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Il Piccolo 06-04-2002

Tensione sia a Trieste sia a Udine durante la visita del ministro della Giustizia. Udienze sospese per 15 minuti in tutta Italia

Castelli contestato dai magistrati

«Toghe» in assemblea mentre il guardasigilli parla: «Non ci ha voluto ascoltare»

TRIESTE «Siamo aperti al dialogo ma non ci fermeremo. Non ci fermeremo. Non ci fermeremo». Lo ha affermato ieri il ministro della Giustizia, l'ingegner Roberto Castelli, giunto a Trieste per quella che lui stesso ha definito «una vista sul campo». Il «campo» era rappresentato dall'austero e monumentale palazzo di Giustizia che a livello architettonico il ministro ha gradito e apprezzato. La visita è stata brevissima: una quarantina di minuti spesi in gran parte in un'assemblea convocata nell'aula della Corte d'appello. La riunione è stata però disertata dalla stragrande maggioranza dei magistrati che si sono riuniti più tardi in un'aula del Tribunale per manifestare il loro dissenso dalla linea del Governo in materia di Giustizia. Le udienze si sono fermate per protesta per 15 minuti, così come nel resto d'Italia.

La frase del ministro «siamo aperti al dialogo, ma non ci fermeremo», fotografa e interpreta esattamente il significato della sua visita a Trieste e di quella successiva a Udine e al carcere di Tolmezzo. L'apertura al dialogo sottilineata dalle parole del discorso, è apparsa formale fin dalla prima prova sul campo: a un magistrato che aveva preventivamente annunciato e concordato un breve intervento in assemblea sulla formazione professionale, non è stata data nè la parola, nè una spiegazione all'improvviso diniego.

Il ministro al termine del suo discorso si è semplicemente alzato dallo scranno di presidente che aveva occupato. Altrettanto ha fatto il seguito dislocato nell'aula. Riunione sciolta, dialogo negato. Caselli ha percorso il corridoio che lo ha portato all'uscita. Attorno a lui microfoni, obiettivi, telecamere, agenti di scorta, capi degli Uffici giudiziari. Il neopresidente della Corte Paolo Dusi, il procuratore generale Giorgio Brignoli.

«Il Governo non vuole intaccare nè l'indipendenza dei magistrati, nè la loro autonomia, peraltro così ben radicate nella cultura del Paese che nessun provvedimento legislativo può estirparle» aveva annunciato nelle prime battute del discorso il ministro. Ma poco dopo ha ribadito la determinazione della maggioranza a varare un piano di riforme sul quale il «popolo italiano ci ha dato col voto il proprio assenso e la propria fiducia». Dunque va avanti la riforma dell'ordinamento che assegna alla Cassazione assieme al Ministero, il nuovo ruolo di controllore di carriere e incarichi giudiziari direttivi. Il Consiglio superiore della Magistratura, l'organo di autogoverno dei giudici, passa in seconda linea, come ha voluto il Governo con la recente legge.

Al di là della parola «riforma», secondo l'Associazione nazionale magistrati, la maggioranza di cui Castelli fa parte, «sta perseguendo un disegno restauratore di controllo verticistico dei giudici. riservando alla Cassazione il potere di decidere sugli sviluppi di carriera di ogni magistrato e di determinare con largo anticipo i quadri dirigenti di Tribunali e Corti d'appello». La stessa Corte di Cassazione ha però respinto all'unanimità questa impostazione del governo, ma Castelli ieri ha detto «non ci fermeremo».

L'ingegner Castelli ha anche ribadito l'intenzione di dare piena applicazione all'articolo 111 della Costituzione, quello che parla di «giusto processo». «Il processo non solo deve essere equo ma anche ragionevole nei tempi di svolgimento. Questa impostazione è condivisa dalla Corte di Strasburgo che ha ripetutamente condannato il nostro Paese per violazioni dei diritti degli imputati. Il governo e la maggioranza punta a portare l'Italia a livello degli altri Stati dell'Unione europea. Noi non pensiamo che il drammatico debito pubblico giudiziario sia addebitabile all'operato dei magistrati. Bensì a carenze legislative e di organici. Metteremo mano alla riforma della legge fallimentare, al riassetto del processo civile. Assumeremo 500 nuovi operatori amministrativi e attraverso concorsi già conclusi o in via di definizione almeno altri mille magistrati entreranno in organico entro il 2003.

Passeremo da 8500 giudici togati a quasi diecimila. Anche la spesa per la Giustizia è in aumento e si situa a livello di Paesi come la Germania e la Francia. Non verranno chiusi Tribunali come qualcuno sta paventando ma al contrario stiamo cercando nuovi criteri per decentrare le Corti di appello». Nella tarda mattinata il ministro è entrato nel nuovo palazzo di Giustizia di Udine. Anche qui i magistrati non hanno partecipato alla riunione e, come a Trieste, si sono riuniti in assemblea, bloccando per 15 minuti le udienze. Castelli non ha gradito e ha affermato che «in alcune parti della magistratura vi è un certo ritardo democratico. Il governo farà in modo che questa coscienza democratica possa crescere».

Claudio Ernè