L'eutanasia ed il testamento biologico
L'eutanasia, ovvero la dolce morte è il diritto di morire. Diritto che come tutti i diritti della persona fa capo unicamente al soggetto stesso. Dunque l'eutanasia è tale solo se è la persona stessa ad aver deciso una "morte dolce". L'eutanasia è sempre volontaria. I medici incontrano questo problema molte volte nella loro esistenza. Si tratta di una questione dolorosa per la grande maggioranza della popolazione perché dal punto di vista psicologico è difficile accettare che una vita possa spegnersi. Tuttavia la fine della nostra vita ci riguarda tutti ed è un argomento che non possiamo celare sotto la coltre del perbenismo e, per quanto lancinante, non è più possibile continuare ad ignorarlo.
Come ha scritto bene Luca Goldoni, noi vorremmo avere il diritto di andarcene appena viene il buio, "decidendolo ora, quando la luce è ancora accesa". Dunque l'unico modo è quello di esprimere questa volontà anticipatamente. Questo è il testamento biologico. Una sorta di carta di autodeterminazione o come la chiamano nei paesi anglosassoni "Living Will".
Il problema è che in Italia questi testamenti biologici non hanno ancora valore giuridico ma possono essere presi in considerazione solo attraverso un passaggio deontologico, cioè se i medici ravvisano nei metodi di cura che dovrebbero essere praticati per mantenerci in vita, il carattere di "accanimento terapeutico", di cure inappropriate in quanto il malato è giunto alla fine dell'esistenza e non può guarire. Dunque è un criterio discrezionale che può variare da medico a medico e quindi si ravvisa la necessità di una legge che tuteli l'inalienabile diritto del malato a decidere come morire. Del resto, si tratta in fin di conti di rispettare il desiderio di non subire cure inutili e costose.
L'art. 34 del Codice deontologico dei medici afferma che "il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso". Dunque il testamento biologico serve anche a rimuovere gli ostacoli che si frappongono tra tutti i soggetti coinvolti nella vicenda: il paziente che non può parlare, il medico, i familiari del paziente e a volte anche il giudice che è chiamato a dirimere la questione. Tutti ricordiamo il lacerante caso di Terri Schiavo, la donna che per 15 anni ha vissuto in stato vegetativo ed il cui caso ha diviso l'America. Dopo un lungo e rovente braccio di ferro giuridico e politico, il marito Michael ha ottenuto nel marzo del 2005 l'autorizzazione a rimuovere la sonda che teneva in vita la moglie nonostante il parere contrario dei genitori di Terri.
In Europa ci sono vari stati che hanno dato il riconoscimento al testamento biologico: Belgio, Danimarca, Germania, Olanda. Anche la convenzione di Oviedo che risale al 1996 e che è stata ratificata dal nostro Paese nel 2001, afferma: "I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento, non è in grado d esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione".
Il Comitato nazionale di bioetica ha pure espresso che le direttive anticipate potranno essere scritte su un foglio firmato dall'interessato e non solo i medici dovranno tenerne conto, ma dovranno giustificare per iscritto le azioni che violeranno questa volontà. Dunque come si vede, i tempi sono maturi perché si possa passare al piano giuridico. Il disegno di legge è stato presentato due anni fa in Parlamento ed ha trovato un appoggio trasversale a tutti gli schieramenti.
Dunque il testamento biologico è uno strumento prezioso che punta a rispettare la decisione della persona di non subire trattamenti inutili e penosi.
Trieste 28/01/2006
Walter Mendizza
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