PARTECIPARE AL REFERENDUM DEL 12 GIUGNO E VOTARE SI': QUALCHE PERCHE'.
Il referendum ha forza pari alla legge potendo modificarla. Le leggi sono votate dal popolo indirettamente, con il Parlamento eletto dal popolo stesso. Nel referendum, è come se i cittadini diventassero parlamentari sedendo in Parlamento. Aprire la scheda elettorale equivale ad ascoltare Pera o Casini dichiarare: " E' aperta la votazione! ". Le scelte sono tre: sì, no, astensione con la scheda bianca.
Sì, la vera astensione dal voto è la scheda bianca; l'invito del cardinal Ruini si chiama invece assenteismo.
Tutto il mio rispetto va infatti a chi, non si sente di dire si o no e preferisce che siano gli altri a decidere. La soluzione, in questo caso, è recarsi alle urne e votare scheda bianca. In questo modo si concorre così alla formazione del quorum, permettendo agli altri di decidere.
Sono meritevoli di stima i parlamentari che non partecipano ai lavori del Parlamento? Se il Parlamento fosse sempre senza numero legale, questa sarebbe una causa di scioglimento. E' chiaro che il referendum non è un episodio della vita parlamentare, non ci sono possibilità d'appello: sabotare il referendum equivale a sabotare la sovranità popolare.
E' lecito moralmente cercare di vincere sfruttando quel 35% minimo di assenze ormai fisiologico anche alle elezioni politiche? Mi avvalgo di un paragone: nello sport, l'abuso di sostanze lecite deve considerarsi doping.
Per me l'astensionismo, o l'assenteismo, è il doping del no. Mi rivolgo con sincerità a chi vuole assentarsi dalle urne per puro calcolo ed invoca l'etica per l'embrione: non usate l'etica e la coscienza con leggerezza.
A proposito di etica, quale credibilità avrebbe avuto Gesù Cristo se dopo aver detto " ama il prossimo tuo come te stesso " avesse scalciato il lebbroso? Il comportamento di chi aderisce ad un'etica non deve essere contraddittorio ai principi. La legge 40 vuole assicurare all'embrione il principio etico di essere rispettato nella sua identità: quali conseguenze possiamo trarre da questo?
La prima è che l'obbligatorietà dell'impianto non è lecita. Infatti, con l'obbligatorietà dell'impianto, l'identità dell'embrione si impone tramite la negazione dell'identità della donna. In altre parole, l'impianto obbligatorio dell'embrione è contraddittorio rispetto al suo principio, perché l'etica deve riconoscere a tutti i suoi principi: è proprio per il rispetto del principio d'identità dell'embrione che non può essere negata l'identità della donna.
Bisogna votare sì allora per abrogare l'assurdo obbligo dell'obbligatorietà dell'impianto. Cosa fare degli embrioni soprannumerari? Intanto, bisogna votare sì per il congelamento. Ciò per poter garantire agli embrioni stessi che la coppia, dopo un primo tentativo con successo o fallito, possa riprovarci senza costringere la donna ad altri gravosi cicli di terapie che comprendono stimolazioni ormonali, prelievi di ovociti in anestesia generale, sofferenza morale.
Esclusa la fantasia di una possibile adozione degli embrioni soprannumerari ( anche perché prima bisogna consentire l'eterologa) l'embrione si confronta con il suo destino che, senza la volontà o la possibilità dei genitori di dargli una possibilità di diventare persona, è la morte certa. E' possibile interrogarci sulla possibilità di attribuire all'embrione un valore importante, in coerenza al principio etico del rispetto dell'identità dell'embrione?
L'embrione è solo potenzialità di persona o anche altro? Penso che vita e morte sfuggano alla comprensione. Ormai è accettato che la morte sia una convenzione: nel caso di assenza di attività cerebrale per un certo numero di ore la legge consente il prelievo degli organi, anche se il corpo è ancora vivo e potrebbe essere mantenuto in quello stato per un tempo indefinito dalle macchine.
Anche l'embrione è qualcosa di vivo, ma ormai destinato alla morte certa. Sappiamo poi che l'embrione, allo stadio di poche cellule non pensa e non soffre. Che senso ha in sé? Non lo so e non possiamo saperlo. Non rimane che attribuire ad esso il senso, tutto umano, del dono di sé per la ricerca, affinché la sua breve vita abbia un senso ulteriore nella possibilità di alleviare, in futuro, le terribili sofferenze di malattie che affliggono l'umanità.
Risolta così la questione dell'obbligatorietà dell'impianto e della libertà di ricerca, vorrei ricordare che la legge 40 limita alle sole coppie sterili o con problemi di fertilità l'accesso alle tecniche della PMA. Ma queste tecniche consentono di far avere figli sani alle coppie in cui un partner sia affetto da una malattia trasmissibile sessualmente senza così che il partner sano ne abbia a risentirne. Perché negare la PMA a queste persone?
Circa la diagnosi preimpianto, bisogna ricordare che coinvolge un numero limitatissimo di casi. Inoltre, l'esame, a differenza dell'amniocentesi, va a ricercare solo la malattia genetica di cui i genitori sono affetti. Per quale motivo vietarla, costringere all'impianto sapendo che poi consegue il dramma dell'aborto? Non è più lecito, o meno brutto, non trasferire l'embrione piuttosto che abortire un feto?
I cittadini contrari all'eterologa non sono chiamati a dire cosa farebbero loro, ma ad immedesimarsi,ad esempio, nel dramma di una ragazza di 23 anni affetta da leucemia, guarita dalla chemioterapia e rimasta sterile. Chi siamo per arrogarci il diritto di impedire a persone che vivono questi ed altri drammi di poter avere figli? L'amore effettivo dei genitori non è comunque la cosa più importante, anche nella procreazione naturale?
Le implicazioni psicologiche del bambino che ,crescendo, si scopre diverso dai genitori sono le stesse che si pongono nell'adozione di bambini in tenerissima età. Perché poi l'adozione è totalmente libera nella coppia che ha procreato naturalmente, mentre invece deve essere un obbligo e l'unica possibilità della coppia sterile? Se l'adozione diventa un obbligo non rischia poi di tradursi in un insuccesso che danneggia proprio il minore?
Infine, se le leggi regolano diritti e doveri si deve concludere che, vista la legge 40, la procreazione sia un diritto? Se fosse così, ciò significa che nella coppia qualcuno dovrebbe vantare un diritto verso l'altro. Ma ciò è vero solo nelle culture talebane in cui la donna sia il complemento oggetto di un uomo. No, la procreazione è il frutto di due libertà che s'incontrano e che non possono essere soggette alla legge.
La libertà di procreare è da tenere distinta dall'oggetto di questa libertà, ossia dall'embrione, che può avere tutela giuridica solo nelle modalità da seguire per la ricerca. E proprio in quanto libertà, la libertà di procreare non può mai essere compressa dall'obbligatorietà dell'impianto che non ha fondamento etico e non può pertanto essere oggetto di diritto, tanto più che l'embrione non ha capacità giuridica che si acquista solo con la nascita.
La vita umana inizia quando la coppia decide di avere rapporti sessuali non protetti: il concepimento viene dopo la volontà. Se non fosse così, se la vita fosse solo opera di Dio, allora potremmo crearla in laboratorio. Ma la legge 40, con l'obbligatorietà dell'impianto, ha voluto, negando la dignità della volontà, soggiogare la coppia al dovere di provare il dolore dell'aborto, simbolo tragico della ribellione a Dio.
Insomma, la legge 40 è una legge senza diritto - disancorata com'è da una vera etica - è una legge senza umanità - perché mortifica la donna, i malati, l'amore della coppia, è una legge senza fede - perché costringe alla ribellione a Dio, è una legge senza scienza - perché con soli tre embrioni sono pochissime le possibilità di gravidanza per le donne più anziane, aumentati i rischi di pericolosissimi parti trigemellari per le più giovani ( handicap gravi ed aborti ).
Votiamo 4 sì, grazie.
Fausto Cadelli
Sacile 22/05/2005
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