Il Piccolo 23-11-2001
Al forum economico si discute sul futuro dei Paesi pronti all'ingresso nell'Ue e sui piani finanziari di sostegno allo sviluppo delle aree ancora arretrate
Commissione europea e Bce: «Nessun allentamento dei parametri di Maastricht»
TRIESTE - Mentre le economie di Eurolandia sono alle prese con una brusca frenata, i Paesi dell'Europa centro-orientale premono alle porte del Vecchio Continente. Ieri a Trieste il forum economico dell'Ince, discutendo di cooperazione e sviluppo per l'allargamento verso Est, ha disegnato così molteplici scenari per una Nuova Europa. Intanto Commissione europea e Bce hanno escluso di essere favorevoli a un allentamento degli obiettivi stabiliti da Mastricht, la gabbia rigida che impone il rispetto degli parametri previsti su debito e inflazione. Una doppia smentita: «Il patto di stabilità non si tocca». Il «caso» è scoppiato dopo un articolo del Financial Times, il quotidiano della City, che ipotizzava un allentamento delle politiche di bilancio dei Paesi di Eurolandia.
Il «nucleo stabile» europeo, Francia e Germania in testa, alle prese con una vistosa frenata dell'economia, si starebbe orientando verso politiche più flessibili. Per affrontare la crisi, hanno ribadito Bce e Commissione europea, i governi non possono rileggere a loro piacimento i parametri di Maastricht. Un'Europa depressa, alle prese con una chiara tendenza recessiva, si trova di fronte alla grande scommessa dell'allargamento, che peserà sul bilancio dell'Ue.
In gioco c'è l'allargamento verso l'Est Europeo che impone, come riportava ieri Le Monde, una unione «più solidale». È una diversa immagine dell'Europa di frontiera ma sicuramente piena di speranza, quella che emerge dal forum economico dell'Ince che si tiene a Trieste. Paesi alle prese con una difficile transizione verso l'economia di mercato. Altri che invece sono vicini all'obiettivo e premono per entrare in Europa. Un altro «patto di stabilità», quello siglato per lo sviluppo dell'area dei Balcani, dopo la fine dellle guerre e dei conflitti nell'ex Jugoslavia, sta rimettendo in moto la macchina dei finanziamenti grazie ai fondi della Bers, la Banca europea degli investimenti, e della World Bank. Al patto, una sorta di «camera di compensazione» in chiave europea, aderiscono Paesi come Romania e Bulgaria (che usufruiscono anche dei fondi Phare), Croazia, Bosnia, Albania. L'Ince, un foro privilegiato di dialogo e cooperazione fra 17 Paesi, assicura un supporto tecnico e informativo, sulla base di una «strategia di solidarietà».
Come spiega Marta Simonetti, analista politica della Bers, i programmi regionali Cards (assistenza comune per la ricostruzione, sviluppo e stabilità) accanto ai programmi Phare sulla cooperazione transfrontaliera, assicurano importanti risorse. Si discute su nuove intese commerciali e di cooperazione siglate fra i Paesi ai confini dell'Unione e nell'area balcanica.
La Croazia ha già siglato l'accordo di associazione e stabilizzazione con l'Unione Europea nel 2001 a Lussemburgo. Per Visnia Samardzija, del ministero croato per l'Integrazione europea, «è un passo storico nel processo di integrazione. Siamo in piena transizione per liberalizzare il commercio e i trasporti, armonizzando il nostro sistema giuridico a quello Ue». Sorgono intanto nuove aree di libero scambio come quella nata dal memorandum d'intesa siglato fra Croazia, Albania, Bosnia, Macedonia, Repubblica di Jugoslavia, Romania e Bulgaria: «La quota maggiore di export croato ‹ afferma Samardzija ‹ pari al 5 per cento è rivolto all'Unione Europea». La Slovenia, in «pole position» per entrare in Eurolandia ma fuori dal Patto perchè non si sente «balcanica», è impegnata in negoziati per la concessione di fondi strutturali anche se ‹come ha ammesso Bojana Omersel, dell'Agenzia governativa per lo sviluppo regionale ‹ «le procedure sono molto complicate». L'obiettivo è quello di rilanciare le infrastrutture del Paese, sviluppare l'economia e attirare nuovi investitori per assecondare l'ingresso nell'euro.
Il patto di stabilità per i Balcani, firmato a Colonia nel giugno del 1999, punta a creare facilitazioni per il commercio (attraverso lettere di credito della Bers), rafforzando il sistema finanziario. Un processo lento e difficile che punta a attirare nuovi investitori in alcune zone un tempo considerate «a rischio». In Bosnia cominciano ad arrivare operatori da Croazia e Slovenia: «I mercati - affermano alla Bers ‹ vogliono un clima favorevole. Queste risorse sono un incentivo alla coesistenza pacifica e ottengono l'obiettivo di accelerare il commercio transfrontaliero. Sostenendo le piccole e medie imprese riusciamo a rivitalizzare la ripresa del settore del credito, dove le banche sono ancora frammentate e polverizzate». Un processo lento ma ormai irreversibile.
Piercarlo Fiumanò