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Il Messaggero Veneto 04-02-2002

Bocciato il presidenzialismo di An

Il portavoce di Tondo: resta l'indicazione del presidente. Zoppolato: Ciani parlava per sé

di STEFANO POLZOT

UDINE - Come Garibaldi a Teano, i presidenzialisti in Forza Italia saranno chiamati, questo pomeriggio, nel corso della riunione del coordinamento regionale del movimento, ad esclamare, a denti stretti, "obbedisco". La ragion di partito vale di più, in casa degli "azzurri", rispetto allo spauracchio di un referendum che potrebbe mettere in minoranza la Casa delle libertà. Così, sulla nuova legge elettorale per il Friuli-Venezia Giulia, il partito delle colombe, che include il presidente, Renzo Tondo, e il coordinatore provinciale pordenonese, Michelangelo Agrusti, dovrà scegliere se accettare la linea imposta da Ferruccio Saro. Alessandro Colautti, portavoce di Tondo, è convinto che alla fine sarà trovata una sintesi rispetto alle posizioni differenziate attuali. «I margini di manovra ci sono - sostiene - per individuare un testo di legge che assicuri la governabilità senza sposare in maniera diretta il presidenzialismo».

Sicuro del superamento delle resistenze forziste, il segretario della Lega nord Friuli, Beppino Zoppolato, il quale, riconfermando l'asse con Saro, bacchetta l'assessore regionale, Paolo Ciani, il quale aveva manifestato aperto disagio per l'abbandono dell'indicazione diretta del leader. «Le sue - attacca - sono dichiarazioni personali, rilasciate in un momento di disorientamento. Probabilmente, Ciani risente delle vicende relative alla cartiera di Tolmezzo che gli hanno fatto perdere il senso della realtà politica. Si preoccupi, quindi, di fare l'assessore, che ha tante cose di cui occuparsi, e lasci ai dirigenti del suo partito indicare la linea, peraltro condivisa dall'intera Casa delle libertà».

Zoppolato si dice disponibile a concordare alcune modifiche, in particolare la riduzione della soglia di sbarramento, individuata nel 5 per cento, per l'accesso in consiglio regionale, ma anche l'abbassamento del quorum del 40 per cento per l'assegnazione del premio di maggioranza. In discussione anche la tutela elettorale della minoranza slovena e il rafforzamento della norma anti-ribaltone. Proprio le prime tre questioni sono considerate essenziali, anche da parte del Centro popolare riformatore, per raggiungere la necessaria intesa. In aggiunta si pone il problema posto dal Ccd, ovvero l'inclusione o meno dei voti dei partiti della stessa coalizione che non riescono, per problemi di quorum, ad entrare in consiglio, nel calcolo dei consensi necessari a far scattare il premio di maggioranza.

Garantire le minoranze e ridurre la soglia di sbarramento consentirebbe di aprire un dialogo con Rifondazione comunista e della Margherita, una strada che, all'interno del centro-destra, si sta perseguendo, al fine di far raggiungere, alla riforma in chiave proporzionalista, un consenso maggiore dei 36 voti a disposizione, in grado di limitare l'impatto del referendum.

Ma prima An e quindi il Cpr, questi ultimi con una lettera, hanno chiesto che la riforma elettorale si accompagni ad un consolidamento dell'alleanza politica. In prima battuta, infatti, il timore è che la Lega possa giocare su due tavoli, ratificando la riforma elettorale con il centro-destra e quindi accordandosi, in sede di collegato alla Finanziaria, con il centro-sinistra e la Margherita, in maniera particolare, per far passare il terzo mandato per i sindaci, norma cara all'Ulivo e al Carroccio. Sta di fatto che quanto succede in maggioranza viene visto con sconcerto dall'opposizione e Alessandro Tesini, capogruppo diessino in consiglio regionale, mutuando uno slogan della Rai, esordisce affermando che, all'interno della Casa delle libertà, c'è «di tutto e di più. Difficile capire - tuona Tesini - da che parte stia la propaganda rispetto alla sostanza politica. In realtà, le forze del centro-destra si sono rese conto di aver partorito un mostriciattolo, nelle sembianze di una riforma che non coniuga la governabilità con il proporzionalismo, andando contro la volontà degli elettori e la giurisprudenza. Stanno emergendo profonde contraddizioni che sono destinate, in aula, ad esplodere. La possibilità di una disarticolazione del centro-destra, in sostanza, è molto elevata». Uno scenario che, ovviamente, non dispiace all'Ulivo.