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Il Piccolo 09-01-2002

La riapertura delle case chiuse (dalla legge Merlin nel 1958) ipotizzata dal premier Silvio Berlusconi scatena anche in città l'inevitabile dibattito

Riapriamole, sì, no, guai, mai. Ma in strada non va bene

Dalla negazione più totale («Il male resta sempre il male e non lo si può combattere scegliendone uno minore», come affermano le associazioni cattoliche più rigorose in tema di morale), alla disponibilità a trasformare il Friuli-Venezia Giulia, in una «regione laboratorio hard del sesso a pagamento», come vorrebbe il consigliere regionale dei Verdi, Mario Puiatti che già nel '99 tentò di far approvare un provvedimento per l'istituzione dei «parchi dell'amore», ufficializzando, sul territorio regionale, le «zone rosse» riconosciute a tutti gli effetti.

Sull'ipotesi della riapertura delle case chiuse, riaffiorata, come periodicamente avviene nel nostro Paese, spesso affetto da pruriginosità mista a moralismo, dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha parlato di «pulitura delle strade, nelle quali troppo spesso si assiste a spettacoli indecenti», si è scatenato anche a Trieste l'inevitabile dibattito. Da un lato è schierata la Chiesa, assieme ai gruppi di ispirazione cattolica: «La proposta della riapertura delle case chiuse non è nuova - spiega don Silvano Latin, portavoce della Diocesi triestina - perché anche la Regione si è fatta promotrice, in qualche occasione, dell'istituzione delle zone rosse, in affiancamento magari all'apertura di case da gioco. Trasecoliamo davanti a una simile possibilità, perché non possiamo immaginare uno Stato che regolamenti il vizio.

Il suo compito è semmai un altro, completamente diverso, che è quello della gestione e dell' amministrazione del bene pubblico. Certo - prosegue don Latin - se si prende la legge alla lettera, il reato è previsto, regolamentato e definito, ma noi pensiamo piuttosto all'offesa morale a danno della donna, perché è questo il giudizio che conta, non solo la fredda interpretazione delle regole del codice. Lo Stato - prosegue - non deve assecondare i vizi e, nel tentativo di nascondere ciò che avviene oggi sulla strada, trasferendolo dietro le mura di un edificio, non si ottiene certo l'effetto di trasformare in qualcosa di positivo ciò che rimane necessariamente negativo. Crediamo che lo Stato debba intervenire sulla promozione della figura della donna - conclude don Latin, non senza aver ricordato i successi dell'iniziativa 'Dignity', intrapresa dalla Diocesi triestina, allo scopo di recuperare dalla strada le prostitute - e poi finiamola di sollevare fumo solo per nascondere altri problemi».

Parole che cozzano in pieno con il ragionamento che fa invece Carla Corso, esponente del Comitato per la difesa dei diritti delle prostitute: «Abbiamo sempre sostenuto che l'attività della prostituzione dovrebbe essere ufficializzata e riconosciuta, anche perché in questa maniera si sottrarrebbe alla malavita il controllo del fiume di danaro che scorre nelle mani delle prostitute, alle quali rimane però una ben piccola percentuale degli incassi. Sappiamo - afferma - che spesso il ricavato della prostituzione serve ad alimentare iniziative banditesche e mafiose. Se lo Stato intervenisse ufficializzando l'attività delle prostitute, otterrebbe un immediato risultato sotto il profilo fiscale, perché si potrebbero tassare la donne che svolgono quest'attività. Dall'altro - conclude con una volontaria provocazione - finalmente Berlusconi potrebbe dire di aver effettivamente creato quei posti di lavoro che finora non è riuscito a ricavare da nessun'altra parte».

Per una regolamentazione della prostituzione è pure, come si diceva, Puiatti: «La Regione, avvalendosi dei suoi poteri in materia urbanistica - dice - può autorizzare i Comuni a istituire nei piani regolatori nuove tipologie di aree, quelle dell'offerta sessuale. A fronte del più favorevole clima che c'è oggi nel Paese - prosegue il consigliere regionale dei Verdi - intendo ripresentare questa proposta e subito. Quale migliore strumento della collegata alla finanziaria potremmo trovare - si chiede - per risolvere un problema come questo?. La locomotiva è già in corsa - conclude - e ora basta agganciarci i vagoni e voglio offrire il mio contributo, nella certezza che la Casa delle libertà, assecondando la volontà del suo premier, mi seguirà». Certo Puiatti, nel suo intento, si troverà di fronte alla ferma determinazione di Salvatore Porro, consigliere comunale di Alleanza nazionale e da sempre fermo difensore di una certa morale: «Siamo in Europa e dobbiamo adeguarci - asordisce - perciò trovo che la proposta del presidente Berlusconi, che porterebbe l'Italia sullo stesso piano della Germania e dell'Olanda, dove la prostituzione è riconosciuta, sia inevitabile.

Certo sono assolutamente contrario allo spettacolo incivile al quale si è costretti ad assistere ogni sera nelle strade del Borgo Teresiano a Trieste, dove non è possibile transitare senza imbattersi in qualche donna o addirittura uomo con abbigliamento indecoroso e con atteggiamenti di troppo facile interpretazione. Chiedo che venga ripristinato l'accordo fra Comune e Prefettura che prevedeva le multe per coloro che si fermano ai bordi delle strade - dice infine - perché bisogna ripulirle».

Ugo Salvini