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Il Piccolo 03-05-2002

«Non possiamo prescindere dal Corridoio 5 e dallo sviluppo delle infrastrutture viarie. Nesis, l'idea era buona peccato averla limitata a Fi»

Valduga: «Regione soffocata dalla burocrazia»

«La giunta Tondo ha difficoltà a operare: il decentramento dei poteri agli enti locali è una scelta obbligata»

UDINE - C'è silenzio nel primo pomeriggio a Palazzo Torriani. Ampie sale senza un sospiro. Strano pensare che i rumori della protesta le abbiano invase solo due settimane prima. Perché il corteo dello sciopero generale del 16 aprile era partito proprio da lì: gli slogan della piazza erano rimbalzati sulla facciata del palazzo, sede dell'Assindustria di Udine. Un simbolo forte, evidentemente: «La nostra associazione ha sempre svolto un ruolo centrale nella politica industriale regionale - esordisce il presidente, Adalberto Valduga - e la credibilità di oggi dipende dal grande lavoro di chi mi ha preceduto: Cogolo, Pittini, Melzi». Valduga usa spesso, nel corso dell'intervista, la parola «efficienza». «Deve essere un obiettivo per tutti - dice -: della politica e dell'economia. L'impasse delle ultime settimane frena la corsa proprio verso un sistema più efficiente, più agile, più competitivo».

Presidente, quel 16 aprile non sembra aver cambiato molto...

In quell'occasione dissi: «Finalmente siamo arrivati allo sciopero». Mi sembrava l'unico modo per sbloccare la situazione. Speravo che sarebbe poi seguita un'accelerazione verso la soluzione rapida dell'impasse e che dunque riprendesse il dialogo con il sindacato. Ma le cose non hanno preso questa piega.

Perché?

Perché non si è messo da parte l'articolo 18. Sarebbe più opportuno discutere prima di altri problemi più rilevanti, anzi determinanti per garantire all'impresa una competitività che viene sempre meno.

In una classifica delle cose da fare, quale metterebbe al primo posto?

I problemi della competitività sono legati alle riforme strutturali, che riguardano tutto il Paese. Il governo è chiamato a fare riforme che contano di fronte a un'amministrazione pubblica insufficiente e costosa, a un sistema pensionistico su cui non si potrà rinviare l'intervento all'infinito, a una spesa sanitaria che in alcune regioni come la nostra assorbe oltre la metà del bilancio. Anche perché continuano a esserci palesi incongruenze: non si capisce perché chi ha un reddito alto non debba pagare le medicine. È un sistema che vuole tutelare tutti e invece non si prende cura di chi ne ha davvero bisogno. Ma bisognerà anche liberalizzare in fretta il mercato dell'energia elettrica e del metano e procedere a privatizzazioni che avanzano troppo lentamente.

Procede a vista anche la Regione?

I mezzi sono quelli che sono, considerata la spesa sanitaria e i costi di gestione della struttura. Si deve quindi puntare a snellire l'apparato e a renderlo efficiente. A quel punto la Regione potrebbe limitarsi a dare gli indirizzi, delegando l'operatività alle amministrazioni locali, a loro volta da riorganizzare, anche attraverso accorpamenti di funzioni e servizi.

Federalismo...

Appunto. Ma è inutile spingere verso il decentramento dei poteri finché ci ritroviamo con strutture che non funzionano neanche in periferia.

L'economia regionale è vivace, ma fragile. Come consolidarla?

Tocca alla Regione, attraverso i suoi strumenti operativi - Friulia, Mediocredito, Frie, Finest - favorire le condizioni di ampliamento per imprese sottodimensionate, che non riescono a fare la ricerca e l'innovazione richieste dal mercato globale. Potrebbe bastare un centinaio di aziende di medie dimensioni: diventerebbero in fretta i punti di riferimento per una miriade di piccole ditte.

Come valuta la giunta Tondo?

Ha difficoltà a operare, essendo entrata quasi subito in campagna elettorale. Ma io apprezzo il presidente. Tondo ha un'estrazione imprenditoriale, è persona pragmatica nelle scelte. Per quello che gli consentono gli ostacoli della burocrazia e della politica, si sta comportando bene.

Ha citato Mediocredito. Si va verso la privatizzazione...

Anche l'Assindustria di Udine ha fatto una proposta per entrare nella quota che il Tesoro intende dismettere. Mediocredito è proprio uno degli strumenti che possono favorire la trasformazione dell'impresa regionale da familiare a manageriale. Ma poi conterà anche insistere sulla formazione professionale e dotarsi di infrastrutture più adeguate.

Nessuna novità. Il Corridoio 5 è un passaggio non rinviabile.

Il discorso è più ampio. Va anche trovato il modo di collegare le infrastrutture esistenti a questo Corridoio. Penso all'integrazione di reti viarie, ferroviarie, alle telecomunicazioni. Buoni collegamenti favoriscono l'ingresso di imprese che operano in settori innovativi, poco presenti in regione. Un esempio è stato fornito dalla recente inaugurazione di uno stabilimento dell'industria farmaceutica Bracco a Torviscosa. Può essere lo stimolo per altre iniziative.

Al ministro alle Attività produttive Marzano lei ha chiesto anche l'approvazione di una nuova legge per le aree di confine...

E sono soddisfatto della disponibilità manifestata dal ministro e dal sottosegretario Antonione. Questa legge è una prospettiva vitale in vista dell'allargamento verso Est. Attraverso il Friuli Venezia Giulia, l'Italia si presenta alla nuova Europa. Queste misure non sono dunque relative solo al Nordest, ma servono a tutto il Paese per mostrare una patente di competitività. La centralità della regione, in ogni caso, si giocherà sulle sue capacità di cogliere le opportunità di collaborazione con l'Europa dell'Est. Con gli scambi, si devono intensificare la delocalizzazione delle fasi produttive a più basso valore aggiunto e precise strategie di penetrazione commerciale.

La delocalizzazione può creare problemi per l'occupazione?

No. Basta delocalizzare con criterio, cioè decentrando attività non più sostenibili da noi e mantenendo i centri decisionali in regione.

Sulla nuova legge sulle aree di confine avete già predisposto una prima bozza di proposte, assieme alla Federazione di Trieste e a quella del Veneto. Collaborare prima di tutto?

Il terreno è omogeneo, i problemi sono uguali. Non c'è motivo per non farlo. Però Nesis pare evaporata. Pensa anche lei che non avrebbe dovuto essere un'alleanza troppo legata a un solo partito, Forza Italia?

L'idea di mettere attorno al tavolo non solo gli industriali, ma anche la finanza e la libera professione di due regione vicine, mi è sembrata positiva. Ma sono d'accordo sul fatto che andrebbe allargata anche ad altre appartenenze politiche.

Marco Ballico