Osservazioni su art. 75 Costituzione.
di Fausto Cadelli
Sommario
1. Referendum, natura del quorum, astensione.
2. Rischio di deriva plebiscitaria del referendum.
3. Tre effetti diversi del voto: si, no, astensione e disuguaglianza del voto.
4. Le tre opzioni sulla proposta di referendum: abrogazione, difesa, ritorno in Parlamento.
5. Considerazioni retrospettive sul voto del 12 e 13 giugno.
6. Nuovo quorum ed altre modifiche.
Punto 1. Il referendum ha forza di legge. La legge ed il referendum sono espressione , rispettivamente, indiretta e diretta della sovranità popolare su cui si fonda l'art.1 della Costituzione. Il Parlamento deve essere in numero legale per approvare le leggi in modo che sia garantita la significatività del confronto nell'adozione dell'atto con portata generale per eccellenza come la legge. Parallelamente, il referendum - che modifica la legge - deve avere un quorum per lo stesso motivo per cui il Parlamento deve essere in numero legale. Senza dubbio, se non si può ricavare dalla regola del numero legale la legittimità dell'assenza dei parlamentari dalle votazioni, appare del tutto immotivato ricavare la legittimità dell'astensione dal referendum dalla regola del quorum
Punto 2. Se passa l'idea che l'astensione militante dal voto, alleata con l'astensionismo fisiologico, sia il modo più efficace per difendere una legge dalla proposta di abrogazione di un referendum, il rischio principale è quello di una grave forzatura costituzionale e di un'autentica deriva plebiscitaria del referendum. In altri termini, il rischio è che a votare ci vada solo chi è interessato ad abrogare la legge mentre resta a casa chi la vuole difendere. Stante l'attuale quorum dell'art.75, un referendum sarebbe approvato solo con il 50% + 1 di sì, una maggioranza enorme . Tale regola non è stata prevista dal Costituente, ed è logico che sia così perché una legge, approvata con maggioranza semplice dal Parlamento, non ha senso che debba essere modificata da una maggioranza qualificata del popolo.
Inoltre, nel caso di quorum conteso per pochi voti, è forte il rischio di un ricorso giurisdizionale qualora i promotori del referendum possano dare prova che ad una parte di cittadini non è stata data oggettivamente la possibilità d'esprimersi.
Punto 3. Un ulteriore rischio dell'utilizzo militante dell'astensione, deriva dal fatto che le ragioni del no sono gravemente distorte. A questo proposito, si deve infatti notare che ci sono tre effetti diversi derivanti dal si, dal no, dall'astensione. Il sì modifica la legge, il no la difende irrigidendola, l'astensione lascia il quadro immutato, con la possibilità immediata di un nuovo referendum o di una libera modifica parlamentare della legge. Le vicende del referendum del 12 e 13 giugno dimostrano come le posizioni in campo non siano identiche: in particolare chi avesse voluto votare no, con l'attuale quorum, finiva per favorire il sì. Ma , abbiamo visto, il no non equivale affatto, come effetto giuridico, a quello realizzato dall'astensione. E' violata pertanto l'uguaglianza del voto, e non solo perché chi si astiene volontariamente parte in posizione di vantaggio, grazie al volano dell'astensionismo fisiologico. Ciò che viene veramente compromesso è il valore dell'uguaglianza del voto nel senso che non è garantito alle varie posizioni di esprimere il proprio vero senso, in particolare per quanto riguarda il vero senso del no.
Punto 4. Si deve notare, ancora, che da più parti si lamenta il fatto che il referendum sia uno strumento inidoneo a risolvere complesse questioni giuridiche. La proposta che qui si vuole modestamente avanzare è proprio quella di dare pari dignità alla tre diverse posizioni politiche che sempre si agitano attorno ad una proposta di referendum: abrogazione, difesa della legge, ritorno al Parlamento.
L'attuale articolo 75 non tiene conto delle schede nulle e bianche: l'idea è quella di considerare approvato o respinto il referendum conteggiando le schede bianche: qualora le schede bianche prevalgano, rispettivamente sul si o sul no, l'abrogazione della norma o il rigetto della stessa potrebbero essere sospese per un anno entro il quale il Parlamento può modificare la legge nella parte oggetto di referendum. Scaduto l'anno senza che il Parlamento approvi alcuna modifica, ci sarà l'abrogazione o il rigetto a seconda che, dopo le schede bianche o nulle, avesse prevalso il si od il no.
In altre parole, ci sarebbe la possibilità di presentare agli elettori una soluzione, concreta, di mediazione: l'inerzia successiva del Parlamento, sanzionata se protratta oltre un certo termine, eviterebbe che il cittadino sia indotto di affidare al Parlamento una delega in bianco, irretito da vaghe promesse.
Punto 5. Nell'ottica esposta al punto precedente, le posizioni in campo il 12 e 13 giugno avrebbero dovuto essere: il sì, rappresentato dal comitato dei promotori; il no, rappresentato dal comitato Scienza e Vita ( non a caso una delle motivazioni era anche quella di " dare tempo " alla legge, cioè di evitare modifiche della stessa ); il ritorno al Parlamento, rappresentato dalla proposta di mediazione, ad esempio, di Giuliano Amato.
Non solo: se si desse valore alla scheda bianca - la vera astensione mentre quella praticata il 12 e 13 giugno è stato mero assenteismo - il referendum potrebbe diventare un raffinato strumento di orientamento a disposizione della sovranità popolare. Il ritorno al Parlamento avrebbe potuto aversi, ad esempio, sul tema della libertà di ricerca per la quale una normativa è opportuna, con tutte le cautele del caso, mentre invece su altri quesiti per i quali era molto evidente l'antigiuridicità della legge 40 il si avrebbe potuto raccogliere vasti consensi.
Il dibattito ( ed i timori ) sull'eugenetica hanno catalizzato l'attenzione penalizzando gravemente i diritti della coppia sterile di avere figli ( ad es. limite dei tre embrioni che appare inadeguato almeno per le donne più " anziane" ).
Punto 6. Appare necessario abbassare il quorum, stabilendolo come maggioranza calcolata non sugli aventi diritto ma sulla percentuale di votanti alle ultime elezioni politiche. ( stile statuto della Toscana ). Mi sembra una posizione più equilibrata di quella attuale. Intanto, quando la Costituzione fu approvata, , la maggioranza degli aventi diritto era un limite estremamente basso, tenendo conto il bisogno di partecipazione alla politica del tempo, dopo il fascismo ed a voto femminile appena accordato. Inoltre, se è vero il parallelismo del punto 1 tra numero legale del Parlamento e quorum del referendum, appare giusto correggere il quorum tenuto conto che il referendum non può essere ripetuto, a differenza del numero legale del Parlamento che può essere ricercato infinite volte ( salvo la situazione, del tutto teorica, di una permanente mancanza del numero legale che sarebbe sanzionata con lo scioglimento del Parlamento ).
Inoltre, si potrebbe costituzionalizzare, in coda al 2° comma dell'art. 75, il divieto di sottoporre nuovamente a referendum per 5 anni una legge già sottoposta a referendum, modificata dal sì o difesa dal no. Ad equilibrare l'abbassamento del quorum, si potrebbe alzare la soglia di firme richieste, così come sarebbe opportuno modificare la legge di attuazione del referendum stabilendo che i quesiti siano sottoposti al vaglio di costituzionalità prima della raccolta delle firme.
In conclusione, pari dignità al si, al no, alla scheda bianca: ma il quorum torni ad essere quello che deve essere, la mera ed imparziale misura dell'estensione e della significatività del dibattito nel Paese sulla proposta di referendum, e non un terreno di conquista per i furbi di turno di qualsiasi colore o casacca essi siano.
Sacile 13/06/2005
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