Il Piccolo 09-04-2002
La nuova normativa sulla denazionalizzazione all'ordine del giorno della prossima sessione del parlamento croato
Il deputato Radin ha presentato gli emendamenti a favore degli esuli italiani
TRIESTE - Forse è la volta buona. La nuova legge sulla denazionalizzazione dovrebbe approdare, il condizionale è quanto mai d'obbligo, nell'aula del Sabor (il Parlamento croato) nei prossimi giorni. L'argomento è al diciottesimo punto dell'ordine del giorno dei lavori che incominceranno domani e dureranno fino al 19 aprile. E, come promesso, il deputato al seggio garantito per il gruppo nazionale italiano, Furio Radin, ha presentato gli emendamenti che dovrebbero far rientrare gli esuli tra gli aventi diritto alla restituzione dei beni che furono nazionalizzati ai tempi di Tito. Ma Radin non è certo che si riesca a discutere della delicatissima questione in questa sessione parlamentare. Per due ragioni: procedurali e sostanziali. Per quanto riguarda le prime i deputati sono ancora in attesa dell'adeguamento del disegno di legge che dev'essere presentato dal governo.
Se mancasse questo provvedimento la discussione scivolerebbe. Per capire meglio ricordiamo che la legge venne rinviata al Parlamento dalla Corte Costituzionale quasi due anni fa poichè prevedeva la restituzione soltanto per i cittadini croati. L'adeguamento del governo deve appunto prevedere l'allargamento della normativa anche a serbi ed ebrei, cioè a coloro che si videro epropriati dei beni già tra il '41 e il '45, ossia dal governo ustascia di Ante Pavelic. Questo allargamento spiega i problemi di carattere sostanziale, che, detta in breve, attengono ai soldi. Quanto possono costare queste restituzioni? Parliamo di industrie, grandi proprietà immobiliari, aziende commerciali e quant'altro venne portato via. Una quantificazione, allo stato, è impossibile, ma si sa che i costi sono enormi specie per una Croazia dall'economia stremata.
E per quanto riguarda gli esuli? Come detto Radin ha depositato i suoi emendamenti che prevedono la non discriminazione riguardo alla cittadinanza (nella legge si parla di cittadini che all'epoca erano «jugoslavi») e l'utilizzo dei 35 milioni di dollari del debito croato nei confronti dell'Italia per i beni della ex zona B, che potrebbero essere restituiti in natura. Radin ha anche posto chiari «paletti» ai suoi emendamenti: non devono provocare la revisione dei trattati tra i due Paesi e non devono essere collegati con l'entrata della Croazia nell'Unione Europea. Si tratta più di questioni di principio, come il riconoscimento di un torto fatto agli esuli e quindi di una violazione dei diritti umani, che forse pratiche, anche perchè, come sottolinea lo stesso Radin, non bisogna sanare un'ingiustizia commettendone un'altra, ledendo cioè i diritti di chi sia venuto legalmente in possesso di questi beni.
Ovviamente la legge è molto attesa dagli esuli. Il presidente della Federazione, Guido Brazzoduro, afferma che l'accoglimento degli emendamenti sarebbe «la dimostrazione migliore di disponibilità, un segnale di apertura. Anche perchè da parte degli esuli non c'è nessuna volontà di imporre qualcosa e di avere una rivincita, ma il desiderio di veder riconosciuta l'ingiustizia subita». Le decisioni del Sabor sono attese anche dal governo italiano. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, ricorda di aver auspicato «un'accoglienza positiva» parlaneone con l'ambasciatore croato Drago Kraljevic. E su questa linea si sta muovendo la Farnesina. E allora, sarà la volta buona? Radin, che ben conosce gli umori croati, si dichiara «moderatamente pessimista».