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Il Piccolo 29-06-2002

Mentre Dolcher (Ds) e Zorzini (Pdci) protestano

Legge sulle case da gioco: per Gambassini una a Grado, una in Porto Franco o a Duino

TRIESTE - «Ben venga l'apertura di un casinò in Regione». Il giorno dopo l'approvazione in Consiglio regionale della legge che lancia il Friuli Venezia Giulia verso la possibilità di arrivare ad avere case da gioco, il presidente della Lista per Trieste, Gianfranco Gambassini, si dichiara soddisfatto. «Negli altri Paesi europei ce ne sono 650, mentre in Italia solo quattro (Sanremo, Campione, Venezia e Saint Vincent). Siamo circondati e qualcuno, per un male inteso spirito cattolico, continua a dichiararsi contrario», sostiene Gambassini denunciando la fuga di capitale verso i casinò sloveni e croati. «Viviamo in uno Stato biscazziere - sostiene - dove si può scommettere su tutto: dall'ippica al calcio, ma non al casinò».

L'esponente della Lpt confida nell'approvazione della legge da parte del Centrodestra, dopo la bocciatura ricevuta sul precedente documento dall'esecutivo di Centrosinistra, indicando anche i luoghi dove il casinò potrebbe sorgere. «Ci deve essere una distanza di 70 chilometri da quelli esistenti - rileva - quindi la sede estiva non può che ricadere su Grado, giacché Lignano è troppo vicina a Venezia. Il divieto per le città capoluogo potrebbe essere ovviato: Trieste ha due possibilità: il castello di Duino, ma dipende dal proprietario, l'altra direttamente al Portofranco». Per quest'ultima ipotesi contatterà il presidente dell'Autorità portuale, Maurizio Maresca, prospettandogli l'idea. «Essendo una zona extraterritoriale - sostiene - sarebbe superato il divieto per le città capoluogo. L'area ospita numerosi magazzini da poter adibire a casinò, altrimenti la Regione potrebbe pensare anche all'Hotel Europa di Marina di Aurisina, una struttura ferma da troppi anni, che non riesce a trovare un acquirente».

Intanto i consiglieri Bruna Zorzini (Pdci) e Caterina Dolcher (Ds) - contrarie all'istituzione dei casinò, partendo da un punto di vista rispettivamente laico e cattolico - hanno stigmatizzato come sia dannoso sostenere l'abitudine al gioco. «Riteniamo sbagliato favorire una mentalità che alimenta la cultura dell'azzardo nel miraggio del facile guadagno - sostengono - in nome di un'opportunistica contabilità economica, nel vano tentativo di rimpinguare le casse regionali».

Pietro Comelli