MERCATO DEL LAVORO

Contesto normativo

Il 5 febbraio 2003 il Parlamento ha approvato la legge delega 30/2003 in materia di occupazione e di mercato del lavoro (Legge Biagi). Il 24 ottobre 2003 è entrato in vigore il Decreto legislativo 276/2003.

La Regione Friuli Venezia Giulia ha approvato la L.R. 9 agosto 2005, n° 18, con la quale sono state dettate le "Norme regionali per l'occupazione, la tutela e la qualita' del lavoro".

Ruoli e funzioni

In base alla normativa precitata spettano:

Allo Stato la gestione di strumenti atti alla gestione di un Osservatorio nazionale, la gestione degli strumenti atti alla realizzazione della Borsa Continua Nazionale del Lavoro, quale insieme dei nodi regionali di Borsa, le regolamentazioni espressamente previste (scheda anagrafico-professionale, modello di comunicazione unica, standard di borsa, ecc.)

Alla Regione le funzioni di programmazione, indirizzo, regolamentazione, coordinamento, monitoraggio, controllo e vigilanza nonché le funzioni attinenti ai rapporti internazionali, con l'Unione europea, con lo Stato e con le altre Regioni

Alle Province le funzioni e i compiti in materia di

  • politica attiva del lavoro
  • collocamento, avviamento al lavoro e servizi all'impiego
  • conciliazione delle controversie di lavoro
  • rilascio dei provvedimenti relativi ai procedimenti di ingresso dei lavoratori stranieri previsti dagli articoli 22, 24 e 27 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero), e successive modifiche
  • attuazione, per quanto di competenza, del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione
  • osservazione e monitoraggio del mercato del lavoro locale
  • Le pseudo-criticità

    Vi è una tendenza, a livello nazionale, che spesso si esprime in un rigetto totale della legge Biagi; un superamento delle norme in essa espresse viene ritenuto di primaria importanza, tanto da essere tra i temi più rilevanti della prossima campagna elettorale nazionale. A livello locale viene imputata alla Provincia l'incapacità di gestire i compiti delegati, identificando nell'attività di gestione dell'incontro fra domanda ed offerta di lavoro quella a maggior impatto negativo.

    Le vere criticità

    Non pare opportuno in questa sede approfondire i contenuti della riforma Biagi, anche se, forse, la riforma dovrebbe essere meglio capita e letta dai suoi detrattori; molto spesso, infatti, si evidenziano negatività che non hanno avuto inizio con la riforma (quali la precarizzazione dei rapporti di lavoro), mentre si dimenticano gravi criticità (quali la cessione di un ramo d'azienda). L'apertura del "mercato" della mediazione ai privati è vista come evento pregiudizialmente negativo, ma ad essa va associata la definizione di stato di disoccupazione finalmente collegata con la reale e dimostrata volontà di trovare un lavoro. E così via.

    A livello provinciale - pare fin banale ricordarlo - è difficile parlare di incontro fra domanda e offerta di lavoro quando lo squilibrio fra esse, in momenti di forte crisi economica com'è l'attuale, è così marcato.

    La proposta

    Le politiche attive del lavoro non possono basarsi solamente sull'agevolare l'incontro tra domanda ed offerta, ma vanno analizzati i fenomeni che ne impediscono o rendono difficoltosa la loro realizzazione.

    In primis va riconsiderata la politica dell'incentivazione economica delle assunzioni; se tali incentivi possono indirizzare la scelta di una tipologia di lavoratore a scapito di un'altra, poco o nulla riescono ad incidere ove non ci sia da parte delle Aziende un bisogno di nuove assunzioni. In altre parole non possono essere gli incentivi all'assunzione a creare nuovi posti di lavoro, ma vanno pensate altre azioni. Per la Provincia di Trieste un'opera di agevolazione piuttosto che di incentivazione sembra più utile; e tale opera di agevolazione potrebbe ben essere raggiunta, ad esempio, con la semplificazione delle procedure cui sono costrette le Aziende per i nuovi insediamenti.

    Ovviamente rimangono anche difficoltà di incontro tra domanda e offerta, ma, a ben guardare, tra esse spiccano le difficoltà a trovare proprio la figura professionale richiesta. La risposta non può essere cercata nell'incentivazione, ma, piuttosto, nella capacità di programmare interventi, quali quelli legati alla formazione, che incidono nella qualificazione professionale. Com'è noto - e a differenza di quasi tutto il territorio italiano - la formazione professionale non è materia in alcun modo di competenza provinciale, ma esclusivamente regionale.

    In ultima analisi, e probabilmente con il minor peso sul sistema, anche i servizi offerti dai Centri per l'impiego devono essere adeguati ai nuovi bisogni; ma forse proprio su quest'ultima problematica si è già fatto di più.

    Alessandro Perelli
    Nuovo PSI