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Il Piccolo 20-09-2001

Ruggiero: mi meraviglia la reazione di Rupel

Il nuovo volto del contenzioso sui beni abbandonati. L'opzione croata e le impressioni a Bruxelles

ROMA «La richiesta sul rispetto del principio europeo di non discriminazione è stata una richiesta centrale dell'incontro italo-sloveno di Lubiana e il ministro Rupel non si è affatto dichiarato sorpreso, ha preso buona nota, replicando che la Slovenia si sta uniformando agli standard normativi comunitari». Così il portavoce del ministro degli Esteri, Renato Ruggiero commenta le dichiarazioni del capo della diplomazia slovena. Ma al di là delle esternazioni e delle repliche la nebbia inizia a diradarsi. Ma ci è voluta la «strigliata» telematica del ministro degli Esteri sloveno, Dimitrij Rupel per muovere l'aria e fare in modo che finalmente il contenzioso tra Roma e Lubiana mostri i suoi reali contorni. Un punto resta fermo: l'Italia non vuole riaprire il tema dei beni abbandonati. Ma...Sì c'è un «ma» che si collega alla legge di denazionalizzazione slovena. La Farnesina chiede che a goderne possano essere anche gli italiani che vissero in Jugoslavia e i cui beni furono ovviamente confiscati dal regime titino come quelli degli altri sloveni.

Lubiana però si oppone e replica: «Gli italiani vivevano nella zona B che divenne territorio jugoslavo a tutti gli effetti solo con il trattato di Osimo (1975). E qui Roma chiede uno sforzo agli sloveni. «È un problema di lana caprina - dicono fonti al nostro ministero degli Esteri - noi chiediamo che il diritto sia esteso agli italiani lì ove materialmente ancora possibile, dove cioè c'è ancora un immobile di proprietà pubblica che possa essere restituito. La disponibilità di questo eventuale bene poi la stabilisce il governo sloveno non il mercato. Insomma i beni che eventualmente potrebbero essere restituiti sono rari. «E poi - dicono alla Farnesina - bisognerà vedere quante effettive domande ci sarebbero da parte italiana, fermo restando - ripetono - che è Lubiana a decidere come e che cosa denazionalizzare». Di quanto non potrebbe essere reso si farà carico l'Italia con un equo indennizzo. E anche gli esuli sono pienamente daccordo su questa linea operativa».

Ma quel che appare significativo in questa fase è che lo stesso sarà l'approccio diplomatico che la Farnesina avrà, sul medesimo tema, con la controparte croata. A tale proposito già la prossima settimana il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione allaccierà i primi rapporti ufficiali con Zagabria. Zagabria che sulla denazionalizzazione deve ancora decidere, nel senso che la legge è stata rinviata al Parlamento dalla Corte costituzionale. E al Sabor proprio il deputato della minorazna italiana, Furio Radin si prepara a presentare un progetto di legge in base al quale si potrebbero cedere proprio agli italiani alcuni nuclei abitativi dell'Istria oggi praticamente deserti e in rovina. Di contro l'Italia avvierebbe una sorta di joint venture con le associazioni degli esuli per rilevare detti paesini e rivitalizzarli, socialmente ed economicamente anche con l'appoggio finanziario di alcuni programmi europei.

E se Zagabria dovesse essere d'accordo la Slovenia, fanno capire a Roma, si troverebbe con le spalle al muro, nel senso che proprio in chiave europea non farebbe una gran bella figura. Intanto il sottosegretario Antonione si è sentito in queste ore con il suo «collega» sloveno, Iztok Simoniti. «Abbiamo parlato - spiega Antonione - anche se non voglio commentare le dichiarazioni telematiche del ministro Rupel. Mi auguro che quella slovena sia una posizione dinamica». Sulla scorretta prassi diplomatica usata dal ministro Ruggiero per porre i temi connessi alla denazionalizzazione slovena Antonione glissa. «Non era nostra intenzione - spiega il sottosegretario - seguire una prassi diplomatica discutibile. Solo che attorno a questo tema c'è troppa animosità, troppa attenzione, quindi abbiamo preferito parlarne a quattr'occhi fuori dal palazzo». Certo la Slovenia deve metabolizzare le nostre posizioni, per questo dobbiamo lasciare il tempo a Lubiana di riflettere, anche se mi auguro che tutto si possa risolvere positivamente.

Perché un punto resta fermo - conclude Antonione - l'Italia offre tutto il suo appoggio all'ingresso della Slovenia nell'Ue e nella Nato». «È ovvio che siamo soddisfatti per l'appoggio italiano al nostro allineamento euroatlantico - replicano fonti diplomatiche slovene - ma tutte le altre questioni sono chiuse. La denazionalizzazione è fuori dal cosiddetto "acquis comunitario" (i capisaldi normativi europei). Noi rispettiamo e rispetteremo tutti gli standard normativi europei perché nell'Europa ci vogliamo entrare. Il prima possibile. È questo è praticamente una sorta di dogma politico. È vero quel che dice il ministro Rupel quando afferma che siamo "più europei degli europei". Un esempio? La Polonia, anch'essa candidata all'ingresso nell'Ue, ha chiesto una moratoria di 18 anni, e ripeto, 18 anni, sulla libertà di accesso agli altri cittadini comunitari al suo mercato immobiliare. La Cechia ne ha chiesti 10. Noi, invece, liberalizzeremo il mercato immobiliare dal giorno stesso in cui diverremo una stella d'Europa». E l'ostinazione italiana sul tema dei beni con la nuova opzione legata alla denazionalizzazione? «Beh - dicono a Lubiana - la politica estera altro non è se non il prolungamento di quella interna. Quindi è chiaro che qualche cosa alla destra il governo italiano deve pur concederlo».

Su tutto e su tutti però si erge, ovviamente, l'autorità europea di Bruxelles. E qui, fonti della Commissione spiegano come il tema della denazionalizzazione in effetti non faccia parte dell'«acquis comunitario», ma precisano è altresì vero che anche temi che non sono presenti nell'«acquis», ma fanno però parte della cultura giuridica europea vanno rispettati. Sul tema della denazionalizzazione nessun rilievo negativo è stato mosso alla Slovenia. Restituire a chi è stato tolto, ripetono, non fa tecnicamente parte dei capisaldi legislativi comunitari, anche perché se si dovessero sollevare tutti i contenziosi relativi a questo tema che potrebbero nascere tra Cechia e Germania, tra Polonia e Germania, solo per fare un esempio, non se ne verrebbe più fuori. Bruxelles poi precisa come anche le questioni bilaterali siano estranee all'«acquis comunitario». Sul problema resta vago l'europarlamentare Demetrio Volcic, relatore dell'adesione della Slovenia all'Ue a Strasburgo.

«Non conosco i termini esatti del contendere - dice - ma in linea generale posso aggiungere che quando la Slovenia aderirà all'Unione ogni frizione cadrà perché Lubiana dovrà uniformarsi allo spirito comunitario». L'Italia, dunque, a livello europeo avrebbe scarse possibilità di manovra. Soprattutto se si inquadra l'intera questione più a livello politico che strettamente tecnico-giuridico. L'ultima freccia al suo arco sarebbe quella di porre il veto (visto che il trattato di Nizza non è stato ancora ratificato vale sempre il principio dell'unanimità) alla Slovenia al momento del suo ingresso nell'Ue. Ma qui siamo di fronte a un caso estremo, perchè così facendo si creerebbero pericolose fratture politiche e nascerebbero altrettanto deleterei schieramenti europei contrapposti che non costituirebbero il viatico ideale dell'allargamento a Est.

Mauro Manzin