, mentre con le Foibe si tentava di ridurre l'italianità di queste zone. E questo fu un altro tipo di violenza, che aveva altri obiettivi».

Ed è qui che passato, presente e futuro improvvisamente, ma inesorabilmente si saldano. È solo dopo aver messo a fuoco, infatti, l'esatta prospettiva storica che si può «guardare - dice Ciampi - al nostro passato e al nostro futuro con la serenità che ci deriva dalle istituzioni nazionali ed europee che abbiamo saputo costruire». Torna così il Presidente, con l'ultima parte del suo ragionamanto, a quella che è stata una costante del suo messaggio socio-politico di questi ultimi giorni: ricordare a tutti che l'Europa è l'unica medicina contro il manifestarsi di qualsivoglia deriva nazionalista legata all'insicurezza o al vuoto ideale e politico. Ciampi ne è convinto, e lo aveva puntualizzato già venerdì a Udine, quando affermò che «l'Europa non dimentica l'amara lezione della storia». Quell'Europa e quella «cultura europea - aggiunge a Trieste proseguendo idealmente nel suo ragionamento - che sono irrimediabilmente legate alla Resistenza. E Trieste - conclude il sillogismo del Presidente - è legata alla cultura europea». Ma questo impone, è l'ultimo forte richiamo di Ciampi, «una grande responsabilità», soprattutto in un'area come quella triestina, «vera cerniera tra il Mediterraneo e la Mitteleuropa».

Mauro Manzin