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Il Messaggero Veneto 21-03-2002

Critiche dei presidenti forzisti di Lombardia e Veneto dopo la  nuova norma varata dalla nostra Regione

Formigoni boccia la legge elettorale

«La riforma del Friuli? Torna la partitocrazia». Galan: «L’elezione diretta funziona»

MILANO - «La decisione di eleggere il presidente della giunta regionale facendolo votare dal consiglio? Ne penso tutto il male possibile». E dunque la scelta fatta in Friuli-Venezia Giulia «è un tornare indietro, un tornare alla più bieca partitocrazia». Parole inequivoche, parole già sentite, nel torrido dibattito sulla legge elettorale. Ma a pronunciarle, stavolta, è Roberto Formigoni, un pezzo da novanta di Forza Italia.

Forte del plebiscito riscosso alle ultime consultazioni (che secondo qualcuno gli spalancano prospettive a lunga gittata, nel caso di possibili successioni governative a Berlusconi), il governatore della Lombardia si associa alle critiche già espresse dal altri suoi colleghi. E si dice convinto che in materia non ci saranno ripensamenti, anzi.

«I cittadini vogliono scegliere personalmente chi li governa, senza nessuna intermediazione. E sta proprio in questo il balzo in avanti qualitativo dei nuovi meccanismi», chiarisce Formigoni. «Per cui il principio dovrà venir esteso anche all'elezione del capo del governo».

Insomma toni e concetti molto diversi da chi, nella Cdl regionale, giura sulla bontà del provvedimento, riequilibratore rispetto alle leggi vigenti nel resto d'Italia. Di chi è certo che ormai il vento è cambiato e occorre mettere un freno allo strapotere di cui godono i capi degli esecutivi. Di chi assicura che quella votata a Trieste diventerà la traccia cui si adegueranno, prima o poi, anche le altre Regioni.

E' un segnale importante, perché viene dal partito di maggioranza relativa nazionale. Sinora, infatti le critiche erano venute da presidenti del centrosinistra, come il toscano Claudio Martini, oppure alleati, ma di altri partiti, come Giuseppe Chiaravallotti, alla guida della Calabria in una giunta del centrodestra, ma collocato nel gruppo misto. E anche il ficcante intervento di Francesco Storace, dal Lazio («Togliere al popolo il diritto di decidere mi sembra davvero un po' buffo. Se fosse dipeso dai partiti, non sarei mai stato presidente, e probabilmente non mi sarei neanche candidato»), poteva venir liquidato ricordando l'anima presidenzialista di An.

Non basta Formigoni. Dalla laguna, il presidente del Veneto Giancarlo Galan rincara. Ironizzando e lascia intendere trasparentemente come la pensa. «E' abbastanza nota la mia posizione in materia. Però, stanti le diatribe e le polemiche precedenti, preferirei non fare dichiarazioni aggiuntive. Piuttosto che rischiare di dar fiato alla tromba di statisti del livello di Zoppolato, è meglio che stia zitto», dice. Poi però, stuzzicato sul preteso ruolo di “apripista” del Friuli-Venezia Giulia, aggiunge ancora qualcosa: «Questo sarà il pensiero di qualcuno. Il mio è che in Italia alcune riforme hanno mostrato la loro bontà, e tra queste, indubitabilmente, l'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle Province e dei governatori regionali. Avendo sentito, sul tema, la stragrande maggioranza dei colleghi presidenti, sono assolutamente convinto che non ci saranno retromarce. Per il Veneto posso anche garantirlo, quanto meno a nome di Forza Italia».

Luciano Santin