Il Messaggero Veneto 29-01-2002
L'ex sindaco di Trieste spiega a che condizioni sarebbe disponibile a scendere in lizza
TRIESTE - «Non ho mai affermato di aderire a un eventuale referendum. Ripeto, invece, che la scelta presidenzialista riaprirebbe la porta. Ma da qui a dire che io sarei pronto a candidarmi ce ne corre. Insomma, non sono certo io a porre condizioni. Voglio soltanto sottolineare che la nostra Regione ha bisogno di una legge elettorale vera, seria, che parta dal presupposto che dev'essere rivolta agli elettori e non ai desideri consiglieri regionali». Riccardo Illy, allunga la sua ombra sul dibattito politico in corso. Un'ombra ritenuta ingombrante per larghi settori della Casa delle libertà.
Onorevole Illy, un'eventuale scelta presidenzialista spalancherebbe le porte a una sua candidatura per la poltronissima della Regione?
«E' assolutamente prematuro dirlo. Il dibattito è ancora in corso e i suoi contenuti non sono ancora chiari. E si tratta sicuramente di un dibattito monco, un dibattito tutto interno agli eletti della Regione. Un dibattito che esclude i diretti interessati».
Cosa vuole dire con questo?
Che la discussione sulla legge elettorale esclude, e credo sia sotto gli occhi di tutti, gli elettori, vale a dire i veri destinatari del futuro provvedimento. E questa è una cosa grave».
E perché esclude gli elettori?
«Perché mi pare che tutti siano molto presi dalla garanzia della propria poltrona o, tutt'al più, dagli equilibri interni al partito di appartenenza oppure dalla coalizione. E in tutto questo i cittadini c'entrano poco o nulla».
Lei, oltre al presidenzialismo, che cosa propone?
«Una legge elettorale vera che garantisca sia la governabilità sia la qualità dello stesso governo per sfruttare in modo positivo le peculiarità della nostra Regione».
A quali peculiarità si riferisce?
«La prima, ed è anche la principale, concerne la riforma dell'ordinamento degli enti locali. La Regione poteva metterci mano fin dal 1997. Bene, siamo arrivati al quinto anno senza alcun risultato».
Secondo lei da che cosa è motivato questo ritardo?
«Dall'incapacità delle forze politiche che in questi anni hanno governato la Regione di realizzare un seria riforma. Non va dimenticato che la modifica costituzioonale rafforza questi poteri della Regione e indica che molte attività amministrartive vanno attribuite agli enti locali».
Se le forze politiche avessero agito come lei suggerisce cosa sarebbe successo?
«Che nella nostra regione si sarebbe attuato un vero modello di federalismo. E la legge elettorale, in questo contesto, non è assolutamente secondaria, anzi. E proprio per questo serve una buona legge».
La sua è una critica spietata all'attuale classe dirigente regionale. Non salva nessuno?
«Purtropo quando parliamo di coalizioni, di giunta, di maggioranze, le singole persone di spessore, che pure ci sono anche in Regione, non riescono ad emergere e a esprimere la propria potenzialità».
Torniamo al presidenzialismo? Le chiedo ancora se è disposto a correre nel caso la soluzione fosse questa.
«Ricordo che Travanut mi disse che doveveo essere disponibile a gettarmi in mischia a prescindere dalla legge elettorale che sarà partorita. Gli ricordo che mi sono già messo a disposizione candidandomi alle politiche. Ma nel caso della legge elettorale, il veto vero arriva dagli elttori».
In che senso?
«Nel senso che se non ci sarà l'elezione diretta non credo che i cittadini potranno esprimere un apprezzamento differenziato sui vari candidati».
Insomma, il presidenzialismo riconosce il valore aggiunto dei candidati?
«Certo, o meglio, una differenziazione su cui gli elttori possono decidere».
D.Pe.