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Il Messaggero Veneto 21-09-2001

Fouad: come spiegare la crisi internazionale

Quando, dieci giorni fa, abbiamo visto in televisione, in diretta, le terribili immagini delle torri gemelle che crollavano e il pensiero era subito corso a un probabile attentato terroristico, sapevamo che da quel momento in poi la vita non sarebbe stata quella di prima. La mente era corsa alle rivalse degli Stati Uniti, alle ripercussioni sui mercati e sulle economie internazionali, all'inizio, insomma, di quello che sarebbe poi stato definito terzo conflitto mondiale. Il professor Khaled Fouad Allam, dell'Università degli studi di Trieste, insegna a Scienze internazionali e diplomatiche di Gorizia Storia e istituzione dei paesi islamici e sociologia del mondo musulmano, e gli abbiamo quindi chiesto come è giusto interpretare questa crisi internazionale anche dal punto di vista di quelli che oggi sono considerati il nemico per antonomasia, cioè la civiltà islamica e il mondo arabo.

Secondo lei, professore, con questi attentati si è innescata davvero un'irreversibile guerra tra il mondo arabo e quello occidentale?

«I paesi arabi combattono da anni contro questa ideologia. Va distinto, come ho ribadito tante volte, l'Islam dall'islamismo. L'islamismo è una concezione politica intellettuale e ideologica diversa dall'Islam, in quanto utilizza la fede religiosa a fini ideologici, ma non è religione. Questi attentati terroristici si sono nutriti di tutta la tematica che c'era in Occidente negli anni Settanta, una tematica antiamericana e antioccidentale».

Quali sono, a suo modo di vedere, gli scenari che si aprono ora per il futuro?

«Certamente siamo entrati in una congiuntura molto turbolenta e delicata, anche perché c'è il rischio concreto di una destabilizzazione di tutta l'area mediorientale e anche dell'Asia centrale. Dipenderà certamente dalla capacità degli Stati Uniti e dell'Europa di coniugare da una parte la repressione di questi movimenti, ma anche un'azione politica sul piano socio-economico di aiuti verso quest'area geopolitica».

Come può spingere la fede a questi atti così estremi? Ma poi l'Islam è questo che predica?

«È un discorso molto complesso. Io credo che a un certo punto la fede scompare e diventa più un rapporto fra mistica e politica, che fa perdere il senso della razionalità. Questo è stato osservato, però, anche in molti movimenti politici che si nutrono di tematiche religiose. Lo stessa componente si osserva per esempio nel gruppo dell'Ira, che nasce da una tematica religiosa, o è successo con il nazismo, sulle cui cinture era scritto "Gott mit uns". Non si tratta quindi più di religione».

In quali termini spiegherà quello che sta succedendo nel mondo ai suoi studenti qui a Gorizia?

«Io cercherò di definire razionalmente i termini di questa crisi, anche se i giovani di oggi hanno certo gli strumenti per trarre da soli le loro conclusioni».

Isabella Franco