Il Gazzettino 04-03-2002
"Sempre troppo preoccupati di non essere accettati dagli altri né confermati nell'individualità, la nostra diffidenza cresce, mentre gli ideali aggregativi, quelli che si ispirano ad uno stare insieme produttivo per l'umanità scompaiono dalla quotidianità". Stefano Zecchi, filosofo e docente di estetica, commenta così questo significativo spaccato di sociologia contemporanea proposto dal sondaggio. -La prudenza porta ad una sorta di inaridimento delle persone? "Certamente non è una solidarietà 'fertile'. Anzi, io la definirei una solidarietà di difesa, perché in molti casi non si tratta di un incontro propositivo, ma soltanto di un conforto per non sentirci lontani dal mondo". -I dati propongono un panorama non omogeneo della diffidenza soprattutto tra giovani e anziani.
"Il fatto è che con l'età si diventa molto saggi e previdenti, e contemporaneamente viene a mancare lo slancio utopico proprio dell'adolescenza. I ragazzi, invece, agiscono talvolta addirittura in modo spregiudicato. Ma possono permetterselo. In fondo, hanno risorse e forza per sostenere le conseguenze insieme al peso di un rischio". -E cosa ne pensa di uno scenario in cui non sono solo le fasce d'età a fare la differenza, e dove anche il tipo di occupazione è una discriminante importante? "Ovvio che si possa misurare la percezione del rapporto con gli altri sulla base della propria attività. Gli imprenditori sono i più prudenti perché quotidianamente rischiano, in prima persona, gli eventuali danni provocati da una fiducia mal riposta. E tale impostazione riesce a contaminare anche i 'dialoghi' che non appartengono all'ambito professionale". -Le casalinghe nella nostra classifica seguono immediatamente i lavoratori autonomi.
"La motivazione è ben diversa; si sposta sul piano del timore degli altri, nel senso che esprime la preoccupazione per la propria incolumità. Non si fidano degli sconosciuti. In ogni caso, i loro sentimenti rispecchiano quelli che prevalgono, sebbene in senso più ampio, nella società e che sono votati innanzitutto alla difesa". -Il bisogno di aggregazione però c'è, esiste, e la nascita continua di associazioni, circoli, ne è una testimonianza concreta. "Sì, ma l'incontro avviene con chi ha le nostre idee, la nostra stessa cultura. Così ci troviamo spesso innanzi ad una selezione nelle adesioni al 'gruppo'. La vera aggregazione, invece, sta nella capacità di rischiare, nel senso di rischiare di conoscere; perché solo attraverso questo prezioso passaggio si può parlare di sviluppo, di maturazione e di evoluzione di una società".
Annamaria Bacchin