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Il Messaggero Veneto 23-03-2002

«Meno forza ai governatori»

Parlano i presidenti di Liguria, Sardegna e Veneto

TRIESTE - I "governatori" regionali andati al potere con l'elezione diretta sembrano tutti convinti della bontà di questo meccanismo, come documentano le recenti prese di posizione di Formigoni, Galan, Storace, Martini e Chiaravallotti nei confronti dell'"indicazione". Ma cosa ne dicono i presidenti dei consigli regionali? Perplessi di fronte al presidenzialismo, e convinti della necessità di restituire più poteri alle assemblee legislative, esprimono pareri diversi sul modo di scegliere il capo dell'esecutivo.

"Devo premettere che noi non abbiamo ancora posto il problema elettorale", dice Vincenzo Gianni Plinio, presidente An del consiglio regionale della Liguria. "Personalmente penso che la legge così come è stata approntata dai colleghi del Friuli-Venezia Giulia possa rappresentare un utile elemento di riflessione e valutazione".

"Sull'elezione diretta, indietro non si torna, perché è una cosa che continua a fare presa sull'opinione pubblica. Però, anche sulla base dell'esperienza maturata sin qui credo vadano previste delle intelligenti forme di riequilibrio dei poteri. E' un tema, questo, sui cui è in corso un vivace dibattito che sperabilmente ci porterà ad un giusto mix istituzionale", conclude Plinio.

Efisio Serrenti, autonomista dei "Sardistas" e presidente del consiglio insulare spiega che in Sardegna, regione autonoma come il Friuli-Venezia Giulia, vige l'elezione indiretta. "Abbiamo anche noi il sistema dell'indicazione, senza un vincolo giuridico. E, in effetti, è successo che poi il consiglio non ha votato il presidente indicato, ma ha scelto un'altra persona. Per questo la maggior parte delle forze politiche è orientata a modificare la legge, introducendo l'elezione diretta, o semplicemente ad adottare il Tatarellum", dice. "Questo è l'orientamento prevalente; io temo invece che stiamo andando verso un depotenziamento delle assemblee le sole istituzioni deputate a rappresentare tutta la società".

"Con i governatori tutto il potere è in mano alla parte che vince, e i poteri assembleari finiscono per diventare marginali", osserva ancora Serrenti. "Qualcuno propone addirittura che sia il capo della giunta a convocare il consiglio. Dovesse andare così, lo si può anche sopprimere". Ancor più critico il leghista Enrico Cavaliere, presidente del consiglio regionale del Veneto: "Da autonomista dico che a casa propria ognuno fa come crede. E a proposito del Tatarellum cito la "sindrome del matrimonio indiano", quella barbara norma secondo cui la vedova deve venir immolata sulla pira del defunto marito. Probabilmente il legislatore nazionale non ha ben valutato le conseguenze del vincolare la vita stessa delle assemblee legislative regionali al fatto che il presidente rimanga comunque in sella".

"Sono anche contrario alle ipotesi interpretative che vogliono imporre la contestuale elezione di presidente e assessori, perché sono un'inaccettabile compressione costituzionale", conclude Cavaliere. "Non faccio discorsi contro le giunte o contro i governatori, ma prendo atto di una realtà: se un organo è legato all'altro per la vita e per la morte, non c'è autonomia né pari dignità. Per cui, se si vuole un reale riequilibrio di poteri, l'elezione diretta va cambiata".

Luciano Santin