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Il Piccolo 09-09-2001

La panoramica sul comparto alla ripresa dell'attività non mostra un boom ma neanche situazioni di grave crisi

L'industria tiene, e anche assume

Consistenti commesse alla Wartsila, alla Sertubi parte il turno di notte

Il mercato registra un consistente ricorso al lavoro interinale e a personale extracomunitario. Manca da tempo un istituto di formazione professionale

Un quadro non certo da boom ma neanche di grave crisi, quello che, alla ripresa dell'attività produttiva, si delinea per il comparto industriale nella nostra provincia. Un sistema produttivo che, incluso l'artigianato, impiega circa 12 mila persone su un totale di 86 mila occupati.

Se dunque, da un lato, nei diversi settori non si registrano particolari situazioni di sofferenza, dall'altro anche a Trieste il mercato del lavoro nell'industria denota significativi cambiamenti, con un consistente ricorso al lavoro interinale (prestazioni specializzate, gestite da apposite agenzie) e a personale extracomunitario. A cominciare dalla Ferriera, dove su 750 dipendenti diretti circa 100 sono extracomunitari, cui si aggiungono 250 lavoratori di varie ditte esterne. Nel complesso il lavoro interinale incide per il 5%. Un centinaio di dipendenti è poi «uscito» grazie ai benefici della legge sull'amianto.

Il tipo di lavoro e gli stipendi non sono comunque tali da invogliare i giovani triestini ad andare a lavorare in Ferriera. «I minimi tabellari degli stipendi per i nuovi assunti ­ spiega Livio Ceppi, segretario della Cisl metalmeccanici ­ sono ai livelli più bassi, ancora dalla fine degli anni '80. Con il contratto integrativo, per il quale siamo quasi alla fase finale, cerchiamo di portare a casa qualcosa di più». E sul piano sindacale annuncia che «con il trasferimento a una ditta esterna di uno dei cinque componenti delle Rsu, la Servola spa da qualche giorno non ha più la rappresentanza sindacale interna».

Sulla questione ambientale, Ceppi ricorda poi che i tavoli tecnici concordati a maggio dall'allora ministro Bordon, presenti il prefetto, i vertici della Servola spa e le istituzioni cittadine, non sono ancora partiti. Se si fosse iniziato subito, forse non sarebbe stato necessario il provvedimento del pm Frezza». Quanto al mercato della ghisa, «la Ferriera ­ spiega Ceppi ­ è stretta nella tenaglia dei prezzi: un prodotto che all'estero costa molto meno, senza contare che la qualità di quella importata non sempre viene controllata a fondo».

Strettamente legata ai destini della Ferriera è la Sertubi, che attualmente ha in forza 60 impiegati e 110 operai. In questa azienda gli extracomunitari toccano il 20% della forza lavoro. «Nei prossimi giorni partirà il terzo turno, quello notturno ­ rileva Ceppi ­ segno che le commesse aumentano».

Restando nel campo dei tubifici si trova uno dei pochi casi di crisi. I 60 dipendenti della Ftm sono in cassa integrazione per tutto settembre; un momento di difficoltà legato ai problemi di approvvigionamento della materia prima a prezzi convenienti. Una fase particolarmente felice è attraversata invece dalla Wartsila, con consistenti commesse sia per i motori a due tempi, la cui produzione doveva essere dismessa, sia per gli Sulzer ZA40 destinati alle navi da crociera in costruzione alla Fincantieri (che ha un nutrito portafoglio ordini).

Non solo, il motore finlandese W46, per il quale la casa madre ha un eccesso di ordini, viene in parte prodotto qui. E ancora, si sta finalmente avviando la produzione del W64, ideato per lo stabilimento di Trieste.

Sul piano del personale sono previste 40 assunzioni, per coprire parte delle «uscite» legate alle legge sull'amianto, e ciò su un organico di 1020 persone fissato nel giugno 2000. Tra le questioni ancora in discussione, la privatizzazione dell'ex carpenteria Gmt, annunciata qualche anno fa e per la quale non ci sono tempi certi. Sta di fatto, però, che la produzione della carpenteria per i motori a due tempi verrebbe poi appaltata all'esterno.

Incognite, in tempi non prevedibili, si aprono per lo stabilimento Alcatel (telefonini e sistemi di comunicazione), che occupa 314 dipendenti diretti e 170 interinali. La direzione del gruppo multinazionale è a Parigi, dove si decidono le strategie per i 111 stabilimenti nel mondo. Circa 100 saranno ceduti in tempi non ancora fissati. «Si tratta di capire ­ sottolinea Ceppi ­ quali ripercussioni avranno queste decisioni sullo stabilimento di Trieste».

Ma c'è un problema di fondo che Ceppi vuole evidenziare: la mancanza di strutture di formazione professionale. «Dall'epoca delle dismissioni dell'Ancifap ­ rimarca ­ non è stato creato nulla di alternativo. Aziende grandi e piccole ricorrono così ai subappalti, o a ditte slovene e croate che offrono lavoro a costi bassi. In questo modo si riducono le possibilità occupazionali per i giovani triestini».

Situazioni tranquille in altri settori: tessile, alimentare, chimico e legno. «Sono tutte aziende che non sono in sofferenza ­ spiega Paolo Petrini, sindacalista della Cisl che segue da vicino il mercato del lavoro ­ e continuano a registrare una situazione positiva. Sono ripresi i tavoli di discussione per il contratto integrativo, a cominciare dalla Tirso, l'azienda tessile che alle Noghere occupa 210 persone. Per il settore alimentare, come la Stock o la Duke, stiamo predisponendo le piattaforme delle richieste. Lo stesso per le aziende chimiche. Va bene anche il settore del legno, che vede tra l'altro aziende triestine impegnate negli allestimenti per le navi realizzate a Monfalcone».

Sul fronte delle assunzioni, in questi settori la prassi è un contratto interinale di tre mesi, cui segue un contratto a termine di un anno e quindi, se tutto va liscio, quello a tempo indeterminato.

«L'utilizzo degli extracomunitari ­ rileva Petrini ­ è caratteristico di certi settori come la metalmeccanica e l'edilizia. In quest'ultima raggiunge punte del 40-45% . Si tratta soprattutto di serbi e albanesi. Al quadro dell'edilizia ­ aggiunge ­ sfugge il lavoro nero, per il quale ci sono gravi carenze anche dal punto di vista ispettivo, e a cui si fa un notevole riscorso. L'edilizia è infatti un settore che tira, sia per le opere pubbliche sia per quelle private».

Giuseppe Palladini