Il Messaggero Veneto 08-11-2001
La riforma del voto appena definita è già messa in discussione. E i ds minacciano il referendum
Baritussio: rivedere l'indicazione del presidente. Il Ccd: se cambiate lasciamo la giunta
TRIESTE - La riforma elettorale, a progetto definito, torna in alto mare: An boccia la doppia preferenza e rimette tutto in discussione e i Ds minacciano di ricorrere al referendum per affossare il progetto appena elaborato. «Non ci piace la doppia preferenza - spiega Franco Baritussio di An -. Da presidenzialisti vogliamo che sia piú chiara l'indicazione del presidente designato sulla scheda. E anche che si preveda un modo per garantire che il consiglio poi lo elegga».
Sul fronte opposto il capogruppo ds Sandro Tesini paventa il ricorso al referendum: «Diventa strano capire le ragioni per le quali si stanno impasticciando in questa maniera un testo sul quale si discute ormai da mesi. Ci sono elementi di dubbia costituzionalità cosí come il recupero di norme definitivamente superate nella legislazione elettorale anche attraverso plebiscitari esiti referendari. Si ha come l'impressione che la maggioranza punti a un'esasperazione che può condurre solo o alla inconcudenza o a spianare la strada a quanti nella società regionale e tra le forze politiche dovranno ritenere preferibile il ricorso al referendum piuttosto che subire una legge cosí autoreferenziale».
Il rischio che nel 2002 si vada al voto con la norma transitoria, ovvero il sistema in uso nelle altre regioni, presidenzialismo incluso, c'è. In comitato ristretto c'è un testo di legge. Ma c'era già mesi fa: la bozza Molinaro che aveva sulla carta l'appoggio di almeno 36 consiglieri. Poi, con l'interludio dell'"ipotesi Asquini" si è evoluta nella "bozza Zoppolato", alla fine tramutatasi nel disegno Molinaro-Zoppolato, inizio di un percorso che vede rimescolata anche la trasversalità di partenza del provvedimento originario.
«Quante possibilità ha questa legge di arrivare all'emanazione? Se va bene, il dieci per cento» commenta plumbeo Gianfranco Moretton, capogruppo dei Ppi-Margherita, sino a ieri ottimista. «A ogni riunione spuntano nuove stravaganze e contraddizioni che rendono la cosa sempre più problematica. A essere ottimisti le possibilità di farcela sono fifty-fifty», commmenta lo sdi Giorgio Baiutti. «Possibilità tutte nelle mani della maggioranza, e il problema sta proprio qui. Più d'uno preferirebbe non portare a termine la riforma, specie in Forza Italia. Il listino ingolosisce, e, per arrivarci, basta non fare nulla.
Tre anni di legislatura ci hanno mostrato che la maggioranza è bravissima, in questo». «Cento per cento, neanche una possibilità di meno»: Beppino Zoppolato, presidente del comitato ristretto, e padre a metà della legge, non vuole sentir parlare di intoppi. «Cento per cento», conferma Isidoro Gottardo, presidente del gruppo del Cpr. «Ci sarà ancora qualcosa da aggiustare, naturalmente, per garantire i 40 voti che vorremmo. Ma una legge si farà». Il Ccd Bruno Marini, responsabile ad interim di Forza Italia in attesa del rientro di Aldo Ariis, va ancora più in là: «Dico cento per cento anch'io. Semplicemente perché la legge la si deve fare, altrimenti cade tutto. Anzi, per esplicitare la mia certezza, dico che per noi è una conditio sine qua non politica: si dovesse finire alla norma transitoria, i nostri quattro consiglieri ritirerebbero l'appoggio alla giunta. E sono sicuro che lo farebbero anche i tre Cpr. Insomma, decadrebbe la maggioranza». Non ci fossero rischi, un richiamo così forte da assomigliare a una minaccia non avrebbe ragione d'essere. Sotto, in filigrana, ci si potrebbe leggere una preoccupazione reale.
Le possibilità che il provvedimento riscuota alla fine quella maggioranza dei due terzi che lo metterebbe abbastanza al sicuro da un referendum, non sono moltissime. E, se si va al referendum, può succedere di tutto (anche per la necessità di attivare una campagna elettorale con sei mesi o più di anticipo sul voto della primavera 2003). Rimane comunque il rischio che, per far contento il maggior numero possibile di consiglieri, si arrivi ad una legge pasticciata, impugnabile davanti alla Corte costituzionale. Un'eventualità che preoccupa molto gli uffici, ma anche Luca Ciriani, assessore competente per materia. «A dire il vero, la competenza sul provvedimento ora è tutto affidato ai gruppi» precisa questi.
«C'è un percorso complicato, per la presenza di sensibilità politiche molto diverse. E poi ci sono gli interessi diretti delle forze, forse anche dei singoli, è umano. Nella difficoltà che incontra questa legge ci sta di tutto». «Siamo partiti da posizioni distanti, ora un po' più vicine grazie allo sforzo di tutti. Ma rimangono significative zone d'ombra, parecchie cose su cui dobbiamo ancora metterci d'accordo. Speriamo di poterle risolvere, vedremo nel prosieguo», dice ancora Ciriani. E conclude: «Da tecnico, la mia preoccupazione principale è che venga approvata una legge a prova di bomba. Sia perché si tratta di una norma costituzionale, che detta le regole, sia perché, in caso di smagliature giuridiche, il rischio è quello di tornare a votare dopo un po'».
L.S.