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Il Messaggero Veneto 03-04-2002

  L'esponente della Quercia contesta la riforma: frutto di ricatti della peggior politica

Ds: eleggeremo il governatore

Travanut, già presidente della Regione, replica a Cecotti e rilancia il referendum

di TOMMASO CERNO

UDINE - L'elezione diretta del governatore è l'unico modo di uscire da una gestione della Regione giocata su veti incrociati e ricatti di partito. L'ex presidente diessino del Friuli-Venezia Giulia, Renzo Travanut, contesta una per una le critiche scagliate dal sindaco di Udine Sergio Cecotti contro il referendum promosso dall'Ulivo. E accusa l'esponente del Carroccio di non essere "autonomo" dal Polo, anzi di fare il gioco della Lega Nord per sugellare un patto politico stretto nella Casa delle libertà.

Il fronte di chi vuole mantenere in vigore questa legge elettorale si è allargato al sindaco Cecotti, che guida una giunta non certo di centro-destra. Si aspettava questa presa di posizione?

Si, perché Cecotti ha parlato da leghista, in maniera non obiettiva, parteggiando cioè per la propria parte politica e trincerandosi dietro una posizione autonoma, che è finta. Di fatto sa bene che le sue argomentazioni sono smontabili.

Travanut, si riferisce ai quattro punti del manifesto dell'Ulivo contestati dal sindaco di Udine, cioè ruolo femminile, seggio sloveno, premio di maggioranza e elezione diretta?

Esatto. Cecotti non può fingere di ignorare che c'è stato un dibattito e un voto sulla legge elettorale, in cui proprio su questi punti la Lega ha bocciato ogni tentativo di miglioramento. Lui ha seguito la vicenda e adesso difende un patto politico.

Quale sarebbe questo patto?

Quello su cui si basa tutta la riforma della Cdl: la Lega ha imposto l'indicazione del presidente al Polo e An ha messo il veto sul seggio sloveno al Carroccio. Noi abbiamo presentato due emendamenti proprio su questo, di cui uno basato sul sistema di voto del Senato, e la Lega li ha bocciati subendo il ricatto di An. Stessa cosa vale per la presenza femminile. Secondo il centro-destra, però, non è l'elezione diretta a garantire la stabilità. Anzi sbilancerebbe i poteri verso una sola persona. Questa è una bugia che è stata utilizzata per strumentalizzare la battaglia del comitato referendario. Quando si dice che Galan e Formigoni sono stati eletti con entrambi i sistemi, indicazione ed elezione diretta, e che non c'è alcuna differenza politica si mente sapendo di mentire.

In che senso?

Intanto il tatarellum uno, quello con l'indicazione, prevedeva un periodo di 24 mesi entro il quale la fiducia non poteva mancare, pena lo scioglimento del consiglio regionale. Questo portò a due anni di immobilismo delle regioni, anche di quelle guidate da Galan e Formigoni, che non fecero assolutamente nulla. Trascorso il periodo scoppiarono le crisi in mezza Italia, storica fu quella della Campagna, ma anche del Molise e della Calabria.

Per questo serve un governatore eletto dai cittadini?

Non solo. C'è di più, un'altra bugia di Cecotti e della Lega. In Italia, grazie all'indicazione avevamo raggiunto il più basso tasso di regionalismo della storia, un vero fallimento delle Regioni. Di contro era nato il movimento dei sindaci, forti e autorevoli per i voti diretti ricevuti, questa è l'esperienza storica. Oggi la destra vuole riproporre un presidente che non ha autorità, che non può imporsi sui partiti ma che deve cedere ai ricatti, per restare sulla poltrona, come hanno fatto Antonione e Tondo, che hanno nel loro curriculum la legislatura che ha riformato meno nella storia del Friuli-Venezia Giulia, pur con maggioranza ampie di oltre 35 consiglieri dal 1998 in poi.

Per cui un referendum che cancelli questa legge servirebbe a dare al Friuli-Venezia Giulia una guida più autorevole?

Si, più autorevole e soprattutto capace di far fruttare la nostra specialità regionale. Il presidente della nostra regione può partecipare al consiglio dei ministri quando sono in ballo decisioni che riguardano la vita della comunità regionale, cosa che Galan non può fare. Eppure pesa di più a Roma. Con che forza si presenta Tondo? Con quale autonomia decisionale? Quanto vale la sua parola di fronte ai ricatti dei partiti? La stessa cosa vale in sede comunitaria e nella politica transfrontaliera. Eppure questa legge elettorale ha ottenuto 41 voti favorevoli. Come spiega un consenso ampio, che va da An a Rifondazione comunista? Per quanto riguarda Alleanza nazionale sono avvilito della giustificazione che hanno dato al voto. Hanno barattato il federalismo leghista con il no agli sloveni, che è la cosa più brutta e vecchia a cui ci aveva abituati la politica della destra in regione.

Sostengono, però, di non aver voluto rischiare una crisi di giunta. Questa ragione è altrattanto criticabile?

Ancora di più. An ha il presidenzialismo nel Dna e si vende per così poco. Io stesso feci la crisi, proprio contro Cecotti, quando era presidente, per sostenere con grande fatica una giunta di minoranza. E lo feci perché la Lega Nord era finita su posizioni inconciliabili. Prendo atto che An ha preferito sacrificare il proprio pensiero.

E Rifondazione comunista invece?

Per loro esprimo rammarico. Non capisco come abbiamo potuto dare alla destra i due voti che ci obbligano a raccogliere le 36 mila firme, nonostante per anni abbiano considerato il seggio agli sloveni come punto irrinunciabile del loro programma di partito.

La Cdl oppone alle ragioni dei referendari l'idea che la riforma appena varata è una norma autonoma mentre il tatarellum è una legge imposta e copiata. E' vero?

Questa è un'altra invenzione strumentale. La norma transitoria è solo una forma di salvaguardia. Da Roma l'unica imposizione era lo scioglimento del consiglio in caso di morte o impedimento del presidente. Il tatarellum lascia molte più libertà della legge con cui abbiamo sempre votato il questa regione. Chi lo nega, come Cecotti, fa l'uomo di partito e non altro.