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Il Messaggero Veneto 24-06-2002

Oggi l'assessore Ciriani illustrerà all'Assemblea delle autonomie i sette progetti sugli ambiti ottimali

La giunta ridisegna gli enti locali

Il territorio potrebbe essere suddiviso burocraticamente in 15 o 30 zone. L'Anci: garanzie sui fondi

di FEDERICA BARELLA

UDINE - Sette diverse ipotesi per un nuovo assetto istituzionale del Friuli-Venezia Giulia. Sette diverse proposte di suddivisione amministrativa. Sette progetti su cui ora l'Assemblea delle autonomie, assieme a Anci, Uppi e le altre associazioni delle amministrazioni locali, dovranno confrontarsi per arrivare a una decisione definitiva. Sette differenti piani capaci di prevedere, come si evince dall'ipotesi «A», un Friuli-Venezia Giulia diviso in 15 diverse zone (tecnicamente definiti «ambiti territoriali»), fino ad arrivare all'ultima proposta con un territorio diviso invece in ben trenta «porzioni».

IL NUOVO PROGETTO - Non stiamo parlando di nuovi enti, ma di quegli strumenti (appunto gli ambiti territoriali) capaci di produrre tra i vari risultati la possibilità di applicare la legge 15 del 2001, quella che disciplina i trasferimenti di competenze e risorse dall'amministrazione regionale agli enti locali. Ma anche di consentire l'avvio del processo delle convenzioni e delle unioni tra i comuni. Queste ultime previste in particolar modo per consentire di sopravvivere, dal punto di vista burocratico e amministrativo (non certo in considerazione dell'identità), alle decine dei micro-municipi regionali, che soprattutto in montagna rappresentano ormai la stragrande maggioranza. Su 219 comuni regionali, quelli al di sotto dei mille abitanti sono infatti circa 40.

Oggi l'assessore regionali alle autonomie Luca Ciriani illustrerà i sette diversi progetti all'Assemblea delle autonomie. In un incontro in anteprima con l'Anci, l'associazione dei comuni, lo stesso Ciriani ha voluto comunque sottolineare, ricordando in ogni caso il potere della Regione in materia, che non si tratta di una riforma a scatola chiusa, ma solo una base di confronto per arrivare alla soluzione migliore che ci consenta di definire gli ambiti ottimali territoriali, primo fondamentale passo verso la devoluzione di competenze e funzioni agli enti locali.

LE SETTE IPOTESI - Per quanto riguarda le sette ipotesi, esse sono state elaborate tenendo conto di vari parametri. Nella prima proposta sono stati usati come punti fondamentali: l'area sanitaria, i mandamenti giudiziari e i distretti scolastici. Nella secondo ipotesi, ai tre parametri sono stati aggiunti degli elementi correttivi quali le circoscrizioni del lavoro e i dati sul pendolarismo; nella terza sono stati considerati i comprensori montani e il distretto della sedia. Le altre ipotesi prendono invece in considerazione ancora altri elementi quali le aggregazioni produttive o anche l'ambito costiero. Nell'incontro svoltosi nella sede dell'Anci (e al quale hanno partecipato anche Alcide Muradore, sindaco di Palmanova e vice presidente vicario dell'Anci, Giuseppe Napoli, sindaco di Precenicco, Gianfranco Pizzolitto, sindaco di Monfalcone, Renato Antonelli, consigliere comunale di Terzo d'Aquileia e del past president dell'Anci Luciano Del Frè) l'attuale presidente Flavio Pertoldi ha espresso soddisfazione per questo primo passo della Regione.

«Si tratta di un processo molto lungo e complesso - spiega Flavio Pertoldi -. Perchè la parte che porterà alla facilitazione delle unioni tra comuni è forse la minore. Quella più consistente riguarderà invece la determinazione di queste zone omogenee per arrivare a ottenere dalla Regione il trasferimento del maggior numero di competenze. La stessa amministrazione regionale prima di trasferire poteri deve essere sicura che i vari enti locali siano in grado di gestire tali poteri. Da qui la necessità di creare i consorzi per arrivare a dare a Ligosullo come a Trieste la stessa capacità di gestire le nuove competenze».

UNIONI TRA COMUNI - Senza dimenticare ovviamente l'aspetto economico. «Anche qui - osserva Pertoldi - bisogna agire con molta chiarezza. Toccando l'altro aspetto degli ambiti ottimali, ad esempio, per arrivare a creare un'unione tra comuni c'è bisogno comunque di un investimento iniziale, malgrado i successivi innegabili risparmi». E a questo proposito Pertoldi ricorda come già in passato numerosi comuni del Friuli-Venezia Giulia avessero scelto la via dell'unione (alla fine si erano registrati ben sette «matrimoni» amministrativi, tra tre o più diverse amministrazioni), salvo poi scoprire che «per motivi di assestamento di bilancio», i finanziamenti destinati alla copertura di questo genere di operazioni (inizialmente almeno 40 miliardi), sono stati poi destinati altrove. «L'amarezza e la delusione degli amministratori locali - osserva Pertoldi - è stata grande. Tanto da pregiudicare processi di questo genere anche per il futuro».

PATTO DI STABILITA' - «E a proposito di soldi - aggiunge ancora Pertoldi - anche se non fa parte della partita degli ambiti ottimali, vorremmo che la Regione si esprimesse definitivamente sul rispetto del cosiddetto 'Patto di stabilità', ovvero sulla necessità di osservare, da parte tutte le amministrazioni, i parametri europei di gestione del bilancio. Roma e Bruxelles, hanno già promosso, in questo senso, l'intera Regione Friuli-Venezia Giulia. Noi sindaci vorremmo che ciò si traducesse in una automatica promozione anche per tutti gli enti locali. Il passaggio di competenze e di oneri in materia di personale, potrebbe infatti collocarci fuori parametro».