Il Piccolo 02-07-2002
Messo a punto il documento che indica le linee guida del processo di dismissione dell'area, destinato a concludersi intorno al 2010
Quattro società gestiranno la fase di passaggio. Un terminal galleggiante per il gnl a due chilometri dalla costa
Alla Ferriera sono oggi connesse due fondamentali categorie di problematiche: l'inquinamento, certo, ma anche il rischio di un decremento occupazionale collegato a una situazione che sotto il profilo del reddito per la società permane «critica».
Come intervenire per risolvere entrambi i problemi? Si può investire un bel po' di soldi per realizzare quell'annunciato laminatoio che consentirebbe di reimpostare su basi maggiormente competitive il processo produttivo, adottando al contempo ulteriori migliorie ambientali. Oppure si può pensare a una cessazione della siderurgia e a una riqualificazione del comprensorio. Che deve passare attraverso uno sviluppo delle altre attività già esistenti nell'area.
Ed ecco, dunque: il futuro dell'area della Ferriera sta nel porto e nella centrale elettrica alimentata a gas. Da una parte la piattaforma logistica per la cui realizzazione già Comune, Provincia e Autorità portuale hanno a suo tempo individuato nella Legge obiettivo le risorse con cui varare il progetto; dall'altra, la realizzazione di una nuova centrale elettrica a gas naturale da 400 megawatt alimentata da un gasdotto oppure - in alternativa - da gas naturale proveniente da un impianto di ricezione e rigassificazione da installare in mare, a circa due chilometri da terra. Il tutto tenendo presente che il gruppo Lucchini da tempo ormai affianca al proprio business principale, quello della siderurgia, l'impegno nell'energia elettrica.
Questi i concetti e le linee guida espressi nel documento che la task-force del ministero delle Attività produttive guidata da Massimo Goti ha elaborato in merito alle «possibili ipotesi di sviluppo dell'area industriale di Servola», mettendo così nero su bianco i risultati definitivi di un'analisi cui il gruppo ha lavorato per alcuni mesi. Ieri Goti è volato a Trieste per confrontarsi con il sindaco Roberto Dipiazza e mettere a fuoco gli ultimi dettagli di un percorso che dovrebbe portare entro il 2009-2010 a quella dismissione dello stabilimento cui Dipiazza garantiva di puntare sin dai tempi della campagna elettorale.
Ieri il piano, condiviso dal sindaco negli indirizzi generali («a patto di salvaguardare fino all'ultimo i posti di lavoro e di avere un consenso condiviso», precisa Dipiazza) è stato trasmesso all'assessore regionale all'Industria Sergio Dressi, nei cui uffici era stato aperto qualche mese fa un tavolo permanente di confronto tra le parti. Subito dopo dovrebbero partire le consultazioni mirate a giungere a un accordo di programma che coinvolga i ministeri di Ambiente e Attività produttive, le istituzioni locali, le parti economiche e sociali.
Per sommi capi, l'intervento complessivo illustrato nel piano si apre con la fermata definitiva di un altoforno e dell'acciaieria già a partire dal secondo semestre di quest'anno, per concludersi nel 2010-2011 con la vendita degli impianti residui, opere di bonifiche e riqualificazione delle aree liberate dagli impianti. Tra queste due date, un cammino che prevede l'eventualità di realizzare la piattaforma logistica, la costruzione di una nuova centrale elettrica a gas naturale da 400 megawatt nelle aree dell'ex acciaieria, la realizzazione del relativo sistema di alimentazione. Il costo totale dell'operazione, da qui al 2010, è stimato attorno ai 331 milioni di euro.
Come dare concretezza al piano? Il documento giudica necessaria a questo proposito una «architettura istituzionale adeguata», ossia la formazione di varie cordate composte da istituzioni e operatori pubblici e privati. Sono quattro le società che dovrebbero sorgere con il compito di curare altrettanti «capitoli» della riconversione. Un ruolo di spicco è riservato, secondo il documento, a Lucchini e ad Acegas. Il gruppo bresciano, come si diceva, è già attivo nel settore dell'energia: dispone di due centrali di cogenerazione - l'una Trieste, l'altra a Piombino - e di cinque impianti idroelettrici. Nel nuovo business entrerebbe poi, come più volte annunciato dal sindaco stesso, l'Acegas: l'ex municipalizzata parteciperebbe a una società votata a realizzare e gestire la nuova centrale turbogas. Infine, il nodo occupazionale. Il documento elaborato dallo staff di Goti prevede che a questo problema si dedichi una apposita società da costituire nel corso di questo stesso anno per la riqualificazione dei lavoratori e l'individuazione degli ammortizzatori sociali.
Paola Bolis