Il giusto, l'onesto, il decoro: il caso del prof. Rossi


Il giusto, l'onesto ed il decoro sono (o dovrebbero essere), in ordine d'importanza decrescente, i tre parametri di regolamento della condotta di ciascuno nella società. Il giusto si basa sul diritto; l'onesto sulla morale; il decoro sul costume: la legge, in uno stato di diritto, prevale sulla morale e, con essa, dovrebbe determinare l'abito (il costume) civile. E' intuitivo, allora, il perché dell'ordine d'importanza: è senza dubbio preferibile uno "scostumato" rispettoso del diritto piuttosto che un delinquente "signorile".

Queste partizione (tra giusto,onesto e decoro) è tradizionale nella filosofia del diritto di cui il prof. Guido Rossi - il Salvatore di tutte le baracche - sembra dilettarsi. Purtroppo, in Italia il diritto è calpestato, da Vaticani, Parlamentini, Presuntuosi vari. Con esso è travolto il concetto stesso di giustizia. Giusto non è più solo ciò che è definito tale dalla legge, ma "giusto" è, di volta in volta, ciò che decidono le Morali, le Religioni, i Singoli. Con la conseguenza che non esiste più un "unico giusto", riferimento per tutti. Ma "tanti giusti" e che talora uno tra questi "giusti" s'imponga, per ragioni storiche di forza, su un altro. Non sorprendono affatto, in questi termini, lo scempio perpetrato dalla cosiddetta "Giustizia Sportiva", il silenzio dei cittadini e delle istituzioni, le vendicative dimissioni del prof. Rossi.

La Juventus è stata condannata così: sostenendo che la violazione ripetuta dell'art. 1 (la lealtà, cioè la morale) comporta la "trasformazione" di tale condotta in violazione dell'art.6 (illecito). Incredibile. Allora, la domanda è: perché esistono due articoli? Abroghiamo l'art. 6! No, si risponderà, perché è possibile che un unico atto (non una sommatoria) integri illecito sportivo. Ed è senza dubbio così: se un unico atto (e non una sommatoria di condotte) può comportare illecito ciò implica che esiste una differenza di sostanza tra illecito e slealtà. E ciò dovrebbe implicare che la slealtà resta sempre slealtà, viceversa si chiamerebbe illecito. La lealtà (slealtà) è presidiata dalla morale, il lecito (illecito) dal diritto.

"Essere ed apparire imparziali" - così l'ex-presidente Ciampi si rivolgeva (meglio, si appellava sperando che capissero) ai magistrati: essere ed apparire, ovvero legalità e decoro. Il prof. Rossi, se fosse rimasto commissario della Federcalcio e presidente Telecom, non avrebbe violato alcuna legge né, forse, alcuna morale. Anzi, l'etica del prof. Rossi (che, come tutte le etiche è rivolta a garantire il bene a chi la adotta) forse prevede di massimizzare gli incarichi e le parcelle per il benessere dei pronipoti. Ma è il senso del decoro e del rispetto verso le istituzioni che avrebbe dovuto imporre al prof. Rossi di lasciare la Federcalcio non dopo, ma prima di assumere l'incarico in Telecom. C'è qualcosa che stride molto di più del conflitto d'interessi Telecom - Federcalcio o della cooptazione in Telecom da parte di chi è importante finanziatore di una squadra di serie A. Non si tratta qui d'imporre il senso del decoro (l'imposizione è propria della legge e, nei confini dell'individualità di ciascuno, della morale) ma di porsi alcune precise domande.

Perché al comune cittadino, dipendente pubblico o privato, è, in diritto o da contratto, impedita la coesistenza di due lavori mentre invece ai (non pochi) prof. Rossi è consentito? Perché il comune cittadino, se vuole iniziare un nuovo lavoro, prima si dimette dal vecchio mentre invece i prof. Rossi, commissari pubblici, decidono senza consultare chi li ha incaricati? Secondo me, tutto questo non è decoroso. Ma il prof. Rossi come reagisce? Con la vendetta, trascinando alle dimissioni tutto lo staff, alla malora le "regole" che solo Lui poteva ispirare.

Il giusto è imposto; l'onesto è richiesto. Il decoro scaturisce spontaneo dal "senso" del giusto e dell'onesto. Ma cosa mai può scaturire in Italia se assolutamente nulla è ragione e dialogo ?

TRIESTE 20/09/2006

Fausto Cadelli