Il Messaggero Veneto 14-01-2002
Il neosegretario forzista chiede un'equa rappresentanza territoriale
PORDENONE - Il nuovo presidente della giunta regionale, per poter essere eletto, dovrà passare per Pordenone. Fresco di nomina alla guida di Forza Italia nella Destra Tagliamento, Michelangelo Agrusti, uomo di punta della Dc anni Ottanta, lancia un messaggio al suo partito. In uno scenario non improbabile - quello del 2003 -mmaginato come confronto tra un candidato di centro-sinistra, il triestino Riccardo Illy, e uno del centro-destra, l'attuale presidente, Renzo Tondo, determinante, nella logica di competizione territoriale, sarà proprio il Friuli occidentale.
Ma anche lei sostiene che il candidato migliore, per la Casa delle libertà, sia Tondo?
Il presidente ha tempo di guadagnarsi con autorevolezza il diritto di essere il nostro campione nella gara per le regionali. Siccome ritengo che Pordenone sarà decisiva nella competizione elettorale, Tondo dovrà dimostrare, in modo convincente, di essere anche un pordenonese.
La sua elezione, invece, come assesta gli equilibri di Forza Italia in Friuli-Venezia Giulia?
Con i congressi di Udine e di Pordenone si sono create le condizioni per una leadership reale in tutto il Friuli. Considerato che Trieste è rappresentata dal coordinatore regionale Ettore Romoli e da Camber, ci sono le premesse per mettere insieme una forza omogenea, capace di dare prospettiva alla nostra regione. In questo quadro, Pordenone non sarà certo più la Cenerentola.Ritiene che il consenso unanime raggiunto sul suo nome sia legato anche alla necessità di contro-bilanciare lo strapotere di Ferruccio Saro a Udine?
Le ragioni possono essere varie e tra queste anche la valutazione che servisse una figura capace di trattare da una posizione non debole con altre realtà territoriali, come quella di Udine, che aveva già scelto una leadership forte. Credo, comunque, che con Saro ci sarà una buona collaborazione, come pure con altri, a partire da Trieste, dove posso contare su amici sinceri. a partire dal presidente del consiglio provinciale.
Alla gestione Saro viene imputata un'eccessiva arrendevolezza nei confronti degli alleati, della Lega in particolare. Si iscrive anche lei in questa schiera di critici?
Per quanto ci riguarda, il problema non è la Lega, ma la rappresentanza di Pordenone. Noi non chiediamo posti di sottogoverno, ma poniamo con forza il problema della qualità del personale chiamato a dirigere enti e istituzioni pubbliche, indipendentemente dagli equilibri territoriali. Per parte nostra ci sforzeremo di cercare le persone piú idonee, per qualità e disponibilità, a gestire al meglio la Regione, le Province e i Comuni. Non dobbiamo limitarci alla stretta cerchia di amici, ma impegnarci a trovare nella società le competenze più idonee.
L'ex presidente, Adriano Biasutti, può rappresentare una risorsa?
Sicuramente, se non venisse "sfruttata", sarebbe uno spreco colpevole. Lo stesso dicasi per gente come Adriano Bomben, che ha capacità straordinarie di creatività e di governo di situazioni complesse.
Non è che lei vuole rifare la Dc?
I partiti sono fatti da uomini e, come le persone, hanno un'anagrafe, con tanto di data di nascita e di morte. Tutti i vecchi partiti sono scomparsi e non resuscitabili. Forza Italia è un movimento nuovo, ma ha la responsabilità di rappresentare il blocco sociale del pentapartito.
La morte della Dc è stata decretata da Tangentopoli. C'è ancora qualcosa da dire su quelle vicende?
Se un giorno venisse istituita una commissione d'indagine su quello che è accaduto negli scorsi dieci anni in Italia, è certo che mi sentirei di dare un contributo per mettere a fuoco quanto è successo, anche nella nostra regione.
Come vede il futuro del Friuli da Pordenone?
La ridefinizione dell'autonomia speciale è tanto piú urgente e indispensabile, quanto piú si avvicina l'allargamento a est dell'Unione europea. Se non creeremo condizioni nuove sul piano delle grandi infrastrutture e degli strumenti finanziari, quella che potrebbe essere una nuova opportunità di sviluppo, rischia di produrre effetti devastanti».
Istituzioni forti sono prodotte anche da regole efficaci. La convince la proposta di riforma della legge elettorale?
Bisogna coniugare la rappresentatività con la stabilità del governo, attraverso la scelta diretta del presidente. Mi auguro, però, che ci siano norme esplicite anti-ribaltone.
Stefano Polzot