Sinistra, terrorismo islamico e Finanziaria


Ormai è già da troppo tempo che stiamo assistendo ad un evento clamoroso: due avversari, due rivali contrapposti, sono diventati alleati grazie al fatto di avere il nemico comune americano. Così, siamo stati testimoni in modo disarmante, che l'odio antimperialista ha avvicinato la sinistra ai settori reazionari del fondamentalismo islamico. Se per sinistra intendiamo quella parte politica che considera prioritaria la valenza sociale e collettiva, in opposizione ai valori individuali e privati, cioè l'obiettivo di eguaglianza sociale anche a scapito dalla libertà individuale, la relazione tra Islam e Sinistra potrebbe trovare una sua giustificazione. Tuttavia l'alleanza con il comunismo sovietico non è stata delle migliori. Afghanistan e Yemen furono due Stati comunisti islamici, ma quando venne fuori l'estremismo islamico, questo vide nel comunismo ancora una forma di predominanza da parte del diavolo occidentale, con l'aggravante che in più era anche ateo. Così nacque l'astio verso la sinistra in seno all'islam. Non bisogna dimenticare che Osama Bin Laden cacciò i sovietici dall'Afghanistan negli anni '80 con l'aiuto degli Stati Uniti.

La sinistra per definizione sta dalla parte degli oppressi, dunque, risulta ovvio che, ad esempio, gli ebrei abbiano smesso di essere oppressi e siano diventati oppressori verso i palestinesi dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. Con questo ragionamento, ancora una volta, le ragioni ideologiche vengono fatte prevalere sulle ragioni logiche. Questa sinistra si trova quindi ad appoggiare il terrorismo islamico nella convinzione errata che essere antisemita significa essere anche antimperialista. Perciò ne abbiamo viste di tutti i colori: dall'esultanza dei nostri No Global per i militari morti in Nassirya, alla visita del progressista sindaco di Londra fece a Yusuf al Qaradawi, o al flirt di Hugo Chàvez con Mahmud Ahamdinejad, o ai cartelli di protesta contro la reazione esagerata di Israele in Libano. Ma che senso ha odiare gli ebrei per farsi amici gli islamici estremisti? Perché dobbiamo negare l'olocausto e chiudere gli occhi di fronte alle atrocità di Hezbollah? Tutto questo non fa altro che alimentare altre idiozie: ad esempio l'estrema destra si può permettere di dire che "Osama è di sinistra" oppure "la sinistra tradisce la democrazia e l'occidente", oppure che cercare un ragionevole contrappeso all'egemonia americana significa sposare la causa del terrorismo islamico... in una neverending story di oligofrenia crescente.

Tutto cominciò con la Guerra nel Golfo nel 1991, subito dopo la caduta del comunismo sovietico. Gli Stati Uniti incominciarono ad intervenire nel Medio Oriente, cosa che fece nascere un'ostilità sempre più marcata dentro i settori reazionari islamici. Finito il comunismo, la sinistra incominciò ad operare una trasformazione democratica su sé stessa in Europa, rivedendo il valore di eguaglianza sociale ma non più a scapito delle libertà individuali, dando linfa vitale ad una nuova sinistra più moderna, riformista e liberale; quella di Blair, Fortuna e Zapatero, tanto per intenderci, la sinistra della Rosa nel Pugno. In Italia la presa di coscienza delle ragioni della caduta dell'impero sovietico, non venne subito metabolizzata da parte dei settori più estremisti della sinistra, tanto che ancora adesso siamo l'unico Paese al mondo che ha ben due partiti che si definiscono comunisti. L'influenza di questi due partiti ancorati al passato, con idee antimperialiste che però stanno dentro il governo rappresentano una zavorra storica che limita fortemente la domanda di innovazione e di tagli ai costi che il Paese necessita per un suo rilancio competitivo nella concorrenza globale.

All'epoca di Tangentopoli ci fu un manicheismo stupido del tipo buoni contro cattivi, onesti contro ladri, questa falsa contrapposizione impedì di affrontare il problema, di fare leggi non ipocrite sul finanziamento dei partiti, di operare per liberare l'economia dai suoi intrecci con lo Stato e soprattutto impedì che nascesse una vera economia di mercato il più possibile separata dalla politica. Ma da tangentopoli ai giorni nostri sono passati tre lustri e ancora non accettiamo che alla politica spetta solo il compito di disegnare regole efficaci per favorire la competizione sui mercati e di vegliare sul loro rispetto.

Così, arriviamo all'attualità: alla Finanziaria. Una legge finanziaria criticata da tutti anche dagli stessi ambienti del centrosinistra che l'hanno varata: da un lato la sinistra estrema ne fa una valutazione morale e dall'altro i liberisti ne fanno una valutazione liberale. Purtroppo, la sinistra "morale" non sa diagnosticare la malattia, favorendo spesso terapie sbagliate (come l'accrescimento del controllo statale sull'economia) mentre la sinistra liberale sa fare le diagnosi corrette ma poi non ha la forza di imporre le terapie che sono giuste. Questo è dovuto alla fragilità della cultura liberale in questo nostro povero Paese corporativista. Fragilità, beninteso, che si trova in entrambi gli schieramenti. Ma dato che attualmente al governo c'è il centrosinistra è questo lo schieramento che vogliamo mettere sotto la lente di ingrandimento, giacché la doppia anima, morale e liberale, è l'origine di quasi tutti i guai dell'attuale Legge Finanziaria. Una legge "spaesata" dove addirittura si introducono disposizioni che poco hanno a che fare con la finanziaria ma molto con la demagogia come il divieto di comprare alcolici per i minori di 18 anni, e che ricorda l'incivile e tristemente nota legge Fini-Giovanardi inserita d'urgenza e di straforo in una legge che non c'entrava nulla e che riguardava le Olimpiadi Invernali.

La fragilità della cultura liberale è l'eterno problema del corporativismo italiano: da un lato ci sono gli imprenditori con le spalle finanziariamente deboli, che si sentono sotto schiaffo da parte dei politici e sono alla perenne ricerca di protezioni, e dall'altra ci sono i politici che sentendosi poco legittimati cercano di ricavare il massimo delle risorse possibili dalle imprese per compensare il loro senso di precarietà. La Rosa nel Pugno è l'unica formazione all'interno del centrosinistra che fa una corretta lettura storica della politica economica del nostro Paese e della sua collocazione geopolitica, portando con coerenza non solo il vessillo della transnazionalità ma anche quel punto importante dell'umana saggezza che sta nella giusta proporzione tra passato, presente e futuro ed il giusto baricentro tra destra e sinistra. Solo la Rosa può aiutare la nostra economia con forti iniezioni di liberalismo e liberalità. Più ci attardiamo a comprendere la natura della posta in gioco e più ritarderemo la crescita di questo Paese giacché nessuno vuole rinunciare alla più piccola rendita di posizione acquisita. Perciò, bene ha fatto Daniele Capezzone, consapevole delle grandi difficoltà con cui dovremo misurarci, di far nascere un "tavolo dei volenterosi", cioè di quanti, indipendentemente dalla loro attuale collocazione politica e parlamentare, vogliono lavorare per mettere in campo modifiche bipartisan della legge finanziaria. E' un'impresa ardua e ci vorrebbe un tavolo multipartisan costituito da "volenterosi di comprovata buona volontà" perché il liberismo non entra nella testa degli italiani. Anche se a una mucca dai da bere del cacao, poi non mungerai cioccolata; alla stessa stregua anche se agli italiani dai da bere liberismo, poi non voteranno per le libertà.

TRIESTE 05/10/2006

Walter Mendizza