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Il Piccolo 13-06-2002

Il segretario generale del Censis illustra i risultati di uno studio sulle potenzialità del capoluogo. «Va superata la fase della memoria divisa, insidia sulla strada dello sviluppo»

De Rita: «Basta economia dopata, Trieste punti sulla logistica»

TRIESTE - L'economia triestina non riesce ancora a «fare sistema» perché dominata da una «memoria divisa e sotto stress» che riporta al passato. Trieste «porta socchiusa», con troppi diaframmi allo sviluppo. È questo lo scenario descritto dal segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, durante l'incontro di ieri fra Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, e gli operatori economici della città. Al convegno è stato presentato un rapporto, a cura del consorzio AAster e del Censis, che fotografa la realtà economica del Friuli Venezia Giulia, misurando l'impatto del piano di riassetto di Unicredit sul sistema del credito regionale. Il «dossier», nella migliore tradizione del Censis, contiene molte tracce importanti per capire le potenzialità di una regione che, come ha detto De Rita, deve superare la fase della «memoria divisa» perché «costituisce la più pericolosa insidia sulla strada della crescita». Ecco allora la necessità di creare «una piattaforma logistica e infrastrutturale» che valorizzi i punti di forza della regione e in particolare la vocazione specifica di Trieste come luogo di traffici e interscambio commerciale verso l'Est Europa.

Trieste deve così puntare sul porto, sulle infrastrutture e sulla logistica: è questa la ricetta del Censis per sostenere l'economia e l'industria. La città, dal dopoguerra fino agli anni Novanta, ha vissuto soprattutto grazie agli effetti «dopanti»: partecipazioni statali, aiuti finanziari, aiuti di Stato. Ma questa «rendita di posizione», sottolinea il Censis, è finita. Gli strumenti di agevolazione sono finiti nel mirino dell'Unione Europea e la caduta dei blocchi ha reso meno evidenti i benefici degli scambi transfrontalieri. Inoltre ci sono anche fattori demografici negativi (Trieste la città più anziana d'Italia) e un sistema economico diviso fra le attività di servizio (commercio e edilizia) e grandi gruppi globali come Generali e Fincantieri. Il ritirarsi delle partecipazioni statali ha lasciato dal punto di vista industriale, secondo il rapporto, presentato da Aldo Bonomi, direttore del consorzio Aaster, un «paesaggio desolante».

Secondo il dossier la stessa ricerca scientifica e tecnologica e le attività terziarie della net-economy non riescono ancora a «fare sistema» con il territorio. Esiste la percezione di una «persistente marginalità dell'area rispetto al resto del Paese» ma anche «senso di malessere e frustrazione per gli insufficienti collegamenti infrastrutturali». E anche i margini di ricchezza di una città dove sono cospicui i patrimoni privati stanno «lentamente erodendosi». Per il Censis in sostanza a Trieste sopravvive una «cultura del declino» ma ci sono nuove aperture, spiragli, quella che Bonomi ha definito «una porta socchiusa, senza cardini» ma che deve essere spalancata: «La grande carta di Trieste resta quindi - secondo il Censis - la sua posizione geografica che ne ha fatto uno dei maggiori porti del Mediterraneo e che solo un sistema di comunicazioni inadeguato non riesce a valorizzare pienamente. Portualità, infrastrutture. logistica, sono il primo asse da privilegiare».

Lo stesso Censis sottolinea che «ancora oggi molte aziende preferiscono usufruire degli scali di Rotterdam e Amburgo: pur facendo più strada hanno costi inferiori. In questo senso rappresenta Trieste è uno snodo fondamentale per un asse verticale che colleghi il Corridoio 5 all'Europa centrale».Con Profumo ieri c'è stata una tavola rotonda in cui ci sono stati interventi come quello di Federico Pacorini, ex presidente degli industriali triestini, che ha insistito sull'importanza di un futuro industriale per la città. Ma ha anche aggiunto, in sintonia con il Censis, di essere stato costretto a «investire fuori Trieste per mancanza di relazioni e interscambio strategico». È seguito un botta e risposta con il sindaco Dipiazza: a suo avviso lo sviluppo industriale può nascere in un contesto territoriale più ampio, anche fuori da Trieste.

Ma il Censis rileva che le potenzialità di Trieste vanno sfruttate essendo una città che ha il più alto indice di riferimento in regione se si valuta l'impatto del commercio estero, scambi di beni e servizio, movimenti di persone e di capitali. Una vocazione economica sulla quale fonda le sue strategie anche la «banca glocal» che nasce dal nuovo assetto di Unicredit per spezzare quella che è stata definita «discontinuità bancaria»: analisi che individua «localismi di segno diverso anche nella distribuzione del sistema del credito e della finanza in regione».

p.c.f.