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Il Piccolo 13-05-2002

Dietro la proposta trasversale di creazione della nuova provincia dell'Alto Friuli emerge uno scenario che coinvolge tutto il Fvg

Parte dalla Carnia la rivoluzione delle autonomie

Il progetto è in Commissione. Zoppolato (Lega): «Presto indiremo un referendum»

TRIESTE - Quale assetto istituzionale è opportuno ripensare per le zone montane? È in pieno svolgimento in Regione, in sede di Commissione consiliare, il dibattito sulla proposta di creare una nuova provincia, quella dell'Alto Friuli, staccando il relativo territorio (coincidente con la circoscrizione del Tribunale di Tolmezzo) dalla megaprovincia di Udine. Ma a mettere mano alle realtà istituzionali ecco scattare, inevitabilmente, le istanze per una riorganizzazione dell'intero sistema delle autonomie.

«Creare una provincia della Carnia che abbia gli stessi poteri di quelle esistenti - osserva per esempio il diessino Nevio Alzetta - non avrebbe alcun senso. Ma quando le si conferissero competenze nuove, anche le altre ne chiederebbero di specifiche. Per cui sarebbe giusto decidere addirittura i contenuti della più ampia riforma delle autonomie, anziché procedere, come fa la giunta, con provvedimenti frammentari e slegati».

Non c'è solo il problema, avvertito campanilisticamente, di un sensibile ridimensionamento della provincia di Udine, ma anche quello - appunto - di un ripensamento dell'intero sistema delle autonomie locali. Le audizioni cui ha finora dato corso la competente Commissione consiliare sulla creazione della nuova provincia montana hanno fatto emergere, così, forti, perplessità. Sia dai rappresentanti dell'Assemblea delle autonomie locali (in testa Sergio Cecotti, sindaco di Udine) sia da quelli dell'Anci e dell'Upi sono state espresse palesi contrarietà.

«Così si complicano le cose invece di semplificarle», ha per esempio contestato Marzio Strassoldo, presidente della Provincia di Udine, che si è reso interprete dello stato di insicurezza degli enti esistenti a fronte di una riforma delle autonomie, come quella recentemente varata dal Consiglio regionale, che resta di fatto una scatola tutta da riempire. «Allora - secondo Strassoldo - si metta mano all'intero quadro territoriale, non solo alla provincia di Udine; allora anche Monfalcone, che guarda a Trieste, e Cervignano, che guarda a Gorizia, sono altrettanto libere di ripensare alle proprie collocazioni...».

Il discorso porta dunque lontano, ma intanto la discussione verte propriamente sulla creazione della provincia dell'Alto Friuli, sorretta dalla presa di posizione di una trentina di amministrazioni locali. La proposta per l'aula si articola in quattro iniziative, firmate rispettivamente dai Ds, dal Cpr, dalla Lega e dalla Margherita. Le prime tre non presentano sostanziali differenze, salvo che quella leghista - sottoscritta da Viviana Londero - ricalca più specificamente la conclusioni del Comitato promotore degli amministratori locali; e la quarta, prodotta dalla Margherita, detta più generali criteri per l'istituzione di nuove province. Dal canto suo la giunta ha contestualmente presentato, con l'assessore Luca Ciriani, un disegno di legge istitutivo dei comprensori montani che subentreranno alle già soppresse comunità montane.

Quella che si vorrebbe creare non sarebbe propriamente una quinta provincia, da aggiungere alle esistenti quattro «statuali», ma una sorta di provincia «regionale», alla quale la Regione stessa trasferirebbe una serie di compiti e funzioni precipue (dall'agricoltura alla forestazione, dalla difesa del suolo alla gestione delle risorse idriche, eccetera). Ne farebbero parte tutti i comuni della Carnia e del Tarvisiano, nonché Amaro, Buia, Osoppo e Venzone.

«Ma le Comunità montane sono state soppresse - protesta Franco Brussa, della Margherita - prima che maturassero le soluzioni alternative: le loro competenze dovrebbero passare alla nuova Provincia, ma intanto la giunta dà vita, quali enti intermedi, ai comprensori. Quando si istituirà la provincia carnica bisognerà rifare tutto daccapo?». Il leghista Beppino Zoppolato, che presiede la competente Commissione, non ha dubbi: «Vogliamo un lavoro serio, stabilendo quale ente intermedio debba occuparsi dei problemi della montagna. Domani decideremo se procedere coi lavori direttamente in commissione o se attivare dei comitati ristretti. Non ci vorrà meno di un anno e mezzo perché la nuova provincia diventi realtà, ma entro la fine dell'attuale legislatura regionale dovremo almeno indire il prescritto referendum popolare. E intanto bisogna evitare che, nel passaggio fra comunità e comprensori, tutto si blocchi».

Giorgio Pison