Il Piccolo 25-02-2002
Martedì torna a riunirsi il Consiglio regionale, la conta conclusiva è prevista per giovedì. Ma il dibattito riguarda già il referendum abrogativo
Si profila un paradosso: parte della maggioranza potrebbe votare «no», parte dell'opposizione «sì»
TRIESTE - Non era affatto un «paradosso provocatorio», come invece aveva tentato di minimizzare il suo capogruppo regionale, quello del diessino Enrico Gherghetta, che da Gorizia la scorsa settimana aveva lanciato la proposta del «sì» tattico in aula alle nuova legge elettorale pur di spianare la strada a un referendum abrogativo davvero devastante per la Cdl. Infatti Gherghetta conferma: «Poiché sono convinto che la maggioranza abbia fallito e che bisogni mandarla a casa, credo non solo che si debba vincere il referendum, ma che le si facciano pesare sulla schiena anche le 36 mila firme di sostegno».
Se il Centrodestra non riuscirà a totalizzare in aula 40 voti per la riforma elettorale da esso sostenuta, per l'indizione di un referendum abrogativo basterà che lo richiedano 12 consiglieri. Se invece la legge otterrà 40 voti (cioè i due terzi del Consiglio) allora a sostegno della richiesta occorreranno le firme di 36 mila cittadini. Ed ecco Gherghetta insiste: «Penso che sia meglio raccogliere le firme, magari grazie a qualche nostro assenso tattico qualora la maggioranza fallisca il traguardo dei 40 voti, pur di mettere l'opinione pubblica nella condizione di esprimersi già con le firme contro questo Centrodestra autoreferenziale, che solleva ad arte inesistenti rivalità campanilistiche di cui la gente è stufa. Non ci può essere un processo d'innovazione della Regione senza un sussulto democratico che coinvolga l'opinione pubblica. Alla fine voterò come deciderà il mio gruppo, ma condurrò fino in fondo questa mia personale battaglia politica - conclude Gherghetta - a sostegno, poiché il Centrosinistra non può ormai aspettarsi più nulla da quest'aula, di qualsiasi iniziativa che restituisca voce alla gente».
In effetti, se il referendum non serve anche per attivare un movimento d' opinione, che senso avrebbe se poi le firme non venissero raccolte tra la gente nelle piazze? Ecco perciò, automatica, una controspinta da parte di certi ambienti del Centrodestra: «Che interesse avremmo, a questo punto, di puntare al traguardo dei 40 voti? Per consentire ai referendari di raccogliere 36 mila firme non potremmo fissare la consultazione popolare prima di novembre, e così il Centrosinistra avrebbe il vantaggio di affrontare le «regionali» della primavera successiva sulla cresta dell'onda referendaria. Invece - così ragiona per esempio il cicidì Bruno Marini - approvando la legge con meno di 40 voti costringeremmo i consiglieri d' opposizione a formulare immediatamente le prescritte 12 richieste, sì da indire il referendum prima possibile, intervallandolo di molti mesi rispetto alla vera e propria scadenza elettorale».
La legge verrebbe approvata con 40 voti qualora ai 36 del Centrodestra si aggiungessero quelli di Roberto De Gioia - il socialista triestino sempre più vicino a Forza Italia - e dell'autonomista friulano Giorgio Pozzo, nonché dei due consiglieri di Rifondazione. Infatti il comunista Roberto Antonaz lascia tuttora aperto uno spiraglio, dichiarando: «Una legge più proporzionalista e meno presidenzialista del "Tatarellum" che scatterebbe qualora essa venisse abrogata da un referendum, ci vedrebbe tanto più favorevoli se fosse maggiormente contenuto il premio di maggioranza e se venisse ridotta al 4 per cento la soglia di sbarramento». Ma potrebbero risultare assensi addirittura sgraditi, se la maggioranza giocasse infine al ribasso pur di smussare l'arma referendaria del Centrosinistra...
Il battagliero segretario regionale della Lega, Beppino Zoppolato, non ha dubbi: «Sapremo difendere la nostra legge anche nelle piazze, sapremo convincere la gente». Ma in vista della ripresa dell'esame in aula, da martedì a giovedì, Isidoro Gottardo (Cpr) considera con amarezza: «Si trattava soprattutto di evitare il presidenzialismo esasperato del " Tatarellum", e invece stiamo facendo una legge che serve solo a tenere insieme la maggioranza e che di fronte a un referendum abrogativo rischierà di non essere difesa da nessuno. Un'esercitazione muscolare che, grazie al ricatto antipresidenzialista della Lega, ci porterà diritto a quello che si doveva assolutamente evitare: quel "Tatarellum" che dando ai presidenti regionali lo stesso strapotere dei sindaci sembra fatto su misura, e perciò sostenuto da buona parte dei Ds, per l'onorevole Illy».
Giorgio Pison