Il polo della " cittadinanza fondata sulla legalità"
Sono un radicale, per quanto senza tessera.
Nel momento in cui Radicali Italiani si accinge, forse, a confluire nel nuovo polo laico, socialista , radicale di cui si stanno definendo i contorni, mi sembra d'intravvedere un pericolo: la perdita dell'autentica identità radicale.
Chi siamo, noi radicali? Certo, liberali, liberisti, libertari, laici , socialisti e poi Fortuna, Blair, Zapatero. Aggettivi e nomi importanti, carichi di storia ed emozione: ma non sono forse troppi per definire efficacemente un'identità?
A mio parere, se , sinora, i radicali sono stati irriducibili alla logica dei poli di centro-destra e centro-sinistra è perché essi rappresentano il vero " terzo " polo della politica italiana, quello sgradito a tutti: il polo della " cittadinanza fondata sulla legalità " , il polo della " sovranità diretta ".
La vera essenza del partito radicale è di coniugare i ben noti aggettivi con la " L " in un metodo di azione politica completamente diverso e , non a caso, sempre aspramente contrastato dal " Palazzo ", fino all'apoteosi dell'ipocrisia nell'ultimo referendum sulla PMA, in cui si è voluto paludare sotto la rassicurante bonomia ed equidistanza della parola "astensione" un autentico sabotaggio alla democrazia ed alla sovranità popolare.
Se accettiamo la definizione che i radicali rappresentino " il polo della sovranità diretta " , allora qualsiasi operazione di fusione o federazione dovrebbe tendere a valorizzare questa peculiarità, ben sapendo che l'assioma utilitaristico del do ut des, dello scambio di mercato imporrà anche a noi l'esigenza di cedere per avere.
Secondo me, lo scambio dovrebbe essere: fedeltà elettorale per "sovranità popolare", non tanto " adesione all'Unione " per " ritorno in Parlamento ".
Non disconosco ovviamente l'importanza di poter tornare ad avere una rappresentanza in Parlamento o nei Consigli regionali o comunali: non possiamo più essere un mero movimento d'opinione privo di spazio e risorse.
Ma , ammettendo anche che l'accordo con i socialisti ( e con l'Unione tutta ! ) sia concluso sulla base dei punti programmatici di Fiuggi, pensiamo veramente di poterli realizzare solo perché saremo dentro ad uno schieramento?
Nel concreto, la mia proposta di " scambio " politico è: fedeltà elettorale all'Unione in cambio dell'abolizione del quorum nel referendum abrogativo e dell'obbligo costituzionale di calendarizzazione e votazione in Parlamento delle proposte di legge ad iniziativa popolare. Sono vecchi temi radicali, che a me però sembrano irrinunciabili. Non possiamo sentirci radicali - indipendentemente dal nome del futuro soggetto politico e del suo apparato di nobili aggettivi correlati - se non riusciremo , finalmente, a dare forza e dignità ai cittadini che firmano ai banchetti, che votano al referendum, al popolo che esprime senza mediazione la propria sovranità!
Se pertanto la specificità radicale, da salvaguardare e rafforzare, è il metodo di azione politica, concordo con chi ha detto che il valore più importante è la laicità.
La laicità si oppone, in senso generale, al clericalismo. Ma non si rischia di prendersela solo e soltanto con il Vaticano, ed in questo modo alienarsi di fatto simpatie all'interno dell'Unione stessa? Non c'è forse un altro modo per dire le stesse cose, partendo dalla banale constatazione che clericale è chiunque aderisce fideisticamente e ciecamente ad un'ideologia, e pertanto clericale può essere anche il più sincero nostro compagno radicale?
Scrisse Grozio - filosofo vissuto nell'Olanda del 1600 nel pieno delle guerre di religione: " Anche se Dio non esistesse, cosa che non si può dire senza commettere grave ingiuria, il diritto naturale esisterebbe comunque ". Il principio di sovranità non poteva risiedere nell'investitura divina pena il fatto che la lotta tra gli dei avrebbe disgregato dalle fondamenta la società.
Lo Stato moderno , laico, è tutto qui, in questa ri-nascita del concetto di patto sociale fondato su un diritto convenzionalmente accettabile da tutti ( lo ius gentium dei latini ) , la sovranità fondata sulla mera legalità: Dio, in politica, non serve perché l'uomo è in grado di trovare in se stesso un buon diritto condivisibile da tutti.
Laicità , certo, può definirsi tolleranza reciproca, equilibrio e pari dignità tra tutti i punti di vista, presidio della ragione, oppure " fatti non foste a viver come bruti Š"
Di nuovo, tante possibili definizioni, alcune decisamente senza tempo e meravigliosamente evocative.
Ma in politica, alla fine, si devono trovare soluzioni pratiche e non poetiche: per me, la laicità coincide, innanzitutto , con la legalità. La legge 40 era ed è stridente non tanto per i valori etico-religiosi che incorpora ( liberissimo chi crede di pensare che l'embrione sia qualcuno ) ma sulla palese illegalità delle sue disposizioni ( proprio perché si pretende che l'embrione sia qualcuno si deve ammettere che sia qualcuno tra altri " qualcuno ": da qui l'illegalità dell'obbligatorietà dell'impianto ).
E qui mi fermo, perché i possibili risvolti del rispetto e del ripristino della legalità sono tanti e tali da poter facilmente diventare il collante di un'autentica laicità, priva d'isterismi o d'acredine, ma carica anche solo di una sana dose di buonsenso .
Laicità come argine all'illegalità dei vari clericalismi o feticci che rendono l'aria della politica italiana più che pesante, quasi irrespirabile. E ce ne sono di feticci, in cui si annidano sprechi, privilegi ed illegalità: il Vaticano, la Devolution, il Ma-Qui-Bisogna-Chiamare-Un-Manager-O-Un-Consulente-Esterno...
Grazie dell'attenzione e cordiali saluti
Fausto Cadelli
Udine 08/10/2005
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