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Il Messaggero Veneto 19-05-2002

Parla il "re delle merendine" di Coseano, l'imprenditore che piú di tutti ha investito nell'occupazione femminile

Gusparo: la piccola impresa fa da sé

L'industriale dolciario: finora abbiamo contato solo sulle nostre forze e non ci facciamo illusioni

UDINE - «Siamo un'azienda di medie dimensioni a connotazione artigianale, un'imbarcazione (per usare un linguaggio figurato) che naviga in mare aperto e che deve confrontarsi con corazzate che hanno dalla loro milioni di euro di fatturato e dispendiosissime campagne pubblicitarie a copertura totale. Nonostante la pressante concorrenza siamo presenti con il nostro marchio nelle principali organizzazioni di commercio all'ingrosso e al dettaglio, ove ci siamo ritagliati una nicchia che, a piccoli passi, riusciamo ad ampliare di anno in anno.

Il segreto? La qualità dei nostri prodotti, la tempestività delle consegne (anche a otto giorni dall'ordine), ma soprattutto la flessibilità delle nostre linee produttive, grazie alla quale siamo in grado di soddisfare anche le più ricercate esigenze del committente, laddove i grossi gruppi non potrebbero mai arrivare. In virtù di queste caratteristiche, riusciamo a integrare le vendite interne con un'ottima penetrazione nei principali Paesi europei. Siamo orgogliosi di poter dire che, con il nostro 40 per cento di esportazioni (contro una media di settore inferiore al 30), deteniamo un piccolo record e diamo un piccolissimo ma significativo apporto all'attivo della bilancia commerciale nazionale».

Chi parla è Guerrino Gusparo, presidente della Forneria Gusparo spa di Coseano, artefice, quasi trent'anni fa, di una coraggiosa iniziativa imprenditoriale che, da panettiere di lunga tradizione familiare a Fagagna, lo portò a «inventarsi» prima artigiano e poi industriale dolciario. Oggi l'azienda, ubicata nel verde della campagna del Friuli centrale, all'interno del comprensorio agro-alimentare di San Daniele, nella zona attrezzata che si affaccia sulla statale Udine-Spilimbergo, occupa una superficie di quasi 40 mila metri quadrati, di cui oltre 15 mila coperti, impiega una settantina di dipendenti e produce, su 5 linee produttive, 7 mila tonnellate l'anno di confezioni (6 mila di prodotti dolciari da forno a base di pandispagna e mille di prodotti a lievitazione naturale), con un fatturato di circa 15 milioni di euro, di cui il 40% destinati oltre confine, in prevalenza Germania, Svizzera, Spagna, Austria e Russia. Nel Consiglio d'amministrazione siedono, oltre al presidente, i due figli Andrea, amministratore delegato, e Francesca, responsabile amministrativa.

Presidente Gusparo: da fornaio a industriale dolciario in una zona che non vanta tradizioni del genere. Qual è stata la molla che ha determinato il salto di qualità? Il "genius loci", la caparbia laboriosità friulana o altro?

«La voglia di fare, l'orgoglio di mettermi alla prova, il desiderio di proporre al mercato qualcosa d'innovativo. Sono stato il primo in regione ad avviare un'attività dolciaria, avendo percepito (era la metà degli anni Settanta) che la domanda di tali prodotti era in ascesa e che il bacino di assorbimento era ampio e lasciava spazio anche a realtà di piccole dimensioni. Abbiamo edificato il primo stabilimento in sette mesi ed il collaudo degli impianti è avvenuto proprio nei giorni successivi al terremoto del 6 maggio 1976. La caparbia volontà di quei giorni, quale reazione al drammatico evento, mi ha accompagnato nel cammino di crescita e mi sostiene tuttora, nonostante abbia varcato da tempo l'età della pensione».

Dando lavoro a una settantina di dipendenti (tra cui parecchie donne) la Gusparo ha portato redditi e benessere in un'area prettamente agricola, ha evitato il suo spopolamento ed ha creato occupazione femminile, assolvendo indirettamente ad una funzione di emancipazione sociale. In cambio di ciò ha goduto di benefici o di agevolazioni all'atto dell'insediamento o in epoche successive?

«Il discorso sulla funzione sociale svolta dall'azienda vale per il primo decennio d'attività, quando la disoccupazione era diffusa e la nostra era l'unica azienda della zona, assieme alla Detas che però utilizzava solo maschi. Oggi si verifica il fenomeno inverso, ovvero la difficoltà di reperire manodopera, anche per la presenza di attività (vedi la vicina Sàfilo) che assorbono prevalentemente personale femminile. Le contropartite sono state modeste: l'appoggio dell'Amministrazione comunale nelle pratiche di esproprio dei terreni (pagati invero a valori contenuti) e l'accesso ai finanziamenti del Mediocredito per l'edificazione dello stabilimento. A parte ciò, abbiamo messo in cammino l'azienda unicamente con le nostre forze».

La zona artigianale di Coseano è adeguatamente attrezzata per far fronte alle esigenze delle imprese in essa insediate?

«Quando gli insediamenti si contavano sulle dita di una mano abbiamo sentito la mancanza di infrastrutture, ma negli anni successivi i collegamenti viari, anche grazie alla felice ubicazione a ridosso della statale, sono stati ampliati e resi del tutto funzionali. Oggi siamo ben serviti. Avvertiamo invece la mancanza di un raccordo ferroviario da cui derivano, oltre a problemi nella tempestività delle consegne, aggravi di costi per il trasferimento dei vagoni con camion dalla sede aziendale alla stazione di Udine».

Il distretto agro-alimentare di San Daniele, in cui rientra anche Coseano, ha supportato gli investimenti innovativi e le iniziative di crescita degli imprenditori che ne fanno parte? In altre parole ha dato qualche segnale tangibile della sua presenza?

«E' nato da poco, ma finora non ha dato segni di vita. Confidiamo innanzitutto nella tempestiva certificazione del territorio, a sostegno dell'immagine delle produzioni in esso inserite. Sarebbe utile inoltre un disciplinare riguardante le produzioni agricole, per tutelare l'ambiente e per assicurare la compatibilità delle coltivazioni con la presenza, entro lo stesso compendio, di varie industrie alimentari con lavorazioni soggette a severi parametri qualitativi. Pure la creazione di un bollino o marchio d'identità (tipo: "merendine prodotte in zona a tutela ambientale") rappresenterebbe un ottimo veicolo per la commercializzazione delle nostre confezioni».

Il settore dolciario è sottoposto a concorrenza spietata ed è oggetto di concentrazioni sempre più massicce. Come riesce a sopravvivere un'azienda di piccole o medie dimensioni? Ritiene utile l'avvio, da parte della Regione, di progetti integrati volti a valorizzare l'industria agro-alimentare del Distretto collinare?

«Sul mercato interno la lotta è spietata, i margini sono sempre più ristretti e i pagamenti sempre più dilazionati. Vanno meglio le vendite all'estero, grazie anche alla copertura SIAC. Riusciamo a preservare il nostro "Lebensraum" (spazio vitale) grazie al costante monitoraggio dei costi, alla flessibilità nell'utilizzo delle cinque linee di lavoro che sfornano le due tipologie di prodotti, alla ricerca dei migliori ingredienti, alla qualità del bene finito, alla tempestività delle consegne, alla fidelizzazione del cliente grazie al buon nome acquisito in tanti anni di lavoro. Trascuriamo volutamente i prodotti "di ricorrenza" (colombe e panettoni), per difficoltà produttive e di reperimento di manodopera stagionale, concentrandoci su quelli che si vendono tutto l'anno. Il Distretto potrebbe intervenire a supporto della fase di commercializzazione, con campagne mirate sul consumatore e sull'identificazione del prodotto con il comprensorio collinare».

Ritiene quindi che la tutela ambientale dell'area morenica, in particolare delle peculiarità del comprensorio di San Daniele, possa avere ricadute positive sull'immagine delle aziende ivi insediate, sui parametri qualitativi delle loro produzioni e sul livello di gradimento dei consumatori?

«Indubbiamente. Il buon nome di cui gode San Daniele dovrebbe essere sfruttato e "spalmato" sulle aziende dell'intero comparto che, di riflesso, vedrebbero migliorata la loro immagine. Anche la sottolineatura delle severe verifiche sanitarie sul prodotto e delle continue analisi di laboratorio sugli ingredienti gioverebbe ad accrescere il grado di affidabilità e di tutela del consumatore».

Quale futuro immagina per l'industria agro-alimentare del Sandanielese? Ritiene che l'iniziativa privata debba contare solo sulle proprie forze o essere invece supportata, specie nei momenti di bassa congiuntura, da specifiche politiche di sostegno, tipo studi e analisi dei mercati, dotazione di infrastrutture, consorzi per l'acquisto di energia elettrica, programmi di ricerca in collaborazione con la locale università, corsi di qualificazione della manodopera?

«Per quanto riguarda l'energia facciamo già parte, in quanto consumatori di oltre un milione di Chilowatt annui, del Consorzio Friuli Energia, traendone beneficio. Ben vengano invece, da parte della Regione, studi di settore, analisi di mercato, ricerche sulle materie prime, e soprattutto corsi di formazione per operai specializzati (come i fornai addetti alla pasta lievitata), manutentori, elettricisti e meccanici con conoscenze informatiche, di cui c'è penuria. Ma non ci facciamo illusioni. Fino ad oggi abbiamo contato unicamente sulle nostre forze, migliorando i processi, facendo crescere dall'interno le varie figure professionali, rafforzando il rapporto fiduciario con i clienti. Penso che sarà così anche per il futuro».

Abbondio Bevilacqua