Il Piccolo 24-01-2002
Mentre regna l'incertezza sulla forma definitiva del testo, il coordinatore azzurro Romoli è pronto al confronto con l'opposizione
«Ma optare per la norma transitoria significherebbe rinunciare alla nostra autonomia»
TRIESTE «Vogliono la norma transitoria? Si accomodino: ma lo sanno che, proiezioni alla mano, è quella che consentirebbe al Polo di guadagnare il maggior numero di seggi?». Ettore Romoli guarda alla gran bagarre della legge elettorale dal suo osservatorio romano e non lesina in consigli. Perchè il deputato di Forza Italia, seppur apparentemente svincolato dai giochi che si svolgono sull'asse Trieste-Udine, non manca di tener d'occhio i colleghi di partito. Deformazione «professionale», forse, visto che è coordinatore regionale da parecchio tempo, ma anche reale preoccupazione che il «pastrocchio» che sta prendendo forma si riveli un boomerang per la Casa della libertà.
E anche se l'ipotesi, temutissima, di un eventuale referendum abrogativo viene ricondotta a «semplice velleità di Riccardo Illy e di parte dei Ds», sarebbe falso dire che non ci pensi. «Credo che ci siano margini di mediazione su tutto. Personalmente mi impegnerò fino all'ultimo. Se poi qualcuno ritiene di poter guadagnarci dalla vicenda, magari trovando degli utili idioti nella maggioranza, che almeno si prenda le sue responsabilità». Nella stessa coalizione, peraltro, gli scricchiolii non sembrano mancare. Così ad esempio il socialista Gilleri punta sulla norma transitoria come soluzione migliore «per non sottostare ai ricatti di Lega e Ds», mentre il Ccd affida al commento del segretario regionale Edoardo Sasco tutte le sue perplessità sull'attuale proposta, «poichè rappresenta un sistema semipresidenziale con un'impostazione che penalizza fortemente le formazioni minori, che sono comunque rappresentative di importanti segmenti della nostra società».
Una maniera elegante di dire: scordatevi di introitare i nostri voti lasciandoci magari fuori dalla porta, come prevede il perverso meccanismo dello sbarramento. Anche perché, aggiunge Sasco, Ccd, Cdu e Democrazia europea sono ormai pronti a confluire nel Biancofiore, «con significative ricadute elettorali non solo del Ccd ma di tutta la coalizione di centrodestra».
A sinistra, ovviamente, si sorride di tutto questo. E gli stessi Ds, che Romoli vede tra i principali «testimonial» del referendum abrogativo, demoliscono, per bocca del capogruppo Alessandro Tesini la coalizione di governo, «reassemblement di forze politiche poco unite, senza un programma condiviso da attuare, che nominano ben quattro relatori di maggioranza per la legge elettorale e che non riescono nemmeno a trovare l'intesa sulla più insignificante nomina».
Ciononostante Romoli crede ancora in una possibile ricomposizione del quadro, magari in extremis. «Non riuscire neanche a creare una legge - osserva - sarebbe una sconfitta dell'autonomia regionale, in prima battuta. Ribadisco la mia disponibilità a confrontarmi con l'opposizione. Sennò, facciamoci pure del male tanto, lo ribadisco, cifre alla mano, con la norma transitoria vinceremmo comunque noi».
Furio Baldassi