Il Piccolo 22-09-2001
Mentre a New York gli esuli emigrati in America continuano la battaglia
BRUXELLES - Se il voto di An all'Europarlamento contro l'adesione della Slovenia all'Ue è stato «un errore», come lo ha definito lo stesso vice premier Gianfranco Fini, evidentemente a Bruxelles nessuno deve aver detto nulla. Perché il capogruppo Cristiana Muscardini è tornata all'attacco. Stavolta rivolgendo un'interrogazione al Commissario per l'allargamento Günter Verheugen. An chiede al «governo» Ue se non ritenga opportuno risolvere il problema storico della restituzione dei beni agli esuli italiani del dopoguerra e far capire ai Paesi che aspirano a diventare membri dell'Unione che si devono adeguare a valori e libertà quali il diritto alla proprietà, violato in passato da regimi dittatoriali e se non ritenga di dover aiutare coloro i quali proprio per il venir meno anche di queste libertà furono costretti ad abbandonare le proprie case.
Pronta la risposta di Verheugen, il quale spiega come proprio in base all'accordo di associazione della Slovenia all'Ue i cittadini comunitari che abbiano riseduto per almeno tre anni nel territorio sloveno abbiano il diritto, ove sia rispettato il principio della reciprocità, fin da ora di acquistare beni immobili in quel Paese. La Commissione, dice Verheugen, vigila sull'adempimento di tali diritti che costituiscono il completamento del processo di denazionalizzazione che Lubiana sta attuando nei confronti dei beni che furono confiscati ai tempi dell'ex Jugoslavia di Tito.
Gli europei potranno acquistare liberamente beni anche in Croazia, precisa il Commissario sollecitato dall'eurodeputata italiana, alla fine del periodo di 4 anni di moratoria stabilito dal Patto di stabilizzazzione e associazione all'Ue. Dunque, ancora una volta, Bruxelles non muove rilievi al processo di denazionalizzazione sloveno che, secondo il ministero degli Esteri italiano, invece, sarebbe discriminatorio, quindi contrario allo spirito europeo, in quanto non permette la restituzione dei beni confiscati anche agli italiani, proprio perché italiani e non cittadini sloveni.
E mentre c'è gran fermento tra i canali diplomatici croati dopo le anticipazioni sulla linea che la Farnesina terrà nei confronti di Zagabria proprio sul tema dei beni abbandonati, collegandolo anche qui ai temi della denazionalizzazione, si risveglia anche lo «Zio Sam». Nel senso che da New York, l'avvocato Giovanni De Pierro, il legale degli esuli giuliano-dalmati emigrati fino negli Stati Uniti, fa risuonare alto il grido di battaglia. Con pragmatismo tipico nordamericano De Pierro non ha dubbi: «L'Italia deve avere il coraggio di dire apertamente che la restituzione dei beni è il pedaggio che la Slovenia deve pagare per il suo ingresso nell'Ue e nella Nato. È ora che il governo la smetta di girare attorno al problema e metta chiaramente le carte in tavola». Il legale, che è un esperto di diritto internazionale, dal suo studio nel New Jersey prepara la strategia per i prossimi giorni. «Che saranno giorni importanti - dice - perché stiamo predisponendo tutta una serie di manifestazioni per far sentire il nostro problema e la nostra rabbia».
E non è escluso che la protesta sia mirata non solo contro le rappresentanze diplomatiche di Slovenia e Croazia, ma anche contro quella italiana, visto che a Roma si imputa di non voler rispettare gli impegni presi. E così De Pierro ricorda le promesse fatte un anno fa a New York da Enrico La Loggia (Fi), il quale disse che Forza Italia «non dimentica gli esuli». «Adesso - dice il legale - che sono al governo devono dimostrarlo».
Dichiaratamente apartitico De Pierro ricorda che l'attività di «lobbing» negli Usa continua. Con democratici e repubblicani. E annuncia che un influente membro di una commissione governativa che si occupa di relazioni con l'estero (quando gli si chiede il nome si trincera però dietro il segreto professionale) ha scritto di recente una lettera a Berlusconi e al ministro Ruggiero proprio sul tema della restituzione dei beni. Insomma un'azione a 360 gradi. Ma quando gli si chiede se la Slovenia è inadempiente in tema di denazionalizzazione per quanto concerne le norme comunitarie, l'avvocato risponde di no e «proprio per questo - insiste - che l'Italia deve ricorrere all'arma del veto, uno strumento - aggiunge - che gli stessi padri fondatori dell'Europa hanno creato per permettere la soluzione di conflitti bilaterali».
Al di là di tutto, poi, resta però un fatto di «realpolitik». L'Italia ha la forza politica e l'interesse ad andare contro il Trattato di Nizza in cui i Quindici hanno sancito la piena volontà di realizzare l'ampliamento a Est dell'Unione? Secondo De Pierro la questione degli esuli è una questione di difesa di diritti e di libertà che deve andare oltre gli interessi economici comunitari. Ma l'allargamento dell'Ue va ben al di là degli interessi economici, esso è principalmente una sorta di scommessa geopolitica quasi imposta all'Europa dopo il crollo del muro di Berlino.
Certo la sensibilità americana non può coincidere con quella europea su questi temi. Ma De Pierro non molla. E ricordando che prima o poi si giungerà al voto degli italiani all'estero butta sul piatto i 35 mila voti dei nostri esuli che vivono tra Usa e Canada. A cui, ricorda, si sentono molto vicini tutti gli italiani d'America. Insomma la battaglia per i beni adesso si combatte su un fronte trans-oceanico.
Mauro Manzin