PIETRO PIPI: La crisi della politica


I dati elettorali sono lì e a guardarli si possono rintracciare alcune cause della crisi della politica.

Su 30000 aventi diritto si sono candidati in 662: 1 ogni 45 Ai nastri di partenza si sono presentate 20 liste. 7 non hanno superato quota 200 preferenze. Queste stesse liste hanno una media di 30 candidati ciascuna ed una media di voto di lista pari a 120 voti. Si arriva ad una media di 3 voti a candidatoŠUn po' poco: il candidato stesso più 2! Una di queste liste è risultata avere più candidati che preferenze. Su 36 consiglieri eletti solo 7 sono donne: 19%in linea con i paesi del Medio-Oriente

Ipotesi valutative su questa polverizzazione del voto a fronte di una partecipazione intorno al 70%degli aventi diritto:

  • A) grande esempio di partecipazione alla vita politica pubblica;
  • B) elevata presenza di candidati orfani, senza parenti in vita e con assenza o limitatissimi rapporti sociali
  • B.1) candidati morti o con bassissima autostima
  • C) elevata concorrenza fra disperati in cerca di occupazione
  • D) elevata presenza di aspiranti-professionisti nel ricatto doppioturnista
  • E) inconsistenza della proposta politico-amministrativa
  • Forse sono valide tutte le ipotesi ma la nostra analisi era ed è che non si è mai passati ad una seconda repubblica e che dopo l'ondata emotiva che ha favorito l'emanazione per la pubblica amministrazione di provvedimenti di facciata ispirati a presunti criteri di trasparenza tutto è tornato come prima, se non addirittura peggiorato.

    Il regime partitocratico ha inteso la pubblica amministrazione come un luogo di conquista per partiti politici affamati di potere. Gli Enti Locali sono stati volutamente trasformati in area di vasta inefficienza, spreco e ingiustizia verso i meritevolli ed i contribuenti onesti. A perfezionare questa operazione di decadimento ci si son messi d'impegno anche i sindacati, che giocano sempre a darsi una patina di verginità e innocenza, sebbene sappiano benissimo come funzionano le cose ma fingono di ignorarle per convenienza, opportunità e, diciamolo pure, collusione.

    Noi radicali siamo stati i primi, inizio anni '70, a porre questo problema e gli storici referendum sul finanziamento pubblico dei partiti e sul maggioritario devono essere considerati proprio all'interno di una visione progettuale più ampia e articolata mirante a screditare lo svilimento della politica in affarismo e corruzione legalizzata.

    "Indicare nei costi della politica, come ha recentemente scritto Claudia Mancina,  il principale peccato della politica, sulla scorta di un paio di libri fortunati, è segno di una pigrizia mentale che non aiuta affatto a capire che cosa stia succedendo, ma è parte del problema. Costi e privilegi, infatti, ci sono e devono essere ridimensionati; ma chi pensa di cominciare da lì la riforma della politica, o si illude o è in mala fede. Il problema essenziale della politica italiana, quello da cui dipendono tutti gli altri, è la sua debolezza".

    Prima delle elezioni, prima che il centro-sinistra desse questo spettacolo patetico di sé e della politica, avevamo invitato la classe dirigente del centro-sinistra a prendere atto della condizione di putrefazione in cui versava capace di proporre come segnale di cambiamento una lottizzazione in chiave giovanottesca: caso SDAG docet.

    Chiedevamo di farsi da parte al fine di poter ripartire da zero per progettare una proposta politica audace, competente e laica: rinnoviamo convintamene l'invito perché, in assenza di un vero cambiamento di rotta, da qui ad un anno le cose, tra regolamento di conti e faide interne, possono solo peggiorare e tra un anno si vota per le regionali.

    Pietro Pipi
    Membro Comitato Nazionale Radicali Italiani Segretario Associazione Radicale di Gorizia "Trasparenza e' Partecipazione"

    29/05/2007