Il Piccolo 12-01-2002
Definita ieri la proposta di riforma del sistema elaborata dai «centristi» della Casa delle libertà
Previsti da uno a un massimo di tre candidati per coalizione
TRIESTE - I «centristi» della Casa delle libertà hanno messo a punto, ieri a Udine, la propria proposta di riforma elettorale in vista del vertice di maggioranza di lunedì. Le loro conclusioni - tradotte in una bozza consegnata ieri stesso gli alleati di An e della Lega - sono state ampiamente approfondite, nel frattempo, anche dal punto di vista della compatibilità giuridico-costituzionale. La proposta di Forza Italia, Ccd e Cpr si traduce sostanzialmente in un «proporzionale» corretto da una soglia intanto fissata al 5 per cento ma trattabile, in un premio di maggioranza che scatti a vantaggio della coalizione vincente qualora totalizzi almeno il 40 per cento dei voti e - per l'elezione della guida del governo regionale - in una formula vagamente «presidenzialista».
È a quest'ultimo proposito che i «centristi» hanno definitivamente limato la propria proposta, la quale consiste ora nella riduzione al minimo del «listino» che nelle Regioni ordinarie include una decina di candidati: qui esso ne comprenderebbe invece da uno a un massimo di tre per ciascuna coalizione, e il capolista della coalizione vincente diventerebbe presidente, in quanto il consiglio dovrebbe poi rispettare il responso delle urne.
Così la coalizione vincente eleggerebbe automaticamente tre candidati - qualora si decidesse per un numero massimo di tre - e la coalizione che risultasse seconda ne eleggerebbe solo il primo. Così avrebbe garantita l'elezione sia il leader della maggioranza - che diventerebbe presidente - sia quello dell'opposizione. In tal modo verrebbe rimessa agli elettori la massima scelta degli eletti, riducendo al minimo il potere delle segreterie dei partiti. A questo punto i «centristi» confidano di raccogliere lunedì anche il consenso della Lega - la quale non vedrebbe di buon occhio una dilatazione del «listino», in quanto ad alcuni candidati esso garantirebbe un'elezione sicura a scapito di quelli concorrenti nelle liste normali - e quello di Alleanza nazionale. Quest'ultima formazione si opponeva alla doppia preferenza e chiedeva almeno l'indicazione del presidente sulla scheda, ed è stata accontentata.
Se An tornasse invece a insistere per l'elezione diretta del presidente da parte dei cittadini, allora non si potrebbe dare luogo che a un vero e proprio regime presidenzialista perciò a tutt'altre regole: in questo caso gli assessori sarebbero nominati, e se occorre revocati, dal presidente e potrebbero essere anche tutti esterni come nelle Regioni ordinarie.
Dall'opposizione, e in particolare dal diessino Renzo Travanut, arrivano nello stesso tempo un forte attacco e anche una dichiarazione di disponibilità. Da un lato viene infatti denunciato, in una polemica nota, lo «stato confusionale di cui è preda la maggioranza regionale Polo-Lega, per la quale l'unico punto fermo è dato dalla scarsa considerazione per i propri cittadini che, tra i pochissimi in Italia, non dovrebbero scegliere direttamente il presidente».
Però dall'altro lato - dopo aver ironizzato che «quella faticosamente elaborata è la quarta, e sicuramente non ultima, proposta» - Travanut dichiara che «se proprio si deve parlare di listino, almeno ci si limiti a indicare i candidati a presidente e a vicepresidente proposti da ciascuno schieramento: ciò contribuirebbe alla chiarezza delle scelte e al rafforzamento dell'unità regionale».
Giorgio Pison