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Il Messaggero Veneto 04-05-2002

Un libro di Serena Foglia (con prefazione di Umberto Veronesi) affronta la questione a tutto campo

Il dilemma dell'eutanasia

La "dolce morte", tema spinoso che mette in crisi laici e credenti

di LUCIANO SANTIN

«Come medico non posso che affermare che obiettivi, motivazioni e doveri verso la vita vanno in direzione opposta a quelli dell'eutanasia, e che il compito di ogni buon medico è quello di assicurare al paziente una vita la più lunga e migliore possibile. Ma può capitare che anche un medico capace e pronto a difendere la vita si trovi costretto a soppesare con lucidità e rigore morale il desiderio di un paziente che esprime chiaramente la volontà di rinunciare a continuare i propri giorni. Mi sono spesso chiesto, in questa situazione, quale sia la strada giusta per intraprendere per la cura del corpo ma soprattutto dell'anima di chi ci ha chiesto aiuto.

Non esistono regole, non esistono leggi, non esiste una via giusta e unica: ogni caso va analizzato nella sua singolarità». Umberto Veronesi, oncologo ed ex ministro alla Sanità, si esprime così, in prefazione de Il posto delle fragole - La scelta di morire con dignità, libro di Serena Foglia edito da Armenia (190 pagine - 12,50 euro). L'argomento posto, quello dell'eutanasia, è di attualità stretta, e, per sua natura destinato a non trovare soluzioni codificabili ed condivise. Lo stesso Veronesi ammette di aver incontrato nella sua esperienza terapeutica storie di vita terminale estremamente diverse: persone in cui la volontà di vivere è cresciuta, a onta delle sofferenze, e altre che si sono lasciate andare rifiutando il decadimento.

Il fatto è che qualunque riflessione sulla morte, solo evento certo e unico principio egualitario ineludibile («Appena nato l'uomo è già abbastanza vecchio per morire», dice Heidegger), affonda infatti le sue radici nel mistero dell'esistere umano. C'è una specularità tra nascita ed estinzione, ma l'ipotesi di effettuare una scelta in merito a quest'ultima, anche per la sua irreversibilità, è capace di mettere in crisi tanto l'approccio del laico quanto quello del credente. Nel suo libro dal titolo bergmaniano, la Foglia - triestina trapiantata a Milano, assurta in anni passati a una certa celebrità quale astrologa - fornisce abbondanza di elementi per affrontare il problema (non sufficienza per risolverlo, va da sé). Espone le obiezioni più diffuse contro il mercy killing (a partire dal rischio di un arrivo all'eutanasia obbligatoria), considera l'atteggiamento della religione nei confronti dell'esistenza e della sofferenza, dà un quadro di quanto avviene in altri paesi, dove l'eutanasia è legalizzata, in maniera diretta o tollerata, un po' ipocritamente (come in Svizzera, con l'associazione Exit), riferisce delle considerazioni mediche sulla vita e sulla sopravvivenza (come lo SVP, stato vegetativo permanente) e dei dei cosiddetti "ritorni dall'aldilà".

Racconta anche di vicende emblematiche, passate agli onori delle cronache, tra cui il caso Forzatti, recentemente conclusosi con un'assoluzione piena, o il caso Pretty, oggetto qualche giorno fa di un pronunciamento negativo della Corte europea. Ma anche di suicidi assistiti meno noti. Quello di Sigmund Freud, a esempio, che dopo aver subito trentatré operazioni per un cancro che lo devastava, chiese ed ottenne dal suo medico un'overdose di morfina. Pur evitando di prendere una posizione netta, la Foglia spezza una lancia per quella sorta di testamento che è la "carta di autodeterminazione", ancora pressoché sconosciuta in Italia. Ma il dilemma appare davvero irrisolvibile, almeno in termini generale, per una contraddizione piantata, più che nel cuore del problema, nel cuore dell'uomo. Se in base a un recente sondaggio il Friuli è prevalentemente a favore della "dolce morte" (e si colloca ai vertici dei valori nazionali), un'indagine statistica sul consenso informato fatta a Udine ha dato esiti sorprendenti. Su 675 medici interpellati - racconta la Foglia - il 45% ha risposto che «in teoria tutti i pazienti dovrebbero essere informati di ciò che li riguarda, ma solo il 25% ha detto di farlo effettivamente». E l'informazione è ciò che può caricare la molla della speranza come quella della disperazione.

Nel libro il dubbio non viene posto, ma viene da chiedersi, a eutanasia legalizzata, quanto i criteri individualistico-economicistici che paiono reggere l'odierna società occidentale potrebbero giocare nelle decisioni, reinterpretando o piegando magari i concetti di dignità e di pietà. Perché pochi mesi fa, negli Usa, un'aspirante suicida che aveva costretto la polizia a bloccare il traffico, è stata vigorosamente incoraggiata a buttarsi nel vuoto dagli astanti, che non avevano tempo da perdere (per la cronaca, la vicenda ha avuto un esito tragico). In appendice al libro, ci sono diciassette risposte sul tema, in forma analitica o sintetica, svolte da altrettanti Vip. Tra i tanti concetti più o meno faticosamente espressi, manca quell'inconfutabile adagio popolare che toglie molta della forza ai ragionamenti: «Altro è parlar di morte, altro è morire».