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Il Piccolo 28-01-2002

Ammonimento del presidente dei piccoli industriali di Pordenone: «Stessi errori commessi con la scala mobile»

«Sull'art. 18 il sindacato sta sbagliando»

Bomben paladino della meritocrazia: «Il posto di lavoro si difende così»

PORDENONE «Sulla difesa a oltranza dell'articolo 18 il sindacato sta commettendo un grave errore, a scapito dello sviluppo economico, della competitività delle imprese e della conservazione dello stesso posto di lavoro». Dopo lo sciopero generale che ha coinvolto tutto il Friuli Venezia Giulia, Gustavo Bomben, presidente di Associazione piccola industria di Pordenone, non ha dubbi e invita il sindacato ad abbandonare la posizione di muro contro muro «che porterebbe soltanto alla caduta inevitabile di un privilegio superato dai fatti, come fu a suo tempo per la scala mobile e per la mobilità interna agli ambienti di lavoro».

«Il sindacato - puntualizza Bomben - dimostra di preferire una forma arcaica, da economia pianificata collettivista e rifiuta di accogliere la formula capitalistica occidentale che finora è l'unica ad avere prodotto risultati utili per la vita sociale ed economica degli Stati che la applicano. Bisogna uscire dall'equivoco ed entrare in una nuova logica culturale». Il presidente di Apindustria spiega quindi il suo concetto di salto culturale e lo collega al modo di considerare il posto di lavoro e lo stipendio: «Il posto fisso e l'impossibilità di licenziare non possono costituire il modello di vita e di produzione dinamico, perché portano alla considerazione deleteria che lo stipendio deve essere garantito per legge, anziché per merito».

Quindi si richiama all'assemblea provinciale della sua associazione, nel novembre 2001, nella quale era stato sollevato con clamore il principio dell'abolizione dei «privilegi» sia nel posto di lavoro privato che in quello pubblico. Uno degli elementi emersi allora, che trovarono d'accordo imprenditori e amministratori pubblici, fu quello della necessità di attribuire merito «soltanto a chi lavora con capacità e con partecipazione alle esigenze delle imprese che producono beni materiali o servizi». «A questo punto - puntualizza Bomben - mi si potrebbe obiettare che non bisogna cadere nell'eccesso opposto, cioè l'abuso di un sistema che prevede il licenziamento. Ho sempre affermato che non possiamo rinunciare all'autocontrollo e al controllo nell'applicazione di nuovi sistemi di mobilità nel lavoro. Ma sono convinto che dobbiamo essere decisi nel rifiuto a tutelare il sopruso. La tutela va data al merito e al lavoratore che operi in concorso con l'azienda».

Per tutti questi motivi, «la battaglia per l'articolo 18, per le imprese, è una battaglia per il cambio della nostra civiltà. Nel prenderne atto, le parti sociali, il mondo della politica e il Capo dello Stato, che si sta adoperando in un'opera di avvicinamento bilaterale, non possono attardarsi in polemiche infinite». Bomben esprime infatti il parere che la situazione si traduca in un danno per tutti, perché «tentare mediazioni, solo per il fatto che l'argomento è scabroso, significa scegliere pericolosamente la politica delle mezze misure che non ha mai risolto i problemi».