Il Piccolo 26-01-2002
Nel Centrodestra c'è pure chi punta, senza confessarlo, a far bocciare in aula la bozza attuale per andare al voto nel 2003 con il «Tatarellum»
TRIESTE - Non c'è di mezzo solo il braccio di ferro con Forza Italia sulle nomine, e in particolare sui vertici di Promotour e Agemont, a far inviperire la Lega. Oggetto di una verifica di maggioranza - già fissata per lunedì a Udine in coincidenza con una seduta della giunta regionale - sarà anche la tenuta delle intese sulla riforma elettorale. Già all'indomani del varo in commissione del testo proposto dal Centrodestra si sono infatti moltiplicati in seno alla maggioranza vari segnali che al Carroccio - il quale era partito col reclamare un sistema proporzionale puro per inghiottire infine una formula assai simile a un bipolarismo presidenzialista - sono stati avvertiti come altrettante stilettate.
Vedi le aperture ai Ds del capogruppo forzista Aldo Ariis («Per noi non è un dogma l'elezione a presidente del capolista del "listino" proposto dalla coalizione vincente») e l'opzione del coordinatore pordenonese degli azzurri, Michelangelo Agrusti, addirittura per la norma transitoria che imporrebbe anche qui, come nelle altre regioni, l'elezione diretta del presidente da parte dei cittadini.
È un'eventualità, quest'ultima, ufficialmente respinta dai partiti della maggioranza, convinti che il Consiglio regionale sarà comunque in grado di approvare una legge che scongiuri l'automatico scatto della norma a suo tempo concordata in Parlamento fra Ds e An. Se anche il Centrodestra entrerà nell'ordine d'idee di cavalcare lo stesso referendum al quale minaccia di ricorrere il Centrosinistra allora esso approverà, con qualche lieve aggiustamento, il testo licenziato in sede di commissione. E ciò vuol dire che sul referendum si scatenerà di fatto una durissima battaglia elettorale anticipata, una sorta di «primarie» in vista delle «regionali» del giugno 2003.
Se invece la maggioranza deciderà di evitare l'incognita del referendum, in questo caso essa tenterà di tagliare le unghie in particolare ai Ds, scegliendo senz'altro l'elezione diretta secondo la formula di un presidenzialismo «moderato» già suggerito dallo stesso Renzo Travanut a correzione della norma nazionale. Dietro le quinte, dunque, da qui al 12 febbraio (data di approdo della legge in aula) da Fi, Ccd e Cpr verrà sicuramente ricercata, anche trasversalmente, un'intesa la più ampia che disinneschi soprattutto la mina del referendum: pur di farne uno strumento di traino per la candidatura a presidente di Riccardo Illy, il Centrosinistra potrebbe impugnare ugualmente l'arma referendaria, ma non potrebbe più protestare che qui i cittadini vengono scippati della scelta diretta, quale vige dappertutto, del presidente. Nel Centrodesta molti puntano intanto a una soluzione mediana fra un presidenzialismo esasperato alla Illy e un proporzionale puro leghista. Ma altrettanti tramano, inconfessatamente, per far fallire in ogni caso la legge regionale sì da far così scattare la norma transitoria parlamentare, che consiste in quel «Tatarellum» che fra l'altro prevede un listino maggioritario di dodici candidati: è a esso che guardano tutti quelli che ambirebbero a esservi inclusi ritenendo assai problematica una propria elezione diretta.
Da qui all'aula, cioè nel giro di un paio di settimane, si svilupperanno perciò, su vari piani, intensi approcci, sondaggi e contatti, anche sotterranei. Gli scogli da superare per un'eventuale intesa fra i «centristi» del Polo e l'Ulivo sono rappresentati dal veto di An per norme che garantiscano una rappresentanza alla minoranza slovena e da quello della Lega per l'elezione diretta dal presidente; ma infine gli stessi Ds potrebbero sottrarvisi pur di adire a un referendum popolare cavalcato da Illy.
Così la maggioranza, o almeno una sua buona parte, si ritiene al momento «condannata» a rieleborare in aula una legge, per così dire, con chi ci sta, avendo cura di smontarne gli spunti demagogici. Perché - se Ettore Romoli (Fi) e Isidoro Gottardo (Cpr) si dichiarano pronti a difendere in piazza la «propria» legge - in realtà dal Centrodestra traspare una fifa blu per un referendum popolare che faccia da traino alla campagna di Illy per le «regionali».
Giorgio Pison