RIGASSIFICATORI: EZIOPATOGENESI DI UNA LESIONE MENTALE
Il 1° luglio si è fatta, a Trieste, una manifestazione organizzata dagli ambientalisti sul molo Audace di fronte a piazza Unità contro i rigassificatori ed il 4 luglio sul nostro quotidiano Il Piccolo, è apparso un articolo scritto da Roberto Morelli dove si evidenziava l'inevitabilità di un referendum: "perché è difficile dar torto ai promotori quando denunciano il «finto dibattito» svoltosi finora, con i principali enti locali e le forze politiche di destra e sinistra a giocare a rimpiattino rinviando di continuo una chiara assunzione di scelta, e nascondendosi ogni volta dietro le procedure sulle procedure. Ben venga il voto, che costringerà tutti a venire allo scoperto". Dunque, siccome non è ancora emerso un sostanziale consenso trasversale sul rigassificatore tra i due poli, si vuole addirittura indire un referendum affinché sia la popolazione a decidere al posto degli esponenti politici e degli organi amministrativi, introducendo così, un principio di conflittualità tra i soggetti pubblici e la cittadinanza.
Ci vorrebbe un rappresentante della psichiatria biologica italiana che ci spieghi perché è diventato di moda cancellare della nostra esistenza il rischio di fare delle scelte. Sì, perché di questo si tratta: le scelte sono parte della nostra esistenza, come il dolore e la gioia; ciononostante si desidera estirpare la necessità di fare scelte, come se fossimo sedotti dall'onnipotenza di anestetizzare la vita. La valenza metaforica è enorme: non fare scelte evita il dolore di sbagliare alimentando l'icona contemplata da parte dell'umanità occidentale verso il mito della perfezione.
Continua Morelli: "Il nodo è invece la scelta di fondo: rigassificatore sì o no? Ebbene, chi come la gran parte dei pubblici amministratori è per il sì ha non solo l'obbligo morale, ma pure tutta la convenienza di spiegarne le ragioni ai cittadini: un impianto produttivo nuovo da costruire e gestire, con ricadute occupazionali sia temporanee che stabili, recuperando (nell'ipotesi Gas Natural) un'area industriale dismessa e degradata; un ruolo concreto di «polo energetico» per la città, cerniera di traffico (in questo caso di risorse naturali) come lo fu nell'Ottocento; l'esistenza al mondo di una sessantina d'impianti analoghi (...) senza che mai gli attuali standard di sicurezza abbiano destato problemi; il recupero a uso industriale del freddo generato (i giapponesi ci surgelano il pesce); il contributo alla soluzione di un enorme problema italiano, quello dell'approvvigionamento di energia, che oggi ci vede appesi ai rubinetti russo e algerino; una bolletta del gas sensibilmente inferiore per i triestini; e forse una spinta ulteriore alle fusioni tra le ex municipalizzate del Nordest, che qualificherebbe ulteriormente Trieste come capoluogo di un polo dei servizi...".
Allora, si chiederà il lettore: dati tutti questi vantaggi, dov'è il problema? Il problema sta proprio nel trionfo dell'inverosimile, il meglio del peggio dell'ipocrisia. Innanzitutto perché i triestini si sono fatti prendere dal panico, la sindrome di un eventuale 11 settembre a Trieste, alimentato ad arte dai media locali. Già questo la dice lunga su una città imbalsamata dal benessere, che in pieno terzo millennio, sigla una sorta di patto terrificante con i mezzi di informazione locali: "dateci brutte notizie, fateci avere un po' di paura, noi vogliamo essere dei replicanti, dei mansueti mammiferi clonati dediti a conservare ciò che abbiamo ereditato!"
In secondo luogo nel trionfo dell'inverosimile ovvero nel meglio del peggio dell'ipocrisia sta nel fatto che indire un referendum giacché le forze politiche non sono in grado di decidere, equivale a dare una patente di irresponsabilità a quelle stesse forze politiche che invece dovrebbero essere chiamate a fare il loro mestiere che è quello di decidere. Mi dice un esponente dello Sdi per questo tema, che è importante perché può decidere la fisionomia della città, siete contro?
La risposta è sì: siamo contro. Ma non perché noi siamo sempre stati a favore dei referendum per qualsiasi cosa e adesso ci gira il contrario; no, cari amici Sdi, è la premessa maggiore che è sbagliata, cioè non è vero che noi vogliamo fare referendum per ogni baggianata.
L'icona referendaria radicale ha sempre contemplato una grande scelta di fondo, un bivio sociale di ampio respiro, un afflato politico che odora di grandezza e fa vibrare il cuore perché accresce la consapevolezza.
I referendum che abbiamo proposto (e voi compagni socialisti lo sapete benissimo) sono snodi politici che cambiano il modo di rapportarsi con i cittadini: divorzio, aborto, sistema maggioritario, ricerca sulle staminali... Questo sì, modifica la fisionomia di una nazione. Fare invece un referendum sul rigassificatore è come farlo per aprire una pizzeria. Che senso ha? Non è un'industria come tante altre? Non deve essere lasciata all'iniziativa privata? Non basta solo rispettare le leggi? Così fate solo accrescere il partito del nimby (not in my backyard): il partito di chi vuole le riforme ma solo per gli altri (e invece vuole che nulla muti a casa propria)
Se invece si pensa che la rigassificazione non è un'industria come tutte le altre allora che qualcuno ci dica il perché. Ma il problema sta proprio qui, nell'assoluta incapacità che qualcuno ci dica perché non è un'industria come tutte le altre. Tralascio ovviamente le sciocchezze sul fatto che il rigassificatore può scoppiare, che si tratta di una bomba atomica camuffata, che il terrorista può arrivare di nascosto o che l'aeroplano può precipitare proprio sull'impianto, manca da parte degli interlocutori ambientalisti la capacità di ascolto: nelle loro discussioni si vede il seme del razzismo, ci si interrompe l'un l'altro senza rispetto, si gridano le proprie ragioni volendo essere ascoltati senza ascoltare, sviluppando l'incomprensione del fenomeno e vomitando sui cittadini una miriade di luoghi comuni che fanno emergere ingiustificate paure.
Propongo di invitare a ragionare con lucidità: non ci si accorgerebbe di avere un piede se ogni tanto non entrasse un sassolino nella scarpa. Perché è proprio il sassolino il sintomo di un fastidio che si vorrebbe eliminare ma che invece è indispensabile, utile a capire. Vogliamo bandire l'abitudine a basarsi su fatti non verificabili che portano a "credere con fede" cioè ad affermare senza esprimere le ragioni dell'affermazione in un crescente fanatismo fondamentalista e discriminatorio da qualunque parte esso venga.
Propongo di reagire allo stimolo ragionando onestamente, mettendo nei piatti della bilancia i pro e i contro, i costi e i benefici. Noi triestini vogliamo soltanto conoscere per deliberare, non ci occorrono angoli smussati o biciclette con le rotelle, non vogliamo che ci infarciscano la vita con comodità di ogni tipo senza dare niente in cambio, sappiamo benissimo che il mondo non funziona così, ma vogliamo allontanare l'immaturità primitiva degli ambientalisti della domenica, che hanno l'ardire di fare una manifestazione nel molo Audace dove non è stato possibile annotare neppure una sola affermazione verificabile, là dove, invece, si è registrato il puzzo dei pescherecci con motori a gasolio il cui miasma aveva invaso mezza piazza Unità, con gruppi elettrogeni accesi grazie agli stessi motori dal lezzo nauseabondo che si vorrebbe allontanare dalle nostre narici.
A meno che gli ambientalisti non intendano che in inverno dovremo riscaldarci con i vecchi motori puzzolenti delle barche, non è più scusabile tanta ipocrisia, né è più sopportabile manifestare contro il progresso come se questo fosse necessariamente contro l'ambiente. Allo stesso modo è intollerabile manifestare contro il consumo di gas o di energia elettrica (come si faceva ipocritamente contro le centrali nucleari) e poi tornare a casa, salire in ascensore, accendere la TV, il forno a microonde e l'aria condizionata.
Dobbiamo decidere da che parte stare e se decidiamo di stare dalla parte del progresso, allora non si perda altro tempo e si compiano le scelte che privilegino le priorità decise. Infine, i media facciano il loro lavoro che è quello di informare invece di impaurire la popolazione, forse si venderanno meno giornali ma sicuramente avremo cittadini più consapevoli e maturi, cittadini che manderanno definitivamente in soffitta il culto vernacolare del "no xe pol".
Come fondatore dell'associazione Tecnosophia, associazione senza scopo di lucro per la ricerca scientifica e per l'ecologia razionale (vedi www.tecnosophia.org) mi appare difficile trovare una motivazione per dire NO ai rigassificatori che si vogliono impiantare a Trieste. Puntiamo sui cittadini, informiamoli: loro sono più numerosi, più liberi, più svincolati dagli apparati di partito e soprattutto più emancipati dai ciarlatani ecologisti della domenica.
Walter Mendizza - Trieste 07 Luglio 2006
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