Il Messaggero Veneto 06-09-2001
La Regione stenta a impiegare le risorse: penalizzati i trasporti e le infrastrutture
UDINE - Nel Duemila la Regione ha utilizzato solo il 66 per cento delle sue entrate. Infatti alla quota delle risorse liberamente disponibili, pari a 8.174 miliardi (destinate dal bilancio ai vari settori individuati dal Piano regionale di sviluppo), è corrisposto un insieme di impegni definitivi di spesa (effettuati con decretazione) pari a 5.381 miliardi, con un indicatore di impiego pari appunto al 65,8%. Nell'anno precedente tale rapporto era arrivato al 70,6 (nel 1998 del 69,8).
Da un anno all'altro si riscontra pertanto una perdita netta, nella capacità di investimento dei fondi, del 5 per cento, che denota un rallentamento (già rilevato anni fa dalla Corte dei Conti) nell'attuazione del Piano regionale di sviluppo, di cui fanno le spese i comparti su cui si regge il "sistema Friuli-Venezia Giulia". Non basta: se dal totale delle somme di bilancio si estrapolano le uscite "vincolate", in particolare le spese per trasferimenti (Enti locali e Sanità: 3.800 miliardi, quasi tutti di parte corrente), il rapporto stanziamenti/impegni si riduce ulteriormente, scendendo al 40 per cento.
La flessione appare pertanto più accentuata se riferita alle sole spese per investimenti, dove sono particolarmente penalizzati i settori delle infrastrutture civili urbane, dell'edilizia e soprattutto il sistema integrato dei trasporti, che beneficia solo del 14,3% dei 565 miliardi accantonati. La capacità di mettere a frutto i fondi è dunque elevata nel caso di spese correnti, mentre è più limitata per quelle in conto capitale, anche a causa della complessità di attuazione delle opere pubbliche. Così succede che ben 2.800 miliardi vengono fatti scivolare alla competenza operativa dell'esercizio successivo, cioè quello in corso. Una cifra che, partendo dai 1.282 miliardi del 1991, è andata progressivamente lievitando.
La Regione dunque non sa spendere? Tiene troppi soldi in tasca? Le sue politiche d'intervento sono lente e rigide? La relazione dell'Ufficio di Piano fornisce questa spiegazione: "Su questo livello di utilizzo ha sicuramente influito l'impossibilità di impiegare da subito i nuovi stanziamenti per la viabilità e per la programmazione comunitaria che, pur autorizzati nell'anno 2000, saranno oggetto di progressivo impiego nel corso degli esercizi successivi".
Analizziamo allora tali settori, iniziando dal sistema integrato dei trasporti che, a fronte di stanziamenti per 565 miliardi, ne ha impegnati solo 81. A farne le spese sono state soprattutto le infrastrutture per la mobilità, in particolare la viabilità regionale e locale (stanziati 124 miliardi, utilizzati 20) e le opere connesse agli accordi di Osimo (377 miliardi disponibili, messi a frutto 22). A detta dei responsabili regionali si tratta di "importi molto elevati per opere che richiedono tempi di attuazione che travalicano il limite del singolo esercizio". Sarà anche così, ma se su 100 miliardi destinati al miglioramento della viabilità di raccordo con il sistema autostradale se ne spendono solo 17 (per non parlare dei 315 miliardi della grande viabilità triestina "inviolati" come un libro intonso), qualcosa che non gira per il verso giusto ci deve pur essere.
Quanto ai programmi comunitari (685 miliardi stanziati, solo 55 impegnati), chiarisce il rapporto che il Duemila ha costituito l'anello di congiunzione e di passaggio dalla programmazione 1994-1999 alla successiva 2000-2006, per cui la consistenza degli stanziamenti autorizzati si deve ai nuovi documenti di programmazione, mentre il livello del loro impiego è limitato alla parte di risorse legate al completamento della fase precedente. Il relatore cita, a mo' d'esempio, il caso dei fondi per le azioni formative, utilizzati in minima parte (121 miliardi contro 36) perché l'approvazione da parte dell'Unione europea è giunta solo il 21 settembre 2000, nonostante il relativo programma operativo fosse stato presentato nei termini (31 dicembre 1999).
Diamo ora un'occhiata alle misure prese in favore dell'industria. In questo caso la capacità di spesa è stata del 58,5%: stanziati 127 miliardi, impegnati 74. Positivi gli interventi nell'ambito dei servizi alle imprese (sviluppo di nuove tecniche di gestione aziendale e dei centri di innovazione tecnologica, promozione commerciale all'interno e all'estero); meno efficaci quelli riguardanti le agevolazioni, in particolare il "Sabaleasing".
I ritardi nelle erogazioni di fondi per lo sviluppo delle aree attrezzate (in particolare le infrastrutture dei Consorzi industriali) sono giustificati col fatto che, accantonati a "Fondo globale", sono in attesa del provvedimento legislativo sui raccordi ferroviari non ancora perfezionato e "rimodulato" sull'esercizio 2001.
In sostanza lo scarso dinamismo nell'attuazione degli investimenti viene ricondotto dagli esperti regionali alla complessità delle norme, alle tempistiche connesse alla realizzazione delle opere e agli interventi finanziari (in prevalenza fondi statali) riproposti in più esercizi di bilancio. In altre parole, mentre è facile scrivere le cifre sulla carta, più difficile è renderle "liquide", disponibili e spendibili. Ciò vale anche per i fondi regionali, e gli esempi di aree ad elevata complessità che attendono interventi risolutivi non mancano: basta ricordare gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, le opere idriche a difesa del suolo (in ispecie il bacino del Tagliamento) e delle foreste, gli interventi di edilizia abitativa, le agevolazioni alle imprese e la depurazione dei cicli produttivi. A pieno regime invece il capitolo delle benzine agevolate: i rimborsi alle compagnie petrolifere toccano il 93,6 per cento delle somme anticipate ai gestori dei distributori.
Abbondio Bevilacqua